Un prete testardo, un pittore, sei angeli e due prodigi per tracciate la storia di una devozione che a Cassino è cardine assoluto
La devozione mariana, il culto per la Vergine Maria da sempre è presente con forza nelle popolazioni di tutto il territorio dell’odierno Lazio Meridionale. Basti pensare alla devozione per la Madonna dell’Assunta, dell’Addolorata, dell’Immacolata. E per quelle rurali come la Madonna della Pietà o quella di Santa Maria della Valle a Cassino. Oppure la Madonna nera di Canneto, quella bianca in Settefrati, quella de’ Piternis a Cervaro, delle Grazie a San Vittore del Lazio e così via.
A Cassino città il culto, intenso, è rivolto verso la Madonna dell’Assunta, che della «città martire» è considerata come la protettrice. La devozione si è andata radicando e fortificando profondamente nel corso dei secoli. Per rinvigorirsi nel buio e angoscioso periodo del Secondo conflitto mondiale e fortificarsi poi nel dopoguerra.
L’Assunzione di Maria al cielo è un dogma di fede della Chiesa cattolica che fu proclamato da papa Pio XII il primo novembre 1950. Ma il culto dell’Assunta ha una tradizione più che millenaria a partire almeno dal V secolo quando ha iniziato a radicarsi nella devozione popolare.
Maria in Paradiso, origine di una devozione
Secondo tale tradizione Maria, la madre di Gesù, terminato il corso della vita terrena, fu portata in Paradiso, in anima e in corpo. Cioè fu “assunta”, accolta in cielo. In tal senso Maria, che è l’unica a essere stata preservata dal peccato originale, è con Gesù, l’unica in tutta la storia dell’umanità a essere ufficialmente riconosciuta assunta in cielo in corpo e anima.
La solennità è celebrata il 15 agosto. Non solo dai cattolici ma anche dagli ortodossi che da secoli commemorano questo mistero di fede sotto il nome di «Dormizione di Maria» (Dormitio Virginis), mentre le Chiese protestanti non credono nell’Assunzione di Maria. E, in particolare, la chiesa anglicana non professa né l’Assunzione né la Dormizione.
I monaci cassinesi e il culto della Madonna
La devozione della Madonna dell’Assunta a Cassino è stata introdotta dai monaci cassinesi. I benedettini sono da sempre legati al culto dell’Assunta che hanno provveduto a diffondere in tutti i luoghi in cui si sono insediati. Non è un caso che la Basilica-Cattedrale di Montecassino sia intitolata a San Benedetto, alla Vergine Assunta in Cielo ed a San Giovanni Battista.
A Cassino la tradizione plurisecolare della devozione per la Madonna dell’Assunta trova il suo apice nella suggestiva cerimonia di coronazione. Cerimonia che si svolge il 14 agosto di ogni anno, alla vigilia della Festa dell’Assunzione di ferragosto.
Bombe e fede in Via del Foro, tanta fede
Seguendo la tradizione, il rito dell’incoronazione dell’Assunta si è svolto per secoli in Via del Foro. L’ultima volta vi si è tenuto il 14 agosto 1943. Il territorio era stato appena investito dalle operazioni di guerra con il bombardamento dell’aeroporto di Aquino del 19 luglio 1943. Poi il 10 settembre toccò alla città di Cassino, colpita per la prima. Ulteriori bombardamenti seguirono nei mesi successivi culminando il 15 marzo 1944 con la distruzione totale della città. Cassino non era più.
Nei luoghi di quella che era stata una deliziosa città millenaria regnava la più totale desolazione. Dovunque macerie, dappertutto crateri di bombe con acqua ristagnante, ovunque residuati bellici inesplosi. Tuttavia la popolazione, subito dopo lo sfondamento della Linea Gustav, con una forza d’animo eccezionale, iniziò a rientrare. Lo fece nonostante la devastazione totale, i pericoli e le difficoltà.
Nell’estate del 1944 ci si apprestò dunque a svolgere la prima celebrazione del rito dell’incoronazione dopo le devastazioni patite nei nove mesi. In cui il fronte di guerra si era arrestato davanti alla Linea Gustav e che aveva prodotto la distruzione totale dell’abbazia di Montecassino e la distruzione totale di Cassino. Non a caso di lì a poco definita «città martire», secondo l’intuizione di Gaetano Di Biasio.
La statua di legno, poi quel terribile morbo
Due eventi, per i credenti miracolosi, si verificarono allora: ambedue legati alle effigi della Madonna dell’Assunta. Il ritrovamento a Cassino tra le macerie della statua dell’Assunta quasi intatta e il salvataggio del quadro dell’Assunta di Montecassino.
La statua in legno della Madonna dell’Assunta risale al XVII-XVIII secolo. Fu restaurata nel 1837 da Francesco Petronzio, scultore di Cassino: che «vi applicò quasi tutti i bellissimi angeli». In quei momenti la città (allora S. Germano) era flagellata da un morbo che mieteva molte vittime. Allora il 9 luglio appunto del 1837, i fedeli presero la statua, che era ancora in restauro, e la portarono in processione.
Lo fecero per chiedere la protezione e l’intercessione della Madonna che, immediatamente, secondo la tradizione popolare, fece terminare l’epidemia. A partire da quel momento l’Assunta è divenuta un «segno particolarissimo della devozione» del popolo di Cassino. E per ricordare l’evento miracoloso del 1837, a Cassino, il nove luglio di ogni anno, si svolge una «processione penitenziale». Da qualche decennio trasformatasi in «peregrinazione della statua» in tutte le chiese parrocchiali del centro.
Don Varone e Gesù benedicente
Fino alla distruzione di Cassino la statua dell’Assunta, con alla sua sinistra il Bambino Gesù ed ai piedi sei angioletti, si trovava collocata nella chiesa della SS. Annunziata. Anche questo edificio religioso è andato totalmente distrutto come l’intera città di Cassino. Le sue macerie ricoprirono tutto quello che c’era al suo interno, compresa la statua dell’Assunta.
Il 30 maggio 1944 don Francesco Varone, sacerdote di Cassino, coraggiosamente si avventurò in mezzo alle macerie della città. Era l’ultimo cappellano della chiesa dell’Annunziata cui fin da piccolo era stato affidato il compito di portare la corona della Madonna nel corso della processione. Raggiunse il posto dove si trovava la Chiesa dell’Annunziata che era, come tutto il resto, un cumulo di macerie. In mezzo alla distruzione totale scorse la statua di Gesù Bambino, quella con cui si incorona la Madonna.
Stava lì in mezzo alle macerie con la sua mano destra in atto di benedire Cassino nonostante la città fosse stata polverizzata dalla guerra. Poté quindi facilmente recuperarla. Poi tentò di individuare la statua dell’Assunta. Il 3 e il 4 giugno, accompagnato da alcuni volenterosi, si accinse a rimuovere, con non poche preoccupazioni e timori, le macerie. Fra i vari reperti emersi nel corso di quel primo scavo c’era pure un pezzo di un’ala di uno degli angeli. Pezzo che faceva temere che tutta la statua fosse ridotta a brandelli. Poi l’8 agosto la statua fu individuata e sembrava intatta e quindi recuperabile.
Una festa senza banda e bengala come “fuochi”
Si era dunque alla vigilia del 14 agosto, quando si teneva il consueto, annuale, rito di incoronazione. Tuttavia quella del 14 agosto 1944 fu una “suggestiva” e particolare celebrazione. Niente banda, solo le note, si possono immaginare strazianti, di un violino e di un armonium suonato dell’esimio maestro Luigi De Cesare. Niente luminarie, niente fuochi d’artificio, niente colpo scuro finale.
Per la festa si utilizzò solo ciò che era, copiosamente, a portata di mano: attrezzature belliche (bengala e razzi illuminanti) per rischiarare una valle e una città distrutta e totalmente avvolta nelle tenebre, nonché armi di guerra (fucili e mitra) al posto dei botti pirotecnici. Allora si può ben affermare che quella celebrazione del 14 agosto 1944 possa essere considerata come la prima «Festa della resurrezione di Cassino» ancora sotto la protezione dell’Assunta. Che dopo aver salvaguardato la popolazione di Cassino per ben due volte nell’Ottocento contro le epidemie, ne aggiungeva, nel secondo dopoguerra, una terza, contro la malaria.
Non fu facile per don Francesco far riprendere gli scavi per recuperare la statua dell’Assunta. Finalmente nell’agosto 1945 riuscì ad ottenere un permesso speciale e quattro volonterosi iniziarono lo scavo. Il sei e il sette agosto furono trovati i sei angeli, mentre l’8 agosto fu rinvenuta l’intera effigie dell’Assunta. La statua miracolosamente non era in mille pezzi ma quasi integra, tuttavia la si può immaginare, quando fu estratta, coperta di terra, di polvere, di macerie.
Il fazzoletto rosso e i sei angeli
Don Francesco la fece portare nella sua casa provvisoria a Capo d’Acqua su un carro trainato da buoi. Aveva un fazzolettone rosso annodato sul capo e al suo fianco i sei angeli. Si era di nuovo alla vigilia della festa dell’incoronazione e i cittadini di Cassino, rientrati sempre più numerosi, desideravano che si tornasse a svolgere la processione come era sempre stato negli anni passati.
La statua però aveva bisogno di un restauro. Don Francesco si batté affinché non fosse portata a Napoli ma che venisse restaurata a casa sua. Così dal quartiere partenopeo di San Gregorio Armeno giunse a Cassino un abile restauratore, Antonio Lebro con due suoi figli.
Alle 7 del mattino del 14 agosto 1945 si avviò la processione che partendo da Capo d’Acqua si snodò, per cinque ore, fino a mezzogiorno, giungendo nel centro di Cassino.
Un prete dritto e una statua traballante
Don Francesco «alto e magro» provato anch’egli dalle sofferenze, procedeva «diritto». La statua avanzava lentamente e nell’incedere traballava in certi tratti a causa delle numerose buche e degli avvallamenti. Passò in via San Pasquale, poi sul ponte delle carceri e lungo via Sferracavalli. L’effige della Madonna passò attraverso tanta desolazione. Non c’erano più chiese a Cassino, né case, né alberi, «non vi [erano] luoghi di riferimento se non mucchi di pietre».
La processione non poté giungere nel luogo dove tradizionalmente era avvenuto, fino a due anni prima, il rito dell’incoronazione, cioè Via del Foro, giacché non esisteva più come tutta la città. Arrivata all’incrocio dove prima si trovava la Chiesa del Carmine, piegò verso destra. Poi sostò brevemente all’estremità del fabbricato delle Stimmatine, con a fianco le file di croci del cimitero provvisorio neozelandese, risalì per un breve tratto e di quello che oggi è il Corso della Repubblica. Raggiunse il piazzale della distrutta chiesa di S. Antonio, l’unico slargo di Cassino non occupato da macerie.
Quel mezzogiorno del 10 agosto 1945
A mezzogiorno del 14 agosto 1945 ebbe luogo l’incoronazione. Alla cerimonia non poté essere presente l’abate Gregorio Diamare, portatosi a Roma per risolvere alcune questioni relative alla costruzione del cimitero polacco e in sua vece l’incoronazione fu fatta da dom Umberto Di Meo.
Terminata l’incoronazione riprese la processione che risalì la strada fino a raggiungere uno dei pochissimi immobili utilizzabili, seppur parzialmente. Cioè il palazzo del barone De Rosa al bivio di Montecassino. Il 15 agosto il sacro rito dell’Assunta fu svolto dall’abate Gregorio Diamare. Abate che contrasse la malaria e venti giorni dopo quell’incoronazione, il sei settembre 1945, distrutto dalle tante sofferenze della guerra, moriva a S. Elia Fiumerapido.
La statua rimase nella cappella del palazzo del barone per tre anni finché il 4 aprile 1948 fu portata solennemente in processione nella Chiesa di S. Antonio. Nel 1950 fu sottoposta a un altro restauro di completamento a Roma. Dalla Chiesa di S. Antonio fu poi trasferita in quella S. Giovanni Battista quando terminarono i lavori di costruzione del nuovo edificio religioso. Qualche anno più tardi ha trovato la sua casa definitiva nella Chiesa Madre, la cui costruzione era iniziata nel 1973.
Il secondo miracolo e la tela di Agricola
L’altro evento miracoloso concernente anch’esso una effigie, riguarda il salvataggio del quadro dell’Assunta di Montecassino. La tela dell’Assunta, realizzata da Paolo De Mattheis uno dei più importanti pittori di scuola napoletana e di consistenti dimensioni: è alta circa 3 metri e larga quasi due. Si trovava collocata nell’omonima cappella della Basilica a Montecassino.
Quando nel marzo 1944 un pittore militare Herbert Agricola fece ritorno a Montecassino, trovò tutto sconvolto dalla distruzione. E con non poca difficoltà riuscì a entrare in quel che rimaneva del monastero.
Mentre vagava tra le macerie toccò una «tela coperta di polvere». La metà superiore del quadro era uscita dalla cornice ed era piegata sulle macerie. Mentre l’altra metà inferiore «era coperta di calcinacci». Decise di mettere in salvo quell’opera d’arte così la staccò completamente dalla cornice e la arrotolò. Herbert Agricola riuscì a portare la tela nel Tirolo.
Passarono anni finché nella primavera del 1951 scrisse «ancora una volta a Montecassino» per segnalare che era in possesso di quell’opera e la stava custodendo. Giunsero gli americani che ritirarono il quadro. La tela fu restaurata a Roma e nel 1952 poté far ritorno a Montecassino ricollocata nella nuova cappella dell’Assunta.
Salva dalla guerra ma non dall’ingordigia
Un’ultima annotazione: i sei angeli che ornavano la statua dell’Assunta prima della guerra furono ritrovati quasi integri tra le macerie della chiesa dell’Addolorata. Oggi non adornano più la statua dell’Assunta. Si sono salvati dalla furia della guerra, dalla distruzione totale ma non dall’ingordigia dell’uomo. Perché sono stati rubati e, giocoforza, sono stati sostituiti con delle copie.
Stessa sorte anche per l’oro della Madonna frutto di secolari donazioni ed ex voto. Il tesoro della Madonna Assunta e del Bambino Gesù, probabilmente più di un chilo d’oro, con la corona fatta fondere dall’abate Diamare, era stato sotterrato nella camera da letto dei genitori di don Francesco Varone, nella casa di Via Monte Maggio. Quando don Francesco tornò dallo sfollamento trovò anche la sua casa distrutta dalla guerra.
Cominciò a scavare al piano terra e sotto metri di macerie trovò una bomba di cannone scoppiata. Cominciò a temere che l’oro potesse essersi polverizzato. Scavando ancora trovò delle tegole e sotto un piccolo quadro con l’immagine della Madonna Assunta, lì posto dalla fede della sua mamma. Poi comparve la cassa con l’oro della Madonna, cassa e contenuto intatti.
Anche l’oro della Madonna dell’Assunta è stato ritrovato integro nel nascondiglio, ricollocato ad adornare la statua. Ma non è scampato all’avidità umana, rubato mentre la statua sostava nella Chiesa di San Giovanni Battista. Si salvò invece la corona. L’oro che orna la statua oggi è il frutto di nuove donazioni dei fedeli.
Un prete, un pittore e due prodigi
Due aspetti di bruttura umana che si contrappongono a due eventi miracolosi.
Fu grazie alla caparbietà di un sacerdote don Francesco Varone, che poté essere recuperata tra le rovine la statua dell’Assunta quasi completamente intatta. Fu grazie a un pittore militare tedesco Herbert Agricola, che il quadro dell’Assunta di Montecassino non è andato perso ed ora è tornato nella riedificata cappella della Basilica.
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