Il diritto alla moda, la moda dei diritti ed il fango sulle coscienze

Il diritto alla moda invocato da Soumahoro. Lo scaricabarile tra Fratoianni e Bonelli su chi lo abbia scelto. Il fango sugli stivali, quello su Ischia, quello che rischia di cadere e quello che viene lanciato

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Ritengo che il diritto all’ eleganza, il diritto alla moda, è una libertà. La moda non è né bianca né nera, è semplicemente umana“. E ancora: “Qualcuno più di una volta mi ha detto che sono sempre vestito di verde. È una questione di scelta”.

È lui l’uomo, il mito Aboubakar Soumahoro a parlare. Come diceva il comico Paolo Rossi più che un uomo un mito, più che un mito un mitomane.

Il parlamentare appena uscito dal gruppo Sinistra Verdi a seguito dello scandalo sui fondi che ha investito la moglie, il cognato e la suocera. Quello che si era presentato in parlamento con gli stivali verdi sporchi di fango. Quello che citava Di Vittorio come ne fosse la reincarnazione. Quello reso famoso dalla combriccola EspressoLa7. Damilano, Zoro, con la benedizione ecumenica di Saviano.

Nascita e morte su La7

Soumahoro a Piazzapulita su La7

E chi di La7 ferisce, di La7 perisce. È proprio nell’intervista sulla rete di Cairo che la farsa assume il suo punto più alto, durante l’intervista con Corrado Formigli a Piazza Pulita. Di fronte al conduttore paladino della sinistra radicale, prima fa il solito piagnisteo sul fatto che è pronto ad essere trasparente e dire tutta la verità, col piglio consumato dei vecchi attori di strada, ma alla prima domanda scomoda sulla moglie è finita.

Di pianti greci tra l’atro è esperto, il suo finto pianto ha fatto il giro dei social in un video da lui stesso postato giorni fa, un capolavoro del teatro dell’assurdo degno di Ionesco. Quando Formigli gli chiede, mostrando le foto della moglie vestita di gran lusso con gioielli e borse di marca, enfatizzando se non stridessero con le battaglie che lui si era detto rappresentare, il re dei furbi risponde appellandosi ad un innovativo ed astratto “diritto alla moda” dicendosi affatto disturbato dallo stile di vita della moglie che sottolinea “ha la sua vita”.

Avrei voluto vedere i poveri Fratoianni e Bonelli nel momento in cui speranzosi ascoltavano quelle parole credendo che quell’intervista avesse potuto risollevare la loro immagine. Credo siano sprofondati nell’abisso del divano mettendosi tutte e due le mani in faccia.

Fratoianni e Bonelli

Nicola Fratoianni, Eleonora Evi e Angelo Bonelli (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Nicola Fratoianni l’ho incontrato solo di sfuggita una volta in una trasmissione tv,  Angelo Bonelli lo conosco molto meglio siamo stati a lungo colleghi in Regione Lazio ma essendo lui membro della commissione che presiedevo i rapporti sono stati ancora più frequenti.

È un idealista intransigente, persona colta ed intelligente. Come abbia fatto a farsi gabbare dall’immagine di questo soggetto mi è ignoto. Ma deve essere stato proprio lui visto che Fratoianni ci ha tenuto subito a scaricare la responsabilità sul collega Verde. Sarà quel fatto che Sumahoro vestiva per scelta il verde, come ha dichiarato, ad ingannarlo.

Forse gli sarà venuta voglia di usare le armi come Tex Willer il fumetto disegnato ed ancora oggi edito da Sergio Bonelli zio di Angelo, oggetto tra di noi di frequenti conversazioni. Potremmo chiedere aiuto allo straordinario disegnatore anagnino Sandro Scascitelli che alle edizioni di Tex ha collaborato, una serie nuova tipo Tex Bonelli contro Sumahoro per vedere come finirà. (Leggi qui Da Anagni a Tex Willer: Sandro Scascitelli si racconta).

Ma forse non serve nemmeno tutta questa fantasia. Finirà male per il povero Sumahoro che vedrà finire presto la sua carriera politica appena iniziata. Con il piccolo vezzo che starà cinque anni ancora in parlamento stipendiato dagli italiani che incrementeranno le collezioni di moda della moglie e che gli garantisce l’immunità parlamentare.

L’archetipo perfetto

Aboubakar Soumahoro con Angelo Bonelli (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Eppure si era anche stizzito nel primo intervento in parlamento perché la Meloni rivolgendosi a lui gli diede del tu, pretendendo del lei. Ora penso passeranno al voi. 

Eppure, al netto delle accuse che andranno verificate, non si parla di spiccioli. Le cooperative di Sumahoro e famiglia hanno ricevuto negli anni scorsi ben sessantadue milioni di euro che non sono proprio una bazzecola.

Qualcuno avrebbe dovuto accorgersene ma no, Sumahoro era l’archetipo perfetto del migrante che ce l’ha fatta in mezzo a mille difficoltà, un esempio incredibilmente evocativo per la sinistra radicale. A questo si è aggiunto un pizzico di cultura, un eloquio spigliato e una faccia di tufo da premio Nobel. Il mix perfetto per renderlo un personaggio della sinistra radical chic.

Ecco e l’appellativo radical chic spesso abusato stavolta calza a perfezione. Nell’Italia di oggi viene utilizzato per prendere in giro chi esprime opinioni di sinistra (non necessariamente radicali) ma è ricco, dunque si presume capisca poco della vita del popolo.

I Radical Chic

L’articolo sul New York Magazine

Ma l’espressione è nata in tutt’altro contesto, l’ha coniata Tom Wolfe in uno dei suoi articoli più celebri: “Radical Chic: That Party at Lenny’s”, pubblicato dal New York Magazine nel giugno del 1970. Wolfe raccontava di una festa a casa di Leonard Bernstein, il celebre direttore d’orchestra e compositore, che per rendere più interessante una serata al suo attico di Park Avenue invitò tre militanti delle Pantere Nere. Uno di questi era Robert Bay, la guardia del corpo personale di Huey Newton, il fondatore delle Pantere, che viene descritto mentre accetta impacciato una pallina al roquefort da un cameriere in livrea. Quello che Wolfe prendeva in giro è il desiderio di un’élite che si diletta nel mettere in mostra conoscenze e simpatie radicali con il sospetto di usarle per farsi fighi.

E così è stato per Sumahoro. Solidarizzare col migrante impegnato nella lotta al caporalato era un must per certa sinistra. E così veniva invitato nei circoli bene nelle tv e come poi non finanziare cotante battaglie con una pioggia di soldi pubblici e dargli un posto in parlamento.

Peccato poi che i veri destinatari dei fondi siano rimasti senza stipendi per anni o maltrattati e rinchiusi in posti al limite della decenza. Ma poco importa perché in fondo la storia vera di questi reali sfruttati importa meno di quella luccicante e fiabesca di Sumahoro molto più socialmente condivisibile e diciamolo meno sporca di fango. (Leggi qui: Il sonno della politica genera i nuovi mostri).

Sinistra al caviale

Francois Mitterand con Helmut Kohl (Foto: Bundesarchiv, B 145 Bild-F076604-0021 / Schaack, Lothar)

Per cui, parafrasando il detto sui pontefici, morto (politicamente) un Sumahoro se ne farà un altro. Magari meno belloccio e brillante ma sempre utile perché lui, in fondo, è la nemesi di certa sinistra. Che adesso come lo ha creato lo distruggerà.

In Francia la chiamano sinistra al caviale. La gauche caviar parigina sarà anche snob quanto i radical chic newyorchesi, ma non è mica così radicale. I primi a sentirsi apostrofare così sono stati François Mitterrand e i suoi, socialisti di governo più che di lotta. E l’epiteto è stato utilizzato per additare moderatissimi social-democratici e persino blairiani. Poi, la gauche caviar mangia caviale, mica palline al roquefort, roba che può sembrare sofisticata solo a qualche nouveau riche.

Champagne socialist, Bollinger Bolshevik nel Regno Unito, Limousine liberal, Latte liberal negli Stati Uniti, Salonkommunist in Germania, Red set o Esquierda Ballantine in Sudamerica. Sono tante le definizioni che negli anni si sono stratificate per descrivere una certa sinistra.

Nel 2000 David Brooks, il commentatore del New York Times, meglio noto come il Repubblicano più amato dai Democratici dopo John McCain e  snob di professione, ha pubblicato, un libro che in America fu un successo. “Bobos in Paradise” era il titolo, dove “bobo” era la crasi di bourgeois bohémien. Brooks faceva un ritratto di una certe élite cultural-economica, borghese nel portafoglio, ma bohémien nell’anima, che nell’Italia di oggi verrebbe facilmente bollata di essere radical chic, per tornare al via, come al monopoli.

Borsette, brillocchi e pacchianerie

Enrico Letta (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Allora capiamo bene come al “diritto alla moda” di Sumahoro si contrappone facilmente la “moda dei diritti” che proprio al pari delle mode sono diventati superficiali e momentanei non più radici e fondamento della nostra società. I diritti ad intensità variabile sono un grosso vulnus della nostra società ma non esiste più una vera classe dirigente per analizzarlo veramente.

Potrebbe essere un bel momento per riavviare il discorso su una vera sinistra anche in Italia. Dove, non solo quella radicale, ma anche quella moderata del Pd, soffrono sotto il colpi, non solo della vittoria della destra ma anche degli ex alleati Grillini molto attivi sui temi sociali. Ma sarà il solito incidente di percorso, nessuno vuole fare una riflessione seria.

Intanto la settimana è passata tra borsette e brillocchi e pacchianerie varie della famiglia Sumahoro, altra cortina di fumo che ha oscurato addirittura la manovra economica del governo Meloni. Io non l’ho capita benissimo ma tutti dicono che sarà di grande aiuto per l’attuale crisi, sono costretto a fidarmi. Mentre leggevo le ultime notizie ho aperto la bolletta appena arrivata ed era una bomba. Aspetto fiducioso la prossima dove avranno effetto, speriamo, le misure Meloniane. 

Bombe su Kerson e bombe di fango

Come la mia bolletta bomba piovono anche ordigni a raffica sull’Ucraina stretta tra la fame il freddo la mancanza di energia. Ingenui coloro che avevano preso la ritirata dei russi da Kerson come una resa. Serviva invece a bombardare senza rischi e permettere alle truppe di passare l’inverno in condizioni civili al contrario degli ucraini. 

Lo stesso freddo e la stessa maligna alluvione che ha colpito Ischia in queste ore. Vittima della natura che si ribella alla mano dell’uomo. Entra nel lunghissimo elenco di alluvioni e calamità che ogni anno mietono decine di morti e dispersi. Ed ogni anno vedono lo stesso triste teatrino delle dichiarazioni di investimenti sul rischio idrogeologico regolarmente smentiti dai fatti.

Lo avete visto “l’uomo di fango” di Casamicciola un anziano ischitano completamente riverso e sommerso dal fango per il quale si è temuto il peggio ma fortunatamente aiutato in extremis dai soccorritori. È vivo, ma solo per un caso, il suo corpo coperto di fango è un monito vivente per tutti. Quella colata di fango su quel corpo inerme ma attaccato tenace alla vita è la metafora della colata di fango che ha coperto da tempo le nostre coscienze dedite sempre più all’autoassoluzione in attesa di nuovi disastri nei quali usare le solite scusanti.

Le frane dietro casa nostra

Frame da Piazzapulita

Anche nella mia città da due anni ci sono cittadini che vivono nell’ansia che la enorme frana sotto il collegio Leoniano non li copra da un giorno all’altro di una valanga di fango, come rischiato concretamente anche nei giorni scorsi. Ma di persone che si sporchino gli stivali di fango per intervenire non se ne vedono.

È lo stesso fango sugli stivali con cui Sumahoro si è presentato in parlamento. Ma quello era secco perché quegli stivali non vedevano la terra da anni. Uno dei soci della cooperativa intervistato ha chiesto in diretta tramite le tv di riavere quegli stivali verdi di gomma che lui stesso aveva comprato a Sumahoro perché lui all’epoca non aveva i soldi. “Me li restituisca par favore ora che è ricco, io non lo sono ne ho ancora bisogno”.

Una richiesta sinceramente umiliante, non sappiamo se per il “diritto alla moda” Sumahoro gli stivali li terrà, o li restituirà magari lavandoli prima o invierà un paio di quelli firmati Vuitton.

Ed il filo conduttore fatto di fango che unisce gli stivali di Sumahoro alle vite spezzate ad Ischia ci ricorda con drammatica violenza quanto siamo circondati da inutili apparenze invece di mantenere ben saldi i nostri contatti con le cose concrete prima di tutto la terra. Perché un uomo quando perde il contatto con la terra perde la propria identità. Per questo io amo ancora camminare a piedi nudi sulla terra per non perdere mai questo legame. 

Per questo dedico un pensiero non a quelli che col fango finto hanno fatto carriera politica, ma a chi in queste ore sotto al fango ha lasciato la vita o ha rischiato di lasciarla. Non siete soli.

Io lo so che non sono solo

Anche quando sono solo

Io lo so che non sono solo

E rido e piango

E mi fondo con il cielo e con il fango

(Jovanotti, Fango 2007)

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