Il Pil del Lazio torna in crescita dopo 5 anni: ma non basta

I dati rilevati da Eures ed Unione Province Italiane: torna in crescita il Pil del Lazio. Non accadeva da 5 anni. Migliora anche l'occupazione. Ma non basta. Secondi nel Lazio dopo la Lombardia

Il Pil del Lazio torna in crescita dopo 5 anni negativi, le esportazioni regionali sono in  aumento, c’è una crescita nel numero delle imprese e degli occupati. A rivelarlo è l’istituto di ricerche economiche e sociali Eures nel suo Rapporto sulle Province 2018 realizzato con l’Unione delle Province Italiane.

I numeri sono stati presentati oggi nella sede romana dell’Anci, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

 

Cresce la ricchezza prodotta

Il Rapporto fotografa una ripresa dell’economia laziale.

Il prodotto interno lordo del Lazio cresce dell’1,6% (variazione nominale), che nella realtà è un +1% (variazione in termini reali).

Un dato in linea con l’andamento nazionale. Che però è molto distante dell’incremento registrato nelle regioni capitali di Berlino (4,6%), Madrid (3,9%) e Amsterdam (3,2%).

In Italia solo la Lombardia ha fatto meglio del Lazio che risulta la seconda regione a livello nazionale per ammontare complessivo del Pil.

C’è un dato negativo da tenere in considerazione: in termini pro-capite, il Lazio scivola al sesto posto.

 

Migliora l’export

Cresce anche l’export regionale. La crescita registrata è del 17,2%, rispetto al 2016, raggiungendo 23 miliardi di euro.

A determinare la crescita è determinata soprattutto dalla provincia di Frosinone che, solo nell’ultimo anno, ha registrato un incremento del 42,7%, arrivando ad assorbire quasi un terzo del totale dell’export regionale.

Il settore Chimico-Farmaceutico conferma il suo ruolo centrale all’interno dell’economia regionale. Continua ad essere dei principali poli esportatori del Lazio, lungo l’asse Latina – Frosinone. Nello specifico, il comparto assorbe il 76,8% del totale dell’export della provincia di Latina ed il 47,8% di quella ciociara.

Una spinta fondamentale poi arriva dall’Automotive con lo stabilimento Fca Cassino Plant e le sue produzioni premium di Stelvio, Giulia e Giulietta. In termini dinamici è questo il settore con la crescita più consistente nell’ultimo anno: ha fatto registrare un +64,4%.

 

Ma non basta

Da sola, la crescita non basta. A dimostrarlo sono i saldi della bilancia commerciale. Pur migliorando, rimangono in negativo.

Il valore complessivo delle importazioni regionali fa registrare un incremento dell’8,6%. La conseguenza è che il saldo della bilancia commerciale regionale sale da -13,2 miliardi di euro ed arriva -12,6 miliardi di euro.

Registrano il segno positivo anche le imprese regionali. Nel 2017 le aziende registrate nel Lazio presentano infatti un incremento dell’1% sul 2016 e del 4,6%, rispetto al 2013.

La crescita più sostenuta è a Rieti ed a Roma: qui le imprese aumentano dell’1,5% e dell’1,2%. Ma mentre nell’area metropolitana questo dinamismo si accompagna ad un generale miglioramento del quadro, a Rieti sembra che il dato sia correlato ad una esigenza di ‘autoimpiego‘. Significa che non ci sono nuove assunzioni, non ci sono posti di laforo subordinati, ci si arrangia inventandosi un’occupazione.

Contribuiscono a questa crescita l’incremento dell’1,6% delle imprese femminili che raggiungono le 143.258 unità, arrivando a rappresentare il 22% delle imprese totali.

Ancora più alto l’aumento del numero delle imprese straniere registrate: sono salite a 77.125 unità. Oggi le attività aperte da cittadini stranieri sul territorio del Lazio rappresentano l’11,9% delle imprese totali nella regione.

L’industria resiste solo in provincia di Frosinone. Invece l’orientamento generale è verso il settore terziario.

Poca fiducia

Nonostante i segnali di ripresa registrati non è tornata nelle imprese una reale fiducia nel futuro. A dimostrarlo sono i prestiti erogati dagli istituti bancari che registrano infatti una contrazione dell’8,2%.

Positivo anche il dato sull’occupazione:  registra un +41.700 occupati rispetto al 2017 raggiungendo i quasi 2 milioni e 400 mila unità.

Si ferma l’emorragia degli occupati nei Servizi, nell’Industria e in Agricoltura, ma non nelle Costruzioni che nell’ultimo quinquennio 2013-2017 perde circa 22mila occupati