La scommessa di Zingaretti, il segno rosso di Martina

La lunga marcia verso le Primarie con cui scegliere il prossimo segretario nazionale Pd. Nicola Zingaretti incontra i giovani e riflette sugli errori. Martina scrive su Facebook e si traccia un segno rosso

«Per me il congresso del Pd è molto di più rispetto a una conta tra candidati, è una scommessa per riaprire un confronto sui destini di questo Paese». Cerca i fili spezzati per tentare di riannodare un dialogo interrotto Nicola Zingaretti.

Il governatore lo dice mentre partecipa all’assemblea di Futura a Roma. Il suo viaggio nell’Italia che ha voltato le spalle al Partito Democratico è come una ricerca ostinata di quella fiducia perduta, l’esplorazione con cui raggiungere le sorgenti della delusione.

Perché «il nostro problema non sono solo le idee eversive di Matteo Salvini o la pericolosità dell’idea di democrazia dei 5 Stelle. Il nostro vero problema è perché italiani hanno scelto loro e non noi».

 

La rabbia e la delusione

 

Nel suo viaggio dentro il Pd, nelle sue mille facce italiane, Nicola Zingaretti un’ipotesi di risposta l’ha individuata. «Questo consenso delle destre si fonda sulla capacità di lucrare sugli effetti devastanti di un modello di sviluppo che ha fatto crescere la disuguaglianza».

È allarmato il governatore del Lazio impegnato nella corsa per diventare segretario nazionale del Partito Democratico. Perché vede una linea di saldatura tra la crisi economica profonda e la vasta rabbia popolare: non si nasconde Zingaretti e dice con chiarezza alla platea che «per la prima volta idee eversive sono sostenute da un grande consenso popolare».

Proprio per questo, il Governatore ha capito che il tema sarà molto di più che scrivere un programma o, in vista delle Europee, mettere insieme un arco di forze. La sua vera sfida sarà «ricomporre una grande alleanza, innanzitutto, tra le persone. Invertiamo la dinamica».

 

Basta con l’egocrazia

 

Niente leader ma una squadra. Basta io, bisogna imparare a ragionare con il Noi. Zingaretti lo spiega dicendo che l’alternativa «non la costruisce un leader da solo ma le persone che si riorganizzano intorno a un progetto e se si lascia alle spalle il vizio dell’aver troppe volte fatto prevalere la egocrazia, che ha piegato tante scelte».

Invoca un progetto nuovo, con il quale avviale la «ricomposizione di un campo che fermi la deriva, rimetta in discussione i contorni stessi della conquiste del Novecento. Noi non vogliamo difendere quello che c’è, ma difendere i cittadini da chi vuole distruggere l’Europa».

Continua ad avere i giovani come punto di riferimento, quella sterminata massa di persone che non andando a votare ha lasciato il Paese ai sovranisti. Un po’ come è accaduto nel Regno Unito, dove sono stati i genitori a decidere la Brexit mentre a pagare il conto saranno i giovani sempre più cittadini del mondo ed interconnessi.

«Un ragazzo o una ragazza che futuro hanno nell’Europa dei sovranisti? Penso che sarà lunga ma dobbiamo ritrovare orgoglio di poter dire: questi qua li sconfiggiamo e costruiamo una nuova stagione politica per l’Italia».

 

Il Governo tradisce le promesse

 

Concetti che Nicola Zingaretti ha approfondito durante un’altra delle tappe del suo tour: ha partecipato all’iniziativa La prossima Europa.

Lì si è agganciato al tema delle diseguaglianze. Ed ha detto che «L’Italia ha bisogno di giustizia, di una decisa crescita di giustizia sociale. Questo governo ha costruito tante aspettative, ma le ricette che sta praticando vanno in un’altra direzione: aumentano i debiti, aumentano i mutui, aumentano le difficoltà per le persone che hanno maggiormente bisogno».

Proprio per questo ha sollecitato il ritorno ad un confronto tra chi è uscito sconfitto dal 4 marzo «ma che ora ha il dovere di costruire un’alternativa migliore a chi sta tradendo le promesse fatte agli italiani».

 

Gentiloni, appoggio Zingaretti e Unità

 

In giornata l’ex presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni è stato ospite di Maria Latella su SkyTg24. Dove ha detto che il pd deve sbrigarsi a voltare pagina. Perché la sconfitta elettorale dello scorso marzo è stato un segnale chiaro mandato dagli elettori: chiedono un Partito diverso. «Mi piacerebbe che il congresso si facesse un po’ prima di quanto sembra. Io lo farei il prima possibile. Si è votato il 4 marzo, metterci un anno mi sembra un po’ troppo».

Quanto ai candidati, Gentiloni ha ribadito l’appoggio a Nicola Zingaretti: «È la candidatura che ha il tasso novità maggiore. Ma io farò soprattutto il tifo per il Pd e per la sua unità».

 

Anche Martina vuole fare presto

 

Chiedono di fare presto anche dal fronte di Maurizio Martina, anche lui candidato alla Segreteria Nazionale Pd.

Così, se alla riunione di venerdì della Commissione Congresso, l’orientamento è stato quello di indicare la data del 3 marzo per le primarie dem, l’ipotesi non convince tutti. Anzi ha provocato anche la reazione di chi è contrario a tempi così lunghi. E spinge per accelerare.

È il caso di Lia Quartapelle. In giornata ha lanciato una petizione sul sito specializzato Change.Org: chiede che i gazebo partano da gennaio. Un’iniziativa che si è rivelata fondata: in serata erano 4570 le persone che avevano firmato per adesione. Tra le firme ci sono quelle di Paolo Gentiloni, Marianna Madia e Giorgio Gori.

Una nota dell’agenzia AdnKronos riferisce che anche Maurizio Martina è tra chi ritiene siano preferibili tempi più brevi. L’ex segretario avrebbe riferito ai suoi che che l’ipotesi migliore resta quella di febbraio.

La decisione verrà presa dalla Direzione Nazionale. Potrebbe riunirsi mercoledì. E non c’è unanimità Ad esempio, assolutamente contrario a stringere i tempi è Francesco Boccia. Che dice «No al congresso-lampo. Serve solo a chi ha paura del confronto».

 

Un segno rosso sul viso

 

Martina in giornata ha scritto su Facebook, in vista della della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. L’ex segretario ha anche postato la sua foto con il segno rosso sul viso, simbolo della campagna.

«Ogni 72 ore una donna viene uccisa. Tremila donne sono morte dal 2000 per mano quasi sempre di compagni o mariti assassini. E il numero di violenze è esponenzialmente più alto. Numeri crudi, tremendi. Ma che non riescono a dare il senso della tragedia umana che ognuna di quelle morti, ognuno di quegli abusi porta con sé» ha scritto il candidato alla Segreteria Nazionale del Pd.

 

In una dichiarazione alle agenzie poi ha dato ragione al presidente Mattarella. Sostenendo che la sfida politica, culturale, economica, generazionale che abbiamo davanti «è la lotta al cambiamento climatico. Una questione di democrazia. Non possiamo lasciare campo alla destra che nega il problema, che per interessi di mercato e per avidità spinge ancora di più l’acceleratore verso un punto di non ritorno. Perché un pezzo cruciale della lotta alle disuguaglianze passa proprio da qui».