L’ira social e la violenza invece della pedagogia: per perdere l’umanità

Perdiamo la testa sfogandoci contro chi compie gesti che indirettamente abbiamo contribuito ad incoraggiare: e non vediamo il rischio

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Rancore e ira sono cose orribili,

e il peccatore le porta dentro.

Chi si vendica subirà la vendetta del Signore,

il quale tiene sempre presenti i suoi peccati.

Perdona l’offesa al tuo prossimo

e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.

Sir. 27, 33-35

Rancore e ira sono dentro di noi, sempre più spesso… Abitano in noi, è come se fossero in agguato: una scimmia sulla spalla che rischia di travolgerci, di lasciarci in mano alla violenza spropositata. Che non si rende conto delle conseguenze delle azioni. L’ira e il suo stretto compagno, il rancore, sono stati definiti uno dei peccati capitali.

Si chiamano così perché compromettono la vita, il caput: la testa, te la fanno perdere, cessi di essere un uomo. E rimangono in te soltanto gli aspetti animaleschi, che non considerano le conseguenze degli atti che compiono. Muore così l’immagine divina che è dentro di noi. 

Quanto vale un like su Facebook

FOTO © BURST / PEXELS

E così può essere un divertimento sparare ai passanti con un fucile a piombini. O può valere di più un like su un video di  Facebook che la vita di una bambina. Oppure ancora affermare la propria mascolinità, costringendo una donna a prestarsi ai tuoi desideri. E arrivando anche a sparare su un mucchio di ragazzi, per “fargli vedere chi comanda davvero”.

Troppe volte abbiamo chiuso gli occhi non accorgendoci di quanti vivano immersi in una specie di brodo velenoso che pervade tutti gli aspetti dell’esistenza. Si litiga violentemente per un parcheggio, per un orologio, per le conseguenze di un tamponamento. Come se fossimo chiamati ad affermare le nostre ragioni con la violenza dei nostri gesti più che con la forza delle nostre idee.

E il brodo si espande senza ostacoli se non c’è un  forte appello. Come quello che l’autore del libro del Siracide, la Sapienza di Sirach, che vive a Gerusalemme, all’inizio del II secolo a.C., rivolge a coloro che hanno abbandonato la via indicata da Dio nella legge data a Mosè. Lo dice chiaramente: se tu vuoi che i tuoi peccati siano perdonati devi perdonare tu per primo, devi rinunciare al rancore, devi mettere da parte l’ira.

Prima disinteressati, poi giudici

Purtroppo in questi giorni assistiamo all’esplodere di atteggiamenti iracondi, che, per ora, si sfogano soltanto sui social. Scrivono post traboccanti di insulti e macabri auguri nei confronti dei colpevoli di gesti inconsulti che, a loro dire, non meritano alcuna attenuante. Neppure legata all’età o al contesto in cui sono cresciuti, condizioni che tutti quanti noi abbiamo contribuito a creare.

Anche soltanto con il nostro disinteresse per l’educazione e la formazione di questi ragazzi, oggi sulle cronache dei giornali. Siamo rimasti insensibili a quanti denunciavano gli effetti che sarebbero derivati da un consumo di droga e di alcol così imponente. A quanti mettevano in evidenza l’eccessiva concentrazione abitativa in alcuni quartieri, a chi, voce nel deserto, chiedeva un rinnovato interesse per l’educazione dei giovani.

Un’alleanza educativa per salvarli dall’ira e dal rancore che avrebbero sviluppato nei confronti di adulti completamente assenti dalla loro vita. Dobbiamo noi per primi chiedere di essere perdonati per le nostre “distrazioni”.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti). 

(Foto di copertina © DepositPhotos.com).