Non servono eroi ma cose normali, strada facendo

Non ci vengono chiesti gesti eclatanti ma, strada facendo, mentre viviamo la nostra vita, fare quelle azioni che dovrebbero essere normali. Ma che per alcuni non lo sono. E si voltano dall'altra parte lasciando morire centinaia di bambini

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date

Mt. 10,8

Come risuona facile nella nostra vita comprende quell’espressione “strada facendo”  che l’evangelista Matteo utilizza per sintetizzare la missione del discepolo di Cristo. Non c’è bisogno di richiamare Claudio Baglioni per comprendere il profondo significato umano e teologico dell’espressione. Vuole dire: la vostra fede deve incarnarsi, diventare concretezza, nella vita di tutti i giorni, nella quotidianità, come si diceva qualche anno fa.

Ai discepoli di Cristo non vengono chiesti gesti eclatanti ma, strada facendo, mentre viviamo la nostra vita, fare quelle azioni che l’evangelista ci presenta tipiche dei discepoli. 

Come si fanno le cose normali?

La banalità di una carezza che però può essere molto utile (Foto © DepositPhotos.com)

Costoro devono annunciare che il regno è vicino, che la morte è  vinta definitivamente. Ma come si dà questa notizia? È una lezione, una spiegazione, un effetto emotivo?  Nel corso dei secoli, che separano i seguaci di Gesù dal loro fondatore, le interpretazioni sulle modalità dell’annuncio del vangelo, cioè della vittoria sulla morte sono state le più diverse. Alcune anche terribili ed assolutamente in contrasto con le parole di Gesù.

Per questo l’evangelista Matteo esemplifica subito. Strada facendo, i discepoli di Gesù incontrano il male del mondo. E sempre camminando si rendono conto del bene che si può fare, dei miracoli che ciascuno può compiere, curando i malati, impedendo le condizioni che portano alla morte.

Mentre scriviamo, ascoltiamo le notizie del terribile naufragio al largo della Grecia: oltre 600 morti fra cui 100 bambini. Strada facendo, abbiamo fatto finta di non vederli e scarichiamo responsabilità gli uni sugli altri. Sarebbe bastato avvicinarsi a quel peschereccio per salvare la vita a centinaia di persone, a tanti bambini. E invece, strada facendo, non abbiamo guardato, abbiamo voltato la testa dall’altra parte. E, sempre strada facendo, abbiamo subito accusato qualcun altro della morte di tanti innocenti.

L’annuncio strada facendo

Foto: © Vasilis Ververidis / Dreamstime.com

Questo è l’annuncio del vangelo:  Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni, che erano nel I secolo dell’era volgare le questioni più gravi nella vita delle persone. Oggi sono cambiate le questioni ma il problema rimane lo stesso: camminiamo, incontriamo persone, come ci relazioniamo con loro?

Noi abbiamo avuto la fortuna di stare bene, di non essere costretti a salire su un barcone per cercare di dare un futuro migliore ai nostri figli. Ma è merito nostro o è un privilegio, rispetto a tanti altri popoli della terra, che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto.

Abbiamo avuto gratuitamente, altrettanto gratuitamente dobbiamo dare, senza preoccuparci di quel poco che perderemo salvando vite umane e guardando invece a quanto guadagneremo.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).