La Procura denuncia Renzi, il senatore denuncia la Procura

Senza ricevuta di Ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Se Renzi e la Procura di Firenze con la loro guerra finiscono per dare ragione a Mattarella

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Partiamo da un presupposto: nella storia che andiamo a raccontarvi ognuno è nel suo pieno diritto. Tanto la magistratura quanto il senatore Matteo Renzi.

La procura di Firenze vuole che siano processati il fondatore di Italia Viva ed i suoi collaboratori più stretti Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Alberto Bianchi e Marco Carrai, oltre a manager e imprenditori. Al centro delle indagini ci sono i le donazioni fatte per sostenere le varie Leopolde: le riunioni annuali della Componente di Renzi. 

L’ipotesi è il finanziamento illecito ai Partiti, cioè ho finanziato una fondazione ma poi una parte dei soldi è stata utilizzata per sostenere un Partito politico. Atri reati ipotizzati: la corruzione ed il traffico di influenze illecite. Di cui vi abbiamo già parlato nel passato: una legge scritta con i piedi, concepita così solo in Italia, che ha portato addirittura sotto inchiesta il leader del suo Partito ispiratore Beppe Grillo. (Leggi qui Se fai la mazza, prima o poi ti picchia).

Il leader di Italia viva ha provveduto a firmare una formale denuncia penale nei confronti dei magistrati. Non perché lo hanno indagato. Ma per come lo hanno fatto.

Renzi, Procura ed il rischio di guerra tra poteri

Foto © Saverio De Giglio / Imagoeconomica

(Ricordiamo la premessa: la Procura ha il diritto di mettere il naso negli affari di Renzi e di chiunque ritenga debba essere accertato).

Non si può negare che siamo in presenza di un potere (quello della magistratura) che indaga su un altro potere (quello Legislativo) ed anche sul terzo ed ultimo dei tre che compongo una democrazia (quello Esecutivo).

 Sacrosanto – e sono tre – il diritto della Procura. Ma le accuse di Matteo Renzi mettono a nudo come sia urgente una ulteriore forma di tutela, come ha già evidenziato il caso Eni – Procura di Milano sulle presunte tangenti per una concessione in Nigeria. Tanto polverone per poi scoprire che il fatto non sussiste: non ‘non ci sono prove’, c’erano prove del contrario. Per scoprirlo siamo andati avanti anni, abbiamo buttato una miliardata di dollari, senza estrarre un solo calice di petrolio, nel frattempo la nostra concessione è scaduta e se ne sono avvantaggiati i nostri competitor. Ed ora i magistrati sono sotto indagine.

Per questo è urgente la riforma sollecitata dal presidente Mattarella il giorno del suo insediamento: serve per un riequilibrio dei poteri. Che non crei zone d’ombra per la politica. Ma che eviti il rischio di scontri tra poteri. Che alla fine, comunque finiscano, indeboliscono lo Stato.