Quello che la piazza ha mandato a dire a Zingaretti

La grande manifestazione di Cgil - Cisl e Uil sabato ha inviato segnali chiari. Al Governo ma anche a Nicola Zingaretti. Che farebbe bene a prenderne nota.

Di fronte alla manifestazione organizzata da Cgil – Cisl – Uil sabato mattina a Roma il Governo gialloverde non ha mosso un capello. Invece ci sono alcuni elementi che sarebbe meglio non sottovalutare. E dei quali Nicola Zingaretti dovrebbe prendere nota.

Il primo. Quella di sabato è stata la manifestazione sindacale più partecipata negli ultimi decenni, tra le tantissime che affollano e soffocano Roma. Il Segretario Cgil Maurizio Landini non ha voluto azzardare cifre, sfidando il Governo a «venirci a contare»: ma le stime parlano di duecentomila persone.

Una parte di quelle persone – altro elemento – è un pezzo del popolo che ha lasciato le urne, deluso da un centrosinistra inefficace. E che oltre a non andare ai seggi non andava più nemmeno in piazza. La presenza di quel pezzo di elettorato sabato mattina significa che l’Aventino potrebbe essere terminato. Perché viene percepito come più allarmante l’insieme di razzismo, odio, incompetenza a cui stiamo assistendo e non l’inefficacia e l’inutile parlarsi addosso del centrosinistra.

In mezzo a quella massa di cittadini c’era anche una parte di quelli che hanno votato Movimento 5 Stelle, sperando di trovarci qualcosa di sinistra. Invece si sono ritrovati a governare con l’esecutivo più reazionario dai tempi di Tambroni.

C’erano soprattutto romani, stanchi di vivere in una specie di bidonville piena di rifiuti: frutto delle teorie ecologiche grilline, fantastiche sulla carta ma non applicabili ad una metropoli come Roma che non ha infrastrutture e non ha il tempo di aspettare che la differenziata abbatta le tonnellate prodotte. Non è un caso che proprio nelle stesse ore della manifestazione si sia dimessa l’assessore comunale grillino Pinuccia Montanari, la pasdaran dei rifiuti che litigava in continuazione con l’assessore di Zigaretti Mauro Buschini, per non realizzare i nuovi impianti e continuando a scaricare il problema su Colfelice, Roccasecca, San Vittore del Lazio.

E non è un caso che i primi a festeggiare l’addio dell’amica di Beppe Grillo siano stati proprio i consiglieri del M5S romano. Perché ora potranno mettere da parte i deliri utopisti e cominciare ad affrontare la realtà dell’immondizia di cui la Capitale trabocca.

In mezzo alla massa che sabato era in piazza ci sono anche piccoli e grandi imprenditori che hanno creduto nella Flat Tax ed invece si sono ritrovati il Reddito di Cittadinanza. Proprio quello che in Nord Europa stanno dismettendo perché non genera nuova occupazione. Hanno creduto nell’avvio delle grandi opere e invece stanno facendo i conti con lo stop ideologico ai cantieri. Si stanno confrontando con il crollo della produzione. E sanno che il peggio deve ancora venire perché il conto di tutto questo lo pagheremo nel 2020.

Il governo non è preoccupato. Non c’è da stupirsi. Ha profetizzato un 2019 straordinario ed un nuovo boom economico come negli anni Sessanta. Nicola Zingaretti dovrebbe prenderne nota. Perché è quello il mondo che lui sperava di scuotere e portare ai gazebo il 3 marzo quando si eleggerà il nuovo Segretario Nazionale Pd. Ora sa che quella massa potenzialmente c’è. E potrebbe andare a votarlo, senza aderire al Pd.

Ma un concetto deve essere chiaro: non c’è spazio per una nuova delusione.