False flag. La guerra del terrore, il terrore della guerra

Cosa potrebbe innescare l'attentato nella sala da ballo alla periferia di Mosca con 133 morti e 150 feriti?Tutti accusano tutti. Le ipotesi sul campo e le false flag. Le implicazioni politiche aumentano gli allarmi per possibili reazioni e decisioni pericolose. L'unica bandiera che non sventola è quella della pace

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Mosca piomba nel terrore e torna a vivere l’incubo del terrorismo, riportando alla memoria la lunga scia di attentati che, a partire dalla fine degli anni ’90, hanno sconvolto la Federazione russa. L’altra sera un gruppo di miliziani sembra dell’Isis-K, armati di Kalashnikov e in tenuta mimetica, ha fatto irruzione in una sala da concerti nel nord-ovest della capitale aprendo il fuoco senza pietà sugli spettatori: almeno 133 morti e 150 feriti i numeri provvisori. Lo scorso 7 marzo l’ambasciata americana a Mosca aveva messo in guardia i propri cittadini per possibili attentati terroristici nelle 48 ore successive, specie ad eventi affollati. Singolare.

Ma l’ondata di terrore che si è sparsa subito per le strade della capitale russa dove rimbalzavano come in tutto il mondo le immagini i video di quel massacro orribilmente replicato in mondovisione, non è rimasta isolata.

L’attentato nella Sala Concerti alla periferia di Mosca (Foto: © ANSA/AFP)

Seppur non a diretto rischio attentato gran parte dei cittadini europei ed americani in primis ha avuto la schiena percorsa da un lungo e potente brivido e la mente solcata da un dubbio. Potrebbe un attentato così efferato e sanguinoso, in un momento bellico così delicato, provocare reazioni importanti e portare a decisioni pericolose per la guerra in corso? La tensione è altissima. Al punto che questa mattina la Polonia ha denunciato che uno dei missili da crociera lanciati dalla Russia durante l’attacco notturno contro l’Ucraina ha violato brevemente il suo spazio aereo. «L’oggetto è entrato nello spazio polacco vicino alla città di Oserdow e vi è rimasto per 39 secondi», hanno riferito le forze armate di Varsavia sulla piattaforma social X (ex Twitter).

Dal Bataclan a Sarajevo

La copertina della Domenica del Corriere che racconta l’attentato di Sarajevo

Anche io seppur ipnotizzato come fu la volta del Bataclan da quell’orrore in diretta da quella freddezza e disumanità ho sfiorato subito il pensiero che un atto così efferato potesse provocare reazioni violente e distruttive in particolare riguardo la guerra in corso.

Diciamoci la verità ogni atto terroristico provoca reazioni forti in particolare nell’immediatezza. Vedere propri connazionali trucidati come bestie scuote le coscienze di ognuno. Ancor più della guerra dove la violenza seppur sbagliata è implicita. Ma delle volte è il momento in cui quell’atto terroristico viene compiuto che ne denota la valenza politica. E la portata. Ed anche certamente chi né è mandante oltre che esecutore.

Non credo di essere l’unico che mentalmente ha ripercorso i passi fino all’attentato di Sarajevo che diede vita alla seconda guerra mondiale. Il 27 giugno 1914, la miccia del conflitto si accende nella attuale capitale serba che all’epoca era parte del impero austro ungarico, dove lo studente serbo Gavrilo Princip attenta alla vita dell’arciduca Ferdinando, erede al trono d’Austria e della moglie che muoiono all’istante. Bastò un solo uomo col suo gesto a dare vita alla prima guerra mondiale. Tanto potere in uno? No ma il momento storico in cui avvenne e la portata del gesto innescarono reazioni a catena dalle conseguenze allora inimmaginabili.

Quale sarà la portata

Ed è questo lo scenario che aleggia. Quale sarà la portata di questo attentato, di che proporzione la reazione? Di certo la stessa paura devono averla avuta gli Stati Uniti e l’Ucraina che si sono affrettati a disconoscere qualsiasi ruolo nella vicenda. Le ombre sulla Cia. Poi la rivendicazione dell’Isis-k. Che non convince, almeno i russi. E poco conta per loro la diffusione del video con gli attentatori. Poi le ipotesi modello complotto che sia stato un attentato organizzato dai russi stessi. Insomma la più completa ridda di ipotesi possibili, tutte verosimili o fantasiose ma pronunciabili.

Le analizzeremo ma il punto centrale è questo. Chiunque abbia commissionato questo attentato è il vero guerrafondaio in un momento così delicato dove a conflitto già in corso si susseguono le più disparate ipotesi che vanno dall’intervento nato in campo fino all’utilizzo della bomba atomica. Atti come questi rischiano di diventare deflagranti fino ai massimi livelli. E non ce n’è davvero bisogno.

Le ipotesi in campo

I fiori davanti all’ambasciata russa a Coopenhagen (Foto © Ansa)

Io credo poco all’autoattentato russo. Seppur bisogna ipotizzare tutto avrebbe avuto molto più senso prima delle elezioni appena tenute per creare vittimismo e ricorrere all’orgoglio nazionale. Ad elezioni stravinte non avrebbe alcun senso se non quello di creare le condizioni per una guerra molto più distruttiva di quella che viviamo già adesso con utilizzo di armi ancora più pesanti.

La Cia cioè gli americani si sospettano sempre. Maestri delle operazioni false flag. Hanno avuto intensi rapporti con  l’Isis foraggiandola quando serviva e mollandola al bisogno. Non è un caso che Donald Trump in un comizio delle ore scorse abbia detto senza mezzi termini “il creratore dell’isis è Obama”. Ovviamente opinione sua. Ma sferzante. A proposito cosa è un’ operazione false flag: Un’operazione sotto falsa bandiera  è una qualsiasi operazione commessa con l’intento di mascherare l’effettiva fonte di responsabilità e incolparne un’altra. Consiste in una tattica segreta perseguita con operazioni militari, attività di intelligence e/o spionaggio, condotte in genere da governi, servizi segreti, progettata per apparire come perseguita da altri enti e organizzazioni.

Il termine ha anche acquisito il significato di un’operazione eseguita da un Paese contro sé stesso per farne ricadere la responsabilità su Paesi nemici od organizzazioni terroristiche, fornendo così un pretesto per una repressione interna o un’aggressione militare verso uno stato estero.

Il sospetto Ucraino

Volodymyr Zelensky (Foto © President of Ukraine P.O.)

Resta poi il sospetto più accreditato presso i russi cioè l’Ucraina. Non depone bene che alcuni di questi attentatori abbiano combattuto per le truppe ucraine recentemente. Ancora peggio depone che i quattro catturati da Mosca ed indicati come esecutori dell’attentato fossero diretti verso l’Ucraina stessa il che viene ritenuto di per se indicativo. Ma nel mondo delle operazioni false flag anche questa potrebbe essere una azione indirizzata per orientare i sospetti.

Dunque nel complicato mondo dello spionaggio non credo sapremo mai la verità quella vera ognuno produrrà una sua ipotesi. Ma il fatto che la Russia propenda per la responsabilità verso gli attuali nemici sul campo è la cosa peggiore che potesse succedere. Anche per noi.

Assistiamo poi ad una novità assoluta. Dal momento in cui sono stati catturati i presunti attentatori si sono moltiplicati diversi video di interrogatori estemporanei in cui a vario titolo ammettono responsabilità. Novità assoluta dai tempi in cui nella guerra fredda venivano chiusi in buie stanze di interrogatorio e risputati fuori solo quando avevano vuotato il sacco e tutto veniva rigidamente secretato. Inedita dunque questa nuova forma di interrogatorio pubblico. Forse anche efficace. Certo ha un senso preciso indirizzare in un luogo preciso i sospetti suffragandolo dalle dichiarazioni degli stessi attentatori. Un mix potentissimo e se gli Usa sono maestri di comunicazione di certo i russi non difettano di propaganda e furbizia.

Poi i soggetti sembrano perfetti: sguardi poco intelligenti, occhi spenti, emaciati al punto giusto dalle ferite, sembrano tutti cugini scemi di Chabib Nurmagomedov. Perdoni la citazione chi non è appassionato di Mma, gli altri capiranno subito. Ma a parte questo dopo una bella dose di botte e circondati da un buon numero di corpulenti Spetznatz, le forze speciali russe, non proprio conosciuti per la loro gentilezza viene molto facile parlare. Sulla affidabilità però è un altro conto.

La valenza

Foto: Gage Skidmore / Surprise

Ma per tornare a bomba è il quadro in cui questo attentato si inserisce che ne determinerà la valenza. Il fronte ucraino intendo quello politico, non militare, è stato molto nervoso in settimana. A parte Zelensky che ha subito attaccato Putin dopo l’attentato dicendo che pensa solo a dare la colpa a loro. Poco saggio direi né cortese. Ma la settimana si era vissuta già con un forte fastidio degli Usa sugli attentati alle raffineria russe da parte Ucraina. Gli Usa temevano ritorsioni sui loro oleodotti da parte sovietica ed non hanno mandato a dirle agli ucraini che hanno però risposto piccati.

Stessa cosa sul fronte europeo che ha subito la rampogna del leader ucraino. A corto di munizioni ha testualmente detto che è imbarazzante che l’Europa faccia così poco. Con una spocchia così accentuata che pensavo alla fine urlasse verso il Vecchio Continente una frase tipo “a poveri!”. Perché il senso era quello. La vittoria elettorale di forti proporzioni di Putin poi è stato un detonatore di tutti questi problemi stratificati ma questo attentato lo è molto di più. Molto di più.

Quindi speriamo che qualcuno consigli la calma perché tra Macron seguito dai tedeschi e polacchi sulle sue fughe in avanti su un coinvolgimento bellico diretto della nato e Zelensky che oramai bacchetta tutti a destra e manca la situazione non è buona. O perlomeno non andrei proprio così a provocare la nazione con più testate nucleari nel proprio armamento  per farle perdere la pazienza, è diciamolo da irresponsabili. Al di la di chi ha ragione o torto sulle cause della guerra ucraina.

Nessuno sventola la bandiera della pace

Kiev (Foto: Ukraine President P.O.)

Quindi tra tutte queste false flag, false bandiere e operazioni simili e tutti i bandierinati che scorrazzano sui social chi con la bandierina russa chi con quella ucraina il dato vero è che nessuno sventola la bandiera bianca non di resa ma quella della pace. Nessuno alza il vessillo della pace. Zelensky non ne parla mai chiede solo armi e soldi, soldi e armi. Putin lo segue a ruota e Biden rincara.

Ma fino a che qualcuno non avrà il coraggio di issare la bandiera della pace il conflitto continuerà a turbarci i sonni perché seppure lo viviamo così lontano potrebbe metterci pochissimo ad arrivarci dentro casa. Allora li vorrei vedere tutti gli interventisti della domenica ed i guerrafondai da tastiera zaino in spalla ad andare a combattere veramente una guerra non più immaginaria ma reale.

Una sola bandiera va sventolata. Quella della pace. Oggi più che mai. Perché questa guerra vissuta attraverso atti di terrore come quello di Mosca ci ha lasciato dentro più forte e reale del solito il terrore della guerra.