Meglio inquisire Peppe Patrizi che i boss albanesi

Come la Bella Addormentata nel Bosco all'improvviso scopriamo che a Frosinone ci sono i clan che sparano, trafficano, controllano. Come se non avessero sparato e accoltellato fino all'altra settimana. L'impressione è che da qualche parte sia convenuto dare la patente da criminale a gente come Peppe Patrizi, Mauro Vicano, Gianluca Quadrini. Fa più effetto. Anche se non c'è reato. Mentre i clan fanno i loro affari criminali

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Invisibili. Con i loro traffici e la loro organizzazione. Nonostante le auto incendiate e gli spari in pieno centro storico di Frosinone. Le gang che controllano gli affari criminali nel capoluogo fanno molto poco per nascondersi. Non ha avuto alcuna preoccupazione sabato sera Michea Zaka nell’infilarsi nella tasca del giubbotto una pistola: carica e con il colpo in canna. Come se non fosse nel mirino della polizia, come se non l’avessero fermato due volte in pochi mesi durante le operazioni antidroga al Casermone. E come se non l’avessero trovato con ventimila euro in contanti dei quali non ha saputo fornire giustificazione.

Chi sono i nuovi padroni delle piazze di spaccio a Frosinone? Chi sono i loro superiori: mafia albanese o clan nazionali? Chi impartisce gli ordini, chi sovrintende ai rifornimenti di cocaina, crack e veleni vari con i quali stantuffarsi in vena un po’ di polvere e sognare che il mondo non sia quello che è? Succursale delle spietate bande che hanno preso il controllo di Roma e che solo in parte sono venute alla luce con l’uccisione del temutissimo Diabolik? O ultima appendice di un mondo che prima aveva la sua sede centrale a Sud: tra scapacchioni e malommini del litorale casertano?

La realtà dei fatti è una: frega poco o niente. Meno ancora a chi dovrebbe interessarsene. (Leggi qui: Gli spari allo Shake ed il sepolcro di Frosinone).

Frosinone non è il Bronx

Domenico Condello (Foto © Stefano Strano)

Frosinone non è il Bronx” ha tranquillizzato il questore Domenico Condello subito dopo la riunione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, mentre l’aria dello Shake Bar ancora era impregnata dell’odore di piombo, bario ed antimonio dei sei colpi esplosi la sera precedente. I numeri gli danno ragione, i fatti stanno in maniera differente

Dal punto di vista della fredda lettura dei numeri, la faccenda sta come dice il questore. Con 2.444 delitti denunciati ogni 100mila abitanti, Frosinone in un anno ha recuperato ben 22 posizioni nella classifica della sicurezza tra le province italiane. Una graduatoria che come ogni anno viene stilata dal Sole 24 Ore e che fotografa i delitti commessi e denunciati sul territorio nell’anno precedente (quindi nel 2022), in rapporto alla popolazione residente. Questi i dati.

Ma i numeri vanno interpretati. Perché i boss non vogliono morti in giro, non vogliono spari tra la folla: attirano l’attenzione degli sbirri ed innescano una reazione. Quando a Castelforte si misero in testa di costituire un clan autonomo per taglieggiare le cave marmifere di Coreno Ausonio, iniziarono a sventagliare raffiche di mitra sulle ruspe ed incendiare automezzi; con sfrontatezza assoluta, facevano irruzione e schiaffeggiavano i capicantiere. A mettere fine alla questione fu una riunione di signori in doppiopetto e guardaspalle vestiti con corredo calibro 9 parabellum. Si videro a pranzo in un ristorante sul lago Patria e dissero che no, in Ciociaria non potevano permettersi di fare una cosa simile. Finì con due cadaveri all’interno di una Mercedes poi data alle fiamme.

La caciara inutile non piace ai signori del crimine: attira l’attenzione. Per questo, bassi numeri di delitti non significa necessariamente che l’area sia un paradiso di tranquillità.

La polizia non dorme

Lo sanno benissimo gli inquirenti: indifferentemente Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza. Michea Zaka era stato pizzicato due volte al casermone in pochi mesi durante le diverse ondate di Alto Impatto, le operazioni con le quali il questore Condello ha stressato le varie organizzazioni criminali sul territorio. Facendo arrivare all’improvviso da Roma gli specialisti del Reparto di Prevenzione uniti ai suoi di tutte le specialità per fare terra bruciata intorno ai sistemi criminali.

I carichi di cocaina trovati nelle intercapedini, gli appartamenti sottratti ai pensionati ed alla povera gente per trasformarli in centri per lo spaccio, i 20mila euro cash trovati a Zeka: non hanno fatto scattare nessun alert lì dove sarebbe stato normale si accendesse la luce rossa.

Non in questura, non al comando dei Carabinieri o della Finanza: lì le leggi le applicano. L‘allarme si sarebbe dovuto accendere lì dove si decidono le priorità. Lì dove si stabilisce se bisogna dare la caccia ai mafiosi o concentrarsi sugli scontrini da un euro all’uscita dei bar.

A Frosinone poco tempo fa hanno depositato un carico di piombo nello stomaco di un albanese nel parcheggio del Fornaci: storia di puttane e di marciapiedi. È successo qualcosa? Sempre a Frosinone ad un Macedone hanno trapassato il cervello da parte a parte con un colpo di calibro 22: anche lì uno sgarro per una questione di donne. Non storie di affetto. Ma di business. Gli strilli delle donne nigeriane si sentono fino in strada a Frosinone e quando i carabinieri intervengono si sentono dire che era una lite in famiglia. Se volete crederci, accomodatevi. Poi però non stupitevi se ogni tanto nel comune capoluogo si trova gente sbudellata o accoppata all’arma bianca dietro alla Villa Comunale.

Priorità sbagliate

(Foto Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

L’impressione è che a Frosinone come in tantissime altre città d’Italia siano state scelte le priorità sbagliate. Capita. Soprattutto quando si mandano al potere persone poco competenti su come funziona il Paese nei suoi vari ingranaggi. Avete presente la cronica carenza di medici e di infermieri negli ospedali? Semplicemente perché hanno sbagliato a calibrare il ‘numero chiuso’ di specializzandi. Così oggi possiamo comprare anche cento tac per ospedale ma non si trovano quelli capaci di farle funzionare e di leggere i referti.

Allo stesso modo, forse sono stati messi in cima all’elenco delle priorità nazionali i reati sbagliati. Negli ultimi trent’anni abbiamo letteralmente smesso di dare la caccia ai boss, Matteo Messina Denaro l’abbiamo trovato dopo che per un quarto di secolo se ne stava comodamente a casa sua. Abbiamo appioppato il cartellino di criminale a gente come l’ex presidente della Provincia Giuseppe Patrizi, all’ex Dg Asl Mauro Vicano, all’ex presidente della Comunità Montana Gianluca Quadrini e centinaia di altri come loro in tutta l’Italia. Sequestrandogli i telefoni, scandagliando la loro vita personale, scrutando nei loro conti in banca. E trovando niente. Mentre a Frosinone sparano, si ammazzano e si scannano. (Leggi qui: L’indecenza dei 18 candidati ‘impresentabili’).

Qualcosa non quadra. Meno di tutto quadra il silenzio di una politica che fino a qualche anno fa avrebbe interrogato, protestato, logorato ministri e capi della polizia. Oggi nulla. Tanto a destra oggi quanto a sinistra ieri. L’importante è che non facciano casino, che tutto sembri tranquillo: un Peppe Patrizi da inquisire per soddisfare lo stomaco della gente è sempre efficace. Mentre i clan continuano a prosperare.