L’ora di chiedere scusa a quelli scappati da Milano (di A. Porcu)

È arrivato il momento di chiedere scusa a quegli italiani che un mese fa saltarono al volo sull'ultimo treno da Milano prima del blocco totale del Nord. I numeri parlano chiaro: si sono chiusi in quarantena. Non hanno portato al Sud la pandemia.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

È arrivato il momento di chiedere scusa. A quelle migliaia di italiani scappati al Sud saltando al volo sull’ultimo treno della notte a Milano. I numeri lo impongono. Non lasciano spazio ad interpretazioni: non hanno portato l’infezione da Coronavirus a dilagare in casa loro, non sono stati untori della loro terra.

Non erano untori

La fuga in massa da Milano è avvenuta il 7 marzo. Pochi minuti dopo che il premier Giuseppe Conte aveva annunciato a reti unificate il blocco totale del Paese. Una settimana per i sintomi, due per l’esplosione della malattia, tre per l’emergere dei contagi, quattro per poter iniziare a fare conti attendibili. Le conseguenze di quella fuga dei disperati si possono leggere sui dati diffusi dalla Protezione Civile dopo un mese.

Treni nella stazione di Milano Foto © Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Quei dati dicono che saranno anche fuggiti come i disperati del Titanic in cerca di una scialuppa. Ma hanno infettato proprio nessuno. Alla data del 9 aprile sommando tutte le regioni del Sud e le Isole c’erano 10.002 persone positive al Covid-19. Nella sola Lombardia ce n’erano tre volte tanto: 29.530. Il dato è ancora più chiaro se si paragonano i dati di tutte le regioni del Nord e tutte quelle del Sud: ogni 8 infetti da coronavirus in Settentrione ce n’era 1 solo al Meridione. Più larga ancora la forbice dei decessi: a Sud 1 ogni 18 a Nord.

Di più ancora. Il responsabile nazionale della Protezione Civile Angelo Borrelli venerdì 9 aprile ha annunciato 3.951 casi in più rispetto al giorno precedente; un terzo si è sviluppato nella sola Lombardia (1.246), i numeri al Sud sono precisi: 98 in tutta la Campania, 93 in tutta la Puglia.

L’Italia nascosta

I locali vuoti poco prima del lockdown Foto © Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Quelli scappati a Sud con l’ultimo treno da Milano Centrale erano universitari che rischiavano di rimanere bloccati in casa senza poter ricevere nemmeno il pacco con le cose da mangiare fatte in casa che una volta al mese manda mammà.

Erano camerieri che fanno la stagione dai primi tepori di primavera fino alla fine dell’estate: ma con ristoranti e bar chiusi non possono permettersi nemmeno la stanza presa in affitto con i colleghi.

Erano quella massa di lavoratori sommersi che il Nord sfrutta per prendere a due lire le capacità che a Sud nessuno gli pagherebbe: perché è dai tempi di Garibaldi che il Meridione è stato condannato allo stesso modo in cui oggi Olanda e Germania vorrebbero condannare il meridione d’Europa.

Ragazzi di bottega, militi ignoti del benessere italiano che a Nord sarebbero morti di fame.

La pelle è pelle

Terapia Intensiva Foto © Stefano Scarpiello / Imagoeconomica

I numeri dicono che salendo al volo su quel treno e correndo da mammà hanno salvato la pelle e salvato un pezzo di Milano. Se fossero rimasti è ragionevole pensare che una parte di loro si sarebbe ammalata, sarebbe finita ad intasare gli ospedali lombardi già al collasso, avrebbe occupato altri posti di Terapia Intensiva che non c’erano.

Hanno dimostrato che gli Italiani hanno la testa sulle spalle: a Nord come al Sud. Perché le cifre elencate da Angelo Borrelli dicono che quei ragazzi sono arrivati a casa e si sono chiusi in una stanza, si sono fatti la quarantena stretta e non hanno messo il naso fuori.

Tranne qualcuno. Ma è arrivato anche il momento non solo di chiedere scusa, si deve dire che gli italiani sono persone serie. Non sono cialtroni spaghettari, tutta pizza e mandolino come ancora ci divertiamo a raccontarci. Solo qualche irresponsabile è andato in giro come se nulla fosse.

Ma quale fila

Controlli dei carabinieri a Pasqua Foto © Gaetano Lo Porto / Imagoeconomica

Abbiamo il dovere di leggere il numero di contravvenzioni elevate tra sabato e domenica: sono le ventiquattrore in cui si temeva la grande fuga di Pasqua, la migrazione verso le case al mare. Le foto ci hanno proposto la Pontina intasata. Il bilancio dei controlli? Il Corriere indica che la Polizia Locale ha accertato circa duecento irregolarità di cui 108 sanzionate con una multa. Allora tutta quella gente in coda? La conseguenza dei controlli fatti manu militari come era giusto che fosse: tutto bloccato e tutti accertati. A costo di generare lunghe code. E dove andava tutta quella gente?

Una spiegazione l’ha data giovedì scorso il prefetto di Frosinone Ignazio Portelli intervenendo alla trasmissione A Porte Aperte su Teleuniverso. «Anche noi abbiamo notato dalle telecamere un aumento delle persone in circolazione ma il numero delle contravvenzioni rimaneva costante. Allora abbiamo studiato i numeri. E scoperto che quelle persone in più effettivamente c’erano: ma erano le migliaia di lavoratori in smart working che facevano i rientri settimanali in ufficio. Quasi tutti hanno chiesto di andare in ufficio negli stessi giorni. E in quell’occasione andavano anche a fare la spesa per evitare di uscire ulteriormente. Abbiamo chiesto alla amministrazioni di scaglionare meglio i giorni, così che non ci sia nemmeno la percezione della troppa gente in giro».

Dobbiamo chiedere scusa a noi stessi. Per esserci sottovalutati.