Riccardo, una delle quattro gioie

La vittoria di Riccardo Mastrangeli a Frosinone è stata una delle poche per il centrodestra nei ballottaggi. Nel Lazio il centrosinistra ha due volti: quello dei capoluoghi e quello delle altre città. Per i blocchi c'è da riflettere in vista dei prossimi appuntamenti del 2023

Riccardo Mastrangeli e la vittoria alle Comunali di Frosinone è una delle sole quattro gioie per il centrodestra un questo turno di ballottaggio. Le altre sono arrivate da Gorizia, Lucca e Sesto San Giovanni. Mentre il centrosinistra ha vinto in tutto il resto dello scacchiere, centrando vittorie dal forte valore simbolico come quella di Verona.

Lo scenario del Lazio impone al centrosinistra una riflessione. Il centrodestra ha confermato Frosinone, ha un piede nella coalizione che ha stravinto a Viterbo asfaltando la sinistra, ha liquidato già due settimane fa la pratica Rieti. Allo stesso tempo però recupera ben 5 dei 12 Comuni chiamati ieri al Ballottaggio. Come sintetizza il Segretario Regionale Dem Bruno Astorre. Che evidenzia il risultato di quindici giorni fa quando il Pd «si è confermato primo Partito a livello regionale. In tutte le dodici città sopra ai 15mila abitanti che andavano al voto in questa tornata noi cinque anni fa avevamo perso. Oggi invece abbiamo recuperato ed il Pd è al governo o in maggioranza in 5 di questi 12 Comuni».

Ne capoluoghi il centrosinistra ha pagato le divisioni: a Frosinone è mancata all’appello Azione che si è schierata con il centrodestra; sono mancati i Socialisti con i quali c’è un evidente problema e non da ora. Anche a Viterbo il campo non è stato del tutto largo. Nel resto del Lazio il quadro invece consente a Bruno Astorre di dire che «il campo largo, anzi larghissimo, come percorso è vincente se unito da idee e progetti comuni». Così come nel resto d’Italia il quadro consente ad Enrico Letta di poter dire che il Campo Largo funziona. E che i Progressisti sono vincenti quando escono dal loro recinto, si uniscono a quel Paese reale con il quale hanno perso il contatto. (Leggi qui: La vittoria di Mastrangeli e quella del centrodestra).

Il regolamento di conti nel centrodestra

Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Il centrodestra ora è chiamato ad un regolamento di conti interno. Non una sfida all’Ok Corral, non uno scontro al termine del quale ne resterà in piedi uno solo. Ma una regolata all’orchestra per decidere se suonare tutti la stessa musica oppure continuare ad andare ciascuno per conto proprio.

Perché è evidente che la sconfitta di Verona nasce dall’incapacità di FdI – Lega – Forza Italia di suonare lo stesso spartito nello stesso tempo e ciascuno per la sua parte. La conseguenza è che Verona passa ad un centrosinistra guidato da Damiano Tommasi che del centrosinistra non è una bandiera. Ma è la conferma della visione di Enrico Letta: il futuro del Pd sta nel suo allargamento e nella sua contaminazione con la società.

Il Ko di Verona può essere ascritto a Giorgia Meloni (il candidato sindaco Federico Sboarina è espressione sua, il mancato apparentamento con Tosi è stato una scelta strategica che non ha pagato). Mentre la sconfitta di Monza lascia il segno in Forza Itala dove Silvio Berlusconi s’è speso in prima persona: ha tenuto personalmente i comizi, gli ha portato in Serie A la squadra di calcio; l’umiliazione peggiore: ha vinto il candidato di un centrosinistra che all’inizio della partita nemmeno era considerato un outsider. Segnali peggiori arrivano per la Lega a trazione Salvini: a Nord sono stati chiamati al voto ben otto capoluoghi di provincia, il Carroccio ha vinto solo in uno.

Non è una questione di unità

Damiano Tommasi

Non è una questione di unità: ma di uomini e di progetti. Tanto è valido sia per il centrodestra che per il centrosinistra. Nella sfida di Frosinone l’assenza dei Socialisti ha pesato circa 6 punti, quella di Azione un altro paio: con ogni probabilità al ballottaggio non sarebbero serviti per ribaltare il risultato ma è il segnale politico a dover fare riflettere. Così come l’ordine di scuderia che ha imposto di gettare alle ortiche un anno di lavoro sul nome di Mauro Vicano candidato sindaco, per tenere dentro un Movimento 5 Stelle che al netto del simbolo ha portato uno striminzito 1%.

Altrettanto si può dire di un centrodestra capace di farsi del male a Verona, non riuscendo a trovare una sintesi. Ed andando alle urne con FdI e Lega su Sboarina e Forza Italia su Tosi. Ma la vera assenza a Verona come nelle altre città non è l’unità ma il progetto. Questo centrodestra proietta di sé un’immagine litigiosa, divisa, dove è in atto una corsa in cui l’unica cosa che conta è accaparrarsi la leadership.

Non a caso in queste ore la colpa delle sconfitte da Alessandria a Parma, da Piacenza a Catanzaro viene scaricata su Fratelli d’Italia. Accusata di avere pensato innanzitutto a pesarsi ed a marcare le distanze da Lega e Forza Italia. Un ragionamento che da Via Bellerio fanno in particolare per il Ko di Verona.

Lo snodo della Sicilia

Nello Musumeci. Foto © Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Ora si riparte. Non dal Lazio che è una delle sfide chiave del 2023. Ma dalla Sicilia che è nodo strategico.

Se ci sarà l’accordo sulla ricandidatura del governatore Nello Musumeci (voluta con forza da Fratelli d’Italia che si è impuntata) allora nel Lazio il candidato governatore sarà con ogni probabilità il coordinatore regionale Claudio Fazzone. Perché alla Lega andrà la candidatura in Lombardia. Ma se in Sicilia dovesse andare diversamente, con ogni probabilità Claudio Fazzone potrebbe porre ugualmente la questione del suo nome.

Ed a quel punto si riproporrebbe la proiezione di un film politico già visto. Da appena poche ore.