Leodori Segretario, De Angelis presidente: come si legge il Pd nuovo

Cosa è successo a Roma durante l'Assemblea che ha eletto Daniele Leodori Segretario Pd del Lazio e Francesco De Angelis presidente regionale del Partito. Cosa hanno detto. Dove si va. I segnali per il Pd nazionale

Le radici nel passato, lo sguardo nel futuro: è un Partito Democratico nuovo e antico quello che è stato varato nel pomeriggio di lunedì allo Spazio Novecento all’Eur di Roma. Lì i duecento delegati eletti il 18 giugno hanno votato i nuovi quadri dirigenti Pd del Lazio: dando vita alla prima grande rivoluzione Dem. Né cacicchischleiniani: il Lazio dimostra che oltre le correnti si può andare, senza la necessità di soffocarle.

La storia ed il futuro vanno in scena in un’amalgama che il Pd del Lazio non vedeva da anni. C’è il minuto di silenzio in memoria di quel gigante che è stato il senatore Bruno Astorre. C’è l’elezione all’unanimità ‘per alzata di delega’ a Presidente per Francesco De Angelis l’uomo partito da lontano in tutti i sensi; Segretario Figc quando era il movimento giovanile del Partito Comunista, capace due domeniche fa di portare alle urne delle Primarie 11mila persone della provincia di Frosinone e prendere 4187 preferenze personali con le quali è il più votato in tutto il Lazio. E c’è l’onda del rinnovamento: Arianna Camellini e Manuel Magliocchetti sono i due nuovi vicepresidenti.

Daniele Leodori (Foto © AG IchnusaPapers)

C’è Daniele Leodori proclamato Segretario Regionale del Partito Democratico: l’erede naturale di Bruno Astorre, il mediatore per eccellenza; anche lui viene da molto lontano, seppure da una sponda un tempo contrapposta a quella di De Angelis: cattolicesimo popolare, Area Dem, roba un tempo democristiana. Ci sono i tre vicesegretari del Pd Lazio che lo affiancheranno: l’ex assessore regionale al Sociale Alessandra Troncarelli, il Segretario dei Giovani Democratici del Lazio Ludovico Di Traglia, la consigliera comunale di Latina Valeria Campagna che a 24 anni ha già due elezioni vinte alle spalle e fa parte di quei mondi che Elly Schlein ha catapultato nel Pd subito dopo averne assunto la guida.

In sala, tra i tanti ci sono l’ex presidente della Regione Lazio e ora deputato Nicola Zingaretti, c’è l’uomo forte del Partito su Roma Claudio Mancini, c’è la deputata ed ex consigliere regionale Michela Di Biase che dicono sia stata la grande sponsor di Schlein. C’è la senatrice Cecilia D’Elia con Marta Bonafoni scoperta di Zingaretti cinque anni fa ora coordinatrice della Segreteria Nazionale del Partito. 

Il Partito Nuovo e non un nuovo Partito

Daniele Leodori e Nicola Zingaretti

Se non ci fosse stato il Covid Nicola Zingaretti aveva già avviato la sua rivoluzione: invocava un Partito Nuovo e non un nuovo Partito. Insomma un Pd rinnovato, rigenerato dalle sue stesse forze, pacificato e capace di andare oltre le correnti. A quel tempo Daniele Leodori era il suo fidatissimo braccio destro: sarà per questo che in alcuni passaggi sembra di riascoltare quei concetti che fanno parte di una rivoluzione interrotta causa la pandemia.

Dice Leodori nel suo intervento durante l’assemblea del Partito che lo ha proclamato: “Serve un Partito diverso, all’altezza delle sfide che ci troveremo ad affrontare. Che rimetta al centro la nostra più grande ricchezza: la nostra gente“.

Si torna alla politica, alla militanza, alle Sezioni ed ai Circoli. Il mio impegno prioritario sarà quello di ridare centralità a voi, veri protagonisti del cambiamento che vogliamo realizzare insieme” ha spiegato Leodori. “Iscritti e circoli dovranno essere il cuore pulsante di questa nuova stagione politica della nostra comunità. Più centrali nei processi decisionali, soprattutto quelli più importanti”. È al tempo stesso un richiamo alla militanza delle radici e ad un rinnovamento: perché ogni Partito che voglia guidare le masse deve essere costantemente in cambiamento se vuole essere la passo con una società che cambia.

Non sono contentini di circostanza. Leodori rispolvera il ruolo antico delle Sezioni. Non solo luogo di discussione ma anche di formazione: “dove promuovere iniziative di formazione in grado di stimolare le energie migliori di amministratori, eletti, militanti e fornire, ai tanti che vorrebbero avvicinarsi alla politica, gli strumenti necessari

Tornare tra la gente

È ora di levare le tende e di rimettere in movimento il Partito, fa capire Daniele Leodori. Per rimetterlo al passo con un mondo che ad un certo punto ha voltato le spalle al Pd perché non si è più sentito rappresentato.Ora – dice il Segretario – siamo di nuovo in piedi. Le persone sono tornare a iscriversi ai nostri circoli. Ma devono preoccuparci e molto i dati sull’astensionismo che attraversa le elezioni nazionali a quelle locali. Deve essere per noi un assillo tornare a convincere le persone che la politica è lo strumento per contribuire a cambiare le cose”.

Cita Alberto Sordi ed una delle sue interpretazioni più crude: Una Vita Difficile diretto da Dino Risi, dove Sordi interpreta Silvio, un giornalista appassionato di politica che litiga con la moglie perché lei reputava inutile la politica. E Sordi / Silvio le dice che ‘La politica è alla base della vita e di tutte le cose‘.

Autocritica ma senza sudditanza

L’abbraccio tra Elly Schlein e Giuseppe Conte

Dobbiamo mettere in discussione il Partito che siamo” ha detto il Segretario. Chiede di aprire porte e finestre, allargare le alleanze, aprire il Pd alla società civile. Ma nessuna sudditanza al Movimento 5 Stelle: “lo dico con franchezza, chi si avvicina non deve avere la presunzione di spiegarci sempre come si vince. Rilasciando interviste a tutta pagina per recuperare un po’ di visibilità o per trovare repentini posizionamenti all’interno“.

Serve un partito forte e soprattutto unito. Abbiamo dimostrato di poter superare la deriva delle correnti” ha evidenziato Leodori mettendo in chiaro quanto sia dannoso finire sui giornali per mandare messaggi agli avversari interni. “Possiamo invertire questo trend. Andiamo sui giornali, comunicando all’esterno e non più all’interno. Abbandoniamo le corse solitarie che in passato ci hanno fatto del male e rimettiamo il destino del Paese e della nostra regione al centro”.

Il campo largo di Gualtieri

Roberto Gualtieri (Foto: Andreo Panegrossi © Imagoeconomica)

La sintesi più efficace forse è quella del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. A tratti è un affresco: “Partiamo con il piede giusto. La sintesi di cui oggi abbiamo bisogno non è solo quella interna ma è quella di un campo più largo. Che non è principalmente uno schieramento di Partiti (che pure deve darci la possibilità di vincere) ma di un fronte molto più largo. Che in passato abbiamo saputo unire ed è stato il motore dell’esperienza della giunta di Nicola Zingaretti e anche della nostra capacità di vincere a Roma“.

Mette sotto i riflettori quello che è il grande cambiamento: il Pd nel Lazio ora sarà gestito in maniera unitaria. In questo “C’è tanto dell’eredità e dell’intelligenza di Bruno Astorre con cui il Pd ha affrontato questo passaggio. È stato un segnale importante di coesione, unità e partecipazione nel momento più difficile che poteva esserci dopo la pesantissima sconfitta alle elezioni nazionali che si è trascinata anche quella delle Regionali” ha spiegato Gualtieri.

Ricorda che tutti all’esterno del Pd speravano di vedere il Partito dilaniarsi tra l’unanimismo di facciata e il disarmarsi. E invece “non è stato così e molto è merito di Daniele e del modo con cui ha saputo sempre essere amministratore e dirigente intelligente e unitario“.

Il pilastro del Lazio

Roberto Gualtieri

La grande novità che parte da questo Congresso è che su Daniele Leodori c’è stata una convergenza quasi unanime: lo ha eletto il 95% dei consensi ai gazebo. Ma non c’è stato alcun listone. Le aree si sono pesate schierandosi intorno a lui ma cinque liste. Così è stato pesato il nuovo equilibrio unitario regionale.

Il sindaco di Roma lo mette in evidenza: è molto positivo per il Pd nazionale che oggi il Lazio abbia impostato così la sua fase congressuale. Perché il partito del Lazio e un pilastro della capacità dei democratici di svolgere una funzione a livello nazionale“. Traduzione: Elly guarda che si può fare.

Poi ricorda la vocazione di Governo del Pd. E ricorda come il centrodestra abbia stravinto ma ora sia rimasto impantanato: una destra che “per non sbagliare sta ferma, non è nella condizione di mettere l’Italia nelle condizioni di capitalizzare il lavoro che abbiamo fatto“. Lo spessore del sindaco di Roma è europeo: non è il sindaco piacione alla Rutelli, non è il letterato alla Veltroni, qui si viaggia alto e veloce: avverte che tra poco sarà necessario “collocarsi con nettezza rispetto alle grandi alternative che saranno dispiegate in maniera evidente alle prossime elezioni europee”. Dice che nel 2024 ci divideremo “tra chi dirà che i mutamenti climatici non esistono e bisogna smantellare l’agenda del Green New Deal. E chi sostiene che non c’è alternativa per il pianeta alla capacità di unire in modo inedito la.giustizia sociale e la transizione energetica ambientale”. E bisognerà scegliere dove stare.

Il patriarca De Angelis

L’intervento di Francesco De Angelis

Nel Pd che si rinnova c’è bisogno della saggezza di Francesco De Angelis. Fu lui un anno fa a cercare di evitare lacerazioni sulle Regionali invocando “prima i contenuti, poi il contenitore e l’uomo capace di tenere tutto unito”; è stato lui nelle settimane scorse benedire l’operazione di conta unitaria con cui riunire il Pd del Lazio nel nome di Leodori. Soprattutto è stato lui il mattatore di queste Primarie.

L’assemblea del Partito Democratico del Lazio elegge all’unanimità Francesco De Angelis suo presidente regionale. La votazione avviene alle 17.30 per alzata di delega. Alle primarie del 18 giugno scorso Francesco De Angelis è stato il candidato più votato all’Assemblea regionale, ottenendo 4.187 preferenze personali. In quell’occasione la Federazione provinciale della sua Frosinone è stata quella che ha portato ai gazebo più votanti di qualunque altra nel Lazio: 11.087 elettori, seguita dalla Federazione Roma Est con 7.543, Roma Nord con5.844 e dalla federazione di Latina con 5.744 votanti.

Già consigliere e poi assessore regionale alle Attività Produttive con Piero Marrazzo, già Parlamentare Europeo, attuale presidente del Consorzio Industriale del Lazio (uno dei più vasti in Italia) Francesco De Angelis è il fondatore di ‘Pensare Democraticola componente maggioritaria nella provincia di Frosinone che ha dato vita alcune settimane fa alla nuova area regionale riformista Rete Democratica. Su 18.202 voti regionali ottenuti alle Primarie dalla componente ben 7.269 sono arrivati da Frosinone.

C’è molto da lavorare

Concreto. Da subito. “C’è un grande lavoro da fare davanti a noi. Troppe divisioni hanno segnato la vita del Pd negli ultimi anni e penso che questo sia il tempo di unire, pur nelle diversità. Questo è il tempo di unire. L’unità è il bene più prezioso. Dobbiamo, nel pluralismo e nelle diversità, mettere fine alle contrapposizioni e dare il senso di una linea politica chiara e condivisa. Alle Primarie abbiamo dimostrato che quella del Pd è una comunità viva, forte ed unita. Abbiamo le forze, le idee, l’entusiasmo per tornare a vincere“. Esordisce così il presidente regionale del Pd Francesco De Angelis.

Ricorda Bruno Astorre: per alcuni tratti del percorso fu suo grande rivale, poi suo grande alleato poi di nuovo lontani. Gli tributa gli onori postumi collocandolo a pieno titolo tra i protagonisti di questa fase di cambiamento. Dice: “Il mio primo pensiero va a Bruno Astorre. Il nostro Bruno. Abbiamo perso una persona dolce, sensibile, che suscitava empatia e fiducia. Autorevole e intelligente. Il vuoto che ci ha lasciato sarà difficile da colmare, ma ora tocca a noi riempire questo vuoto e tenere viva la sua eredità. Tocca a noi afferrare quel testimone e proseguire il suo lavoro. E sono convinto che il nostro Segretario, Daniele Leodori è certamente la persona più indicata per farlo“.

Con la sua voce da tenore scuote la sala, traccia la rotta. Dice a tutti che ota si cambia. “Porteremo fuori le nostre idee e le nostre energie per costruire una alternativa forte e credibile alla destra. Ed è tempo soprattutto di ridefinire in maniera chiara il profilo ideale, politico e culturale del Partito Democratico. Chi siamo, cosa vogliamo. In poche parole, ridefinire la nostra carta d’identità“.

Riprendiamoci le piazze

Francesco De Angelis

Troppo Governo, poco Partito. La pausa serve per tarare il motore: anche questo era un concetto zingarettiano. Che fu interrotto dalla nascita del Conte II. “In questi anni siamo stati troppo schiacciati e troppo presi dal governo e dalle istituzioni. Torniamo ora ad occuparci del Partito. Sta qui il senso della mia candidatura a queste elezioni Primarie e il senso del mio impegno. Costruiamo forme di partecipazione e di aggregazione; facciamolo sui territori, strada per strada, comune per comune. Riprendiamoci le strade e le piazze, se vogliamo restituire forza e radicamento alla nostra comunità democratica. Torniamo nei luoghi del conflitto sociale. Ma per fare questo abbiamo bisogno di tutti voi e delle vostre idee”. Piaccia o no è letteratura di Gramsci allo stato puro.

Cita il grande ideologo della sinistra italiana anche quando Francesco De Angelis ricorda all’Assemblea che “non c’è buon governo senza il radicamento nella società, in sintonia con i bisogni e le esigenze delle persone”.

Analizza il momento politico con spietata autocritica. “Dobbiamo essere consapevoli del fatto che oggi l’astensionismo si è spostato a sinistra. Abbiamo quindi bisogno di un Partito pluralista e capace di farsi interprete dei bisogni della società. Ed è su questo terreno che occorre costruire l’alternativa alla destra”.

Nessun tentativo di nascondere la polvere sotto ai tappeti: “Le sconfitte di questi mesi pesano ed io penso che abbiamo commesso degli errori. Intanto siamo andati al voto da soli e dobbiamo sapere che da soli non si vince. È stato inoltre difficile affrontare una campagna elettorale sapendo di aver perso prima ancora di cominciare. Pensate solo un attimo alle elezioni Regionali. Abbiamo fatto la nostra corsa per eleggere i consiglieri e non per vincere le elezioni.

La nuova rotta politica

Francesco De Angelis e Daniele Leodori

La nuova rotta politica del Partito Democratico nel Lazio nasce dalla saggezza dei due uomini che ora l’Assemblea mette sul ponte di comando.

Si parte dal dialogo con cui rendere più forti e più unite le opposizioni. Il concetto fu di Astorre ed oggi viene portato avanti con la stessa convinzione da Leodori e da De Angelis: da soli non si vince ma è altrettanto vero che senza il Pd non esiste l’alternativa. Il segnale è per Carlo Calenda e la sua Azione è per quel Movimento 5 Stelle che ha governato il Lazio cinque anni con Zingaretti.

Il segnale è anche per i territori. Leodori e De Angelis sono espressione dei territori. La scossa è arrivata dalle province. Il Pd, scegliendo loro dice che il tema della rappresentanza delle province è ora sul tavolo. È anche questa una novità.

Il segnale parte dal Lazio. Il Pd dice che la sua missione non è finita: a patto di smettere d’avere l’assillo del governo e ritrovare la sintonia con un mondo che ogni giorno cambia. È quello che ora cercheranno di fare il Segretario regionale Daniele Leodori ed il Presidente regionale Francesco De Angelis.