(Forza) Italia unita dal ponte e Salvini che divide gli azzurri, per logorarli

L'opera fiore all'occhiello del Capitano costerà anche per Sicilia e Calabria ma i due governatori forzisti non ci stanno. E ci vedono del losco

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“See camel pay coin”. Cioè, più o meno come è giunta a noi: “Per cavalcare cammella cacciare piastre”. Questa frase divenne celebre durante il primo Ventennio, quando nel deserto arrivarono decide di troupe cinematografiche nostrane mordi e fuggi che volevano immortalare i gibbuti animali coi nativi in arcione. Lo scopo era confezionare quei grevi documentari-spot con cui si presentava Roma come addomesticatrice benevola di popoli esotici ed epicentro di civiltà in punta di baionetta per gli stessi. Solo che le troupe prima filmavano e il giorno dopo scomparivano senza scucire uno sgheo, perciò i beduini impararono la lezione e sciorinarono quella frase prima anche solo di far apparire una gobba.

Ora, dire che oggi Matteo Salvini sta facendo con i governi di Sicilia e Calabria un po’ come i beduini magari è una forzatura, specie (sua) estetica, a contare il personaggio. Ma non siamo molto lontani. Il claim infatti è “Per vedere ponte, cacciare euro”. Il ponte è quello sullo Stretto e il “pagare” è riferito alle quote monstre che le due regioni dove il ponte fa giuntura dovranno sborsare. Sono somme venute fuori un po’ a sorpresa nel già congruo bilancio per l’opera che dovrà rilanciare Paese e Capitano (non necessariamente in quest’ordine).

Dieci anni da Segretario e un po’ li dimostra

Matteo Salvini (Foto: via Imagoeconomica)

Un Capitano che in questi giorni compie 10 anni alla segreteria della Lega tra alti, bassi e Papete. Soprattutto sono somme che hanno fatto prendere bancali di antiacido ai presidenti delle due Regioni chiamate a dare oro alla Patria. Cioè Renato Schifani e Roberto Occhiuto, che non sono solo governatori che dovranno scucire, ma anche esponenti di Forza Italia che dovrebbero abbozzare. E che invece e comprensibilmente lo stanno facendo malissimo. E siccome in politica i numeri non sono solo cifra di un quanto ma sintomo di un come, il dato è che Salvini sta usando il Ponte come la pietra pomice sui jeans.

Cioè per logorare un Partito alleato ed avversario al contempo. Partito con il cui Segretario il nostro è talmente in fredda che lui ed Antonio Tajani neanche si sono rivolti parola all’ultimo Cdm. La “colpa” pare siano state le dichiarazioni del forzista a difesa di Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue e cecchinata dal leader leghista che ultimamente con una certa Europa ce l’ha più che con gli scafisti.

I “pontieri” locali: Ciacciarelli ed Abbruzzese

Il rapporto della Lega con le campate è più forte di quello con il campare nella palude della politica italiana. In Regione Lazio ed in Provincia di Frosinone opera per il Carroccio Pasquale Ciacciarelli, assessore alla Pisana ad Urbanistica, Politiche abitative, Case popolari e Politiche del Mare. Uno che “di ponti” se ne intende al punto tale che a febbraio aveva bacchettato l’allora avversaria d’urna, la dem Sara Battisti, per quello della sua San Giorgio al Liri.

Un ponte a suo parere rimasto disastrato per anni e poi ristrutturato a suo dire grazie al suo impegno e non all’intervento-spot dell’esponente del Pd che lui aveva tacciato di una mezza usurpazione di merito. Il suo stesso mentore, Mario Abbruzzese che per il Carroccio correrà alle Europee, è un “pontiere” storico, un uomo che congiunge sponde ma che ultimamente non ama comparire in cartellonistica locale, come per il voto amministrativo venturo a Cassino. Entrambi sono ex forzisti.

I dati empirici con cui contraffortare questo scenario non mancano, tutti inchiavardati dalle Europee del 2024. Nei sondaggi la Lega non sale più e Forza Italia bascula quel tanto da poter raggiungere il Carroccio. La visione dei due leader poi è divergente su moltissimi temi chiave del Governo Meloni, perciò Salvini ha deciso di “urticare” un po’ il clima con una cosa che – va precisato – comunque sta benissimo anche da sola nel recinto dei soli costi d’opera. Cioè “addossare una parte dei costi a Sicilia e Calabria per la costruzione del Ponte, più di quanto concordato nelle scorse settimane“, come spiega in queste ore Il Foglio.

Il “piccolo contributo normale”, ma non troppo

Renato Schifani (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

E lo spiegone salviniano ha il tono delle cose ovvie anche a contare che se fossero state così ovvie magari sarebbero spuntate prima. “Un piccolo contributo richiesto a Sicilia e Calabria mi sembra banale, unirà Palermo al resto del mondo. Che ci mettano una piccola fiches è normale”.

Non la pensa affatto così Renato Schifani. “I fondi sono stati prelevati d’autorità dal governo nazionale per un importo addirittura maggiore di 300 milioni di euro”. E ancora, da uomo oggi a capo dell’Ars ma ieri l’altro ai vertici di Palazzo Madama: “Il tema è delicato perché costituisce un precedente. Occorre sempre una concertazione tra i vari livelli dello Stato, come prevede la Costituzione. Quindi mi auguro che questo fatto non si ripeta perché si aprirebbe un conflitto istituzionale che nessuno vuole”.

Sempre il quotidiano diretto da Claudio Cerasa spiega che non è solo un duellare politico quello tra i due. Alla base c’è il dato che per Schifani è stato croce fin dal suo insediamento a Palazzo d’Orléans. Ed è quello per cui la Regione Sicilia ha i conti più in rosso dell’India del dopo Mountbatten e che spalmare 300 milioni addosso ad un buco da un miliardo e passa è roba da sonno tolto. Schifani minaccia di sfilarsi e c’è un grosso brandello di Forza Italia sotto scacco. Dall’altro capo del ponte c’è un altro azzurro a 24 carati, quel Roberto Occhiuto cioè che Salvini ha voluto tirare dalla sua spiegando che “è d’accordo con me”.

Cosa unisce il Veneto a Calabria e Sicilia

Antonio Tajani (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

Senza contare che dove c’è un altro ponte, quello di Bassano, cioè in Veneto, ci sono altri guai tra i due partiti. Quello stesso Veneto di Luca Zaia che o lo ricandidi a governatore con la deroga dal secondo mandato oppure Salvini se lo ritrova aspirante jolly per Bruxelles, roba che lo manda in estasi solo a metà perché Zaia è bravo e governista.

A fare la somma il gioco di Salvini sarebbe quello di colpire Tajani usando Schifani. Tajani che tace ed incassa, per ora. E che ha capito che gettare ponti per un ponte solo al momento non è un’opzione praticabile.

Non prima del giugno 2024, quando più che di ponti si parlerà di conti. Da regolare.