Quelli a cui danno fastidio le critiche del prof. Carnevale

Insofferenti alle critiche. Soprattutto ora che c'è una nuova casta catapultata sui banchi del Parlamento senza alcun filtro. Incapace di tante cose. Tra le quali quella di saper gestire una critica. Ad Anagni il prof. Carnevale scatena il dibattito

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

La stampa serve chi è governato, non chi governa”. È una delle frasi conclusive del film The Post, di Steven Spielberg. Un capolavoro in cui si narra una storia vera; quella della lotta, scatenatasi nel 1971 tra i giornalisti del Washington Post e l’allora presidente degli Usa Richard Nixon, per la pubblicazione dei Pentagon Papers, i documenti segreti relativi alla guerra del Vietnam.

Quella tra Nixon (che non vuole la pubblicazione) e gli uomini del Post è una sfida senza esclusione di colpi. Che culminerà in una storica decisone della Corte Suprema. Che, dando ragione ai giornalisti, dichiarerà che, appunto, “la stampa serve chi è governato, non chi governa”. Come dire che chi fa informazione deve avere come riferimento solo i cittadini, non chi ha potere.

In Italia lo ha detto, con altre parole, ma con la medesima sostanza, Indro Montanelli, quando ha specificato che l’unico padrone di un buon giornalista è, e deve essere, il lettore. Una riflessione balzata alla mente leggendo una bella riflessione del professor Paolo Carnevale, stimato insegnante, apprezzato autore teatrale, discreto organizzatore di eventi, modesto giornalista da anni alle cronache de Il Messaggero.

Ad Anagni, con un post pubblicato nelle ore recenti, ha messo in guardia il sindaco Daniele Natalia dal rischio di avere intorno corifei più realisti del re. Il professore si riferiva al fatto che, durante una discussione, alcuni amici del primo cittadino avrebbero criticato la stampa locale, troppo dura nei confronti dell’attività del governo cittadino.

Corifei, appunto. “Pretoriani” aveva detto il professore. Gente che tende a vedere in ogni critica un peccato di lesa maestà; in ogni appunto, un’offesa personale; in ogni stilettata, una mancanza di rispetto. Una riflessione che ha scatenato un dibattito notevole. In cui, gliene va dato atto, si è inserito lo stesso sindaco con eleganza e garbo che gli sono propri.

Ma la questione rimane. Come pure la domanda di fondo; è possibile criticare un amministratore, un sindaco in questo caso, senza essere tacciati di animosità personale? Non è una domanda da poco, non vale solo per Anagni: è un problema anche e soprattutto nazionale, in particolare ora che c’è una nuova casta catapultata sui banchi del Parlamento senza alcun filtro. Incapace di tante cose. Tra le quali quella di riconoscere una critica e saperla gestire.

In città, come ha specificato anche il professore, la luna di miele tra il sindaco e la sua cittadinanza, sembra continuare senza problemi. Un po’ per meriti oggettivi; un po’ per la compattezza (almeno apparente) della sua maggioranza; un po’ (molto) per le divisioni (reali) della sua minoranza. Una situazione ottimale (per il sindaco); ma che può avere effetti collaterali pericolosi.

Il primo è una sorta di sbornia da potere, e non è certo questo il caso. Il secondo è, come detto, l’insofferenza rispetto ad ogni critica. E qui, a quanto è dato capire, il problema, non del sindaco, ma di chi gli sta intorno, è più serio. Del resto l’attuale maggioranza, quando era opposizione, aveva pesantemente criticato un ex assessore, reo di avere detto, più o meno, “adesso comandiamo noi e facciamo come ci pare”. Sbagliava quell’assessore. E sbaglierebbe chi volesse ora, in questa maggioranza, interpretare il consenso popolare (che c’è) come intoccabilità dalle critiche (che non può e non deve esserci).

Sbaglierebbe nei confronti delle critiche di un cittadino. Sbaglierebbe, a maggior ragione, nei confronti delle critiche che arrivano dalla stampa. Il cui unico compito è vedere e raccontare. Anche dando fastidio, nel caso.  
Perché “dove la stampa è libera e tutti sanno leggere, non ci sono pericoli”. (Thomas Jefferson).