Minniti rinuncia alla candidatura: non si fida dei renziani

Pronto l'annuncio del ritiro di Marco Minniti dalla corsa per la segreteria nazionale del Pd. Le rassicurazioni di Lotti, Guerini e Rosato non lo hanno convinto. L'incontro di Salera con Renzi a Bruxelles. E la certezza che il nuovo Partito è pronto. Il documento sul quale è maturata la rottura.

Marco Minniti si ritira dalla corsa a segretario del Pd. La conferma alle indiscrezioni circolate nelle ultime ventiquattr’ore arriva da ambienti che sostenevano la candidatura dell’ex ministro dell’Interno. (leggi qui Minniti pensa al ritiro: Zingaretti aggrega ReteDem e sente profumo di Segreteria Pd).

La decisione è maturata dopo il confronto avvenuto nel pomeriggio con Luca Lotti, Lorenzo Guerini ed Ettore Rosato, i generali più fidati nel fronte di Matteo Renzi. L’ex ministro dell’Interno dovrebbe ufficializzare la propria scelta domani.

 

I paletti di Minniti

Nelle file renziane hanno sempre avuto una riserva sul nome di Marco Minniti: non è gestibile. Ma hanno dovuto puntare su di lui: «perché è l’unico in grado di fermare Zingaretti» dicevano. Hanno avuto la conferma ai loro dubbi nel corso del confronto avvenuto nel pomeriggio.

Con il suo linguaggio diretto, Minniti ha piantato una serie di paletti sulla strada per la conferma della candidatura. Perché anche lui aveva fin dall’inizio una serie di riserve sui renziani: temeva volessero usarlo e poi pilotarlo a distanza.

I paletti hanno definito un percorso che ai plenipotenziari di Rignano Ettore RosatoLuca Lotti e Lorenzo Guerini è piaciuto sempre meno. Fino ad arrivare alla richiesta «E poi i parlamentari dovrebbero firmare questo impegno a non uscire dal Pd…».

Chi c’era riferisce che gli ambasciatori hanno scosso la testa dicendo: «Anche solo l’idea è offensiva per i nostri….“. A quel punto ha allargato le braccia per primo Luca Lotti e poi anche Lorenzo Guerini e infine Ettore Rosato.

 

Pronto il nuovo Partito

Nello stesso momento, all’aeroporto di Bruxelles Matteo Renzi incontrava la delegazione di amministratori in attesa del volo per rientrare in provincia di Frosinone dopo due giorni al Parlamento Europeo. Ad avvicinarlo è stato l’ex assessore al Bilancio del Comune di Cassino Enzo Salera. Che dopo dieci minuti di chiacchierata con l’ex premier spediva a tutta la lista dei suoi contatti WhatsApp la foto con Renzi ed il commento «È chiaro che ha già pronto il nuovo Partito».

Sulla base di quali elementi l’ex assessore ha scritto quel messaggio? Matteo Renzi ha spiegato di essere a Bruxelles per una serie di incontri insieme all’ex sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi. E chi hanno incontrato? Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker (Ppe), la commissaria alla Concorrenza, la liberale olandese Margrethe Vestager, il primo vice presidente Franz Timmermans, (olandese, del gruppo Socialisti & Democratici), il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. (francese, Pse). Tema degli incontri: presentare il nuovo Partito e stabilire già da ora il perimetro delle alleanze.

Marco Minniti non ha avuto bisogno di leggere quel messaggio per avere la stessa convinzione di Enzo Salera. Proprio per questo motivo, nel corso dell’incontro ha chiesto garanzie precise sulle intenzioni di Matteo Renzi. In particolare sulla nascita di una nuova formazione politica. Il sospetto è che i renziani volessero usare Minniti per indebolire il più possibile il risultato di Nicola Zingaretti. E poi smontare definitivamente il Pd, lasciando tutta l’area Ds libera di riaggregarsi; generando una nuova formazione centrista sullo stile della Margherita, libera di pescare gli orfani di Forza Italia che hanno già le valigie pronte ma non intendono salire sul Carroccio.

 

L’intervista per dire no

Negli ambienti dei giornalisti parlamentari circola l’indiscrezione secondo la quale Marco Minniti in serata ha rilasciato un’intervista a Repubblica nella quale annunciare il passo indietro.

Inutili le rassicurazioni portate dai generali renziani. Nelle ore scorse Minniti aveva notato una c erta freddezza della componente. E registrato un ritardo nella raccolta delle firme necessarie per presentare la candidatura.

Oggi Lotti e Guerini invece gli avrebbero garantito il contrario, assicurando di avere individuato cinquecento sindaci incaricati di sottoscrivere il manifesto a sostegno del candidato.

 

I piani alternativi

Sarebbe in corso una forte pressione sul renzianissimo Lorenzo Guerini per convincerlo a candidarsi. Ma la risposta continua ad essere negativa. Disponibilità invece ci sarebbe da parte di Teresa Bellanova. Ma il piano B del fronte di Rignano punterebbe su Ettore Rosato, il papà del Rosatellum.

C’è anche un piano C. Prevede di convergere su Maurizio Martina, candidato con l’appoggio dell’ex portavoce di Renzi Matteo Richetti e con la benedizione dell’ex vice premier Graziano Delrio.

Anche in questo caso però ci sono perplessità. Legate ai dieci comandamenti annunciato da Martina per ricostruire il Pd in caso di sua vittoria. Due su tutte fanno rabbrividire i renziani: tesseramento tutto l’anno, riattivando quello online; primarie aperte anche per la selezione delle candidature monocratiche nelle istituzioni di ogni livello. In pratica, la scelta dei candidati al Parlamento sarà gestita per due terzi dalle realtà territoriali e per un terzo dal partito nazionale.

In questo modo ogni territorio si sceglierà due candidati su tre: con una fortissima riduzione dei candidati paracadutati.