Rigore, umanità, futuro nella moderna Corte dei Conti

La relazione del presidente Tommaso Miele. Il solco con i temi sollevati negli anni passati. E l'ideale prosecuzione. Il ruolo umano: di chi viene giudicato ma anche di chi giudica. E l'importanza della famiglia

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Lo scorso venerdì 23 febbraio si è tenuta, come consuetudine, l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario della Corte dei Conti. Ogni anno è l’occasione per fare il punto sullo stato della giustizia contabile e momento di riflessione sempre attento e profondo.

La relazione di quest’anno è stata affidata come sempre alla penna giuridica e letteraria del presidente Tommaso Miele: conterraneo di queste pagine e tra i massimi esponenti della giurisprudenza contemporanea. Non ha mancato neanche quest’anno di riservarci una relazione molto tecnica, ma anche intrisa di quella alta capacità di analisi nel confronto fra la giustizia e il rapporto con la società attuale. Con la propria evoluzione legislativa, ma anche sociale e quest’anno aggiungerei tecnologica.

Giustizia e umanità

Tommaso Miele (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Analizzammo negli anni scorsi molti passaggi delle relazioni inaugurali dell’anno giudiziario. Ne apprezzammo in maniera assoluta l’innovativo schema di lettura che vedeva non solo al centro la giustizia e l’applicazione della legge ma anche la figura dell’imputato. Una analisi che con saggezza analizzava la questione Giustizia da tutti i punti di vista non solo strettamente quello di chi giudica. (Leggi qui: Anno Dòmini, nuovi domìni, stessi valori… al sapore di Miele).

Una impostazione che colpì tutti, nel mondo giuridico e non, per l’ampiezza del respiro nella formulazione oseremo dire di filosofia del diritto. Una rivoluzione copernicana. E a buona ragione la relazione di quest’anno può essere considerata la naturale continuazione di quelle passate. Concatenata alle precedenti a dimostrazione della ottima applicazione delle scelte fatte a tutela sia delle ragioni del controllo ma anche di quelle della difesa.

Ma pur essendo uno straordinario elenco di successi amministrativi, di innovazioni giurisprudenziali, non ha mancato pure quest’anno di regalare spunti di profonda riflessione su alcuni temi. Tra quelli più illuminanti ci sono i temi sul rapporto della responsabilità alla luce dei recenti interventi legislativi che tendono ad alleggerire alcuni profili, la grande sfida della gestione e del controllo nell’epoca del PNRR. Il più affascinante: il rapporto della Giustizia con le nuove tecnologie in particolare con l’arrivo dell’intelligenza artificiale.

Giudici prima delle leggi

(Foto via Imagoeconomica)

Un argomento in continuo divenire che, con molta sensibilità, si affronta in ogni ambito della società. Una analisi profonda, persino anticipatoria dei grandi temi che verranno, con una visione a lungo termine.

Dunque una relazione che coglie i successi dell’attualità ma che fa capire che all’orizzonte ci sono nuove sfide, perfettamente al passo con la contemporaneità, forse anche in anticipo rispetto a molti. «Vi furono giudici prima che esistessero leggi», affermava Portalis, uno dei padri del codice civile francese del 1804. Ecco la sensazione che in questo caso la visione moderna attuale ma a lungo termine espressa da questa relazione ci fa capire che i giudici ci sono. E che le leggi verranno sul solco di una giustizia che è pronta a svolgere il proprio ruolo.

Il richiamo alla Costituzione

(Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Non è certamente un caso infatti che il primo fortissimo richiamo della relazione sia alla Costituzione Italiana. E si ricorda che attraverso la duplicità delle funzioni giurisdizionali e di controllo, la Costituzione negli artt. 100 e 103 affida infatti alla Corte dei Conti un ruolo centrale nel sistema generale di controllo della spesa pubblica. Da qui il ruolo di garanzia assoluta che la Costituzione assegna direttamente alla Corte a tutela della legalità e del buon andamento della pubblica amministrazione.

E subito al prima annotazione si entra sui temi importanti come il PNRR che sta consentendo il trasferimento dall’Unione Europea verso l’Italia di ingenti risorse finanziarie. Una gestione delicata e complicata dove le funzioni della Corte assumono un particolare rilievo.

Una responsabilità che il presidente Miele ha ben chiara e scrive: “vogliamo essere garanti di quei valori che, attraverso quel ruolo e quelle funzioni, la stessa Carta costituzionale intende assicurare e garantire a tutti i cittadini.” Insomma la corte e i suoi rappresentanti sono pronti alla sfida che la Costituzione gli assegna. Una affermazione densa di coraggio che nelle frasi successive fa capire che il ruolo della magistratura contabile non è solo analitico ma coraggiosamente propositivo di analisi e ove è necessario di costruttiva critica e suggerimento.

Nessuna sacca di impunità

Foto © Stefano Strani

Molto chiaro è l’inciso successivo: “Per questo non si può assolutamente abbassare la guardia nel controllo della corretta gestione delle risorse pubbliche. Né si possono creare sacche di impunità per chi è chiamato a gestire le risorse pubbliche alimentate con il sacrificio dei cittadini. Il ruolo e le funzioni della Corte dei conti, piuttosto che essere indeboliti, devono essere salvaguardati e valorizzati. Né può invocarsi l’efficienza dell’amministrazione e il rilancio dell’economia del Paese per introdurre sacche di impunità e una vera e propria irresponsabilità di quanti sono chiamati a gestire risorse pubbliche.”

Come a dire con una certa chiarezza e decisione che lo snellimento dei processi amministrativi non potrà mai coincidere con un abbassamento della guardia nei controlli. Un’indicazione chiara per i legislatori: dipende da loro saperla cogliere.

Ma come ci ha sempre abituato, il presidente Tommaso Miele non dimentica di ricordare che il giudice per la Costituzione è anche custode ed interprete dei valori e delle garanzie nella Carta contenuti. E li cita a buona memoria di tutti: a cominciare dai diritti inviolabili, dalla eguaglianza di tutti i cittadini, al diritto di difesa, al principio di stretta legalità. Fino al diritto di non colpevolezza, al diritto alla tutela giurisdizionale, al diritto alla legalità, alla imparzialità. Ed al buon andamento della pubblica amministrazione.

Diritti e umanità

(Foto: Bruno Weltmann © DepositPhotos)

Anche in questa relazione, il presidente Miele ha la capacità di affermare con forza determinati cardini giuridici ma senza mai dimenticare l’umanità ed i valori contenuti in essi.

E il promemoria che questi vengano direttamente dalla Costituzione è un monito che vale per ogni cittadino della Repubblica indipendentemente dal ruolo che svolge. Come un concetto giuridico e sociale unificante degno come respiro dei grandi scritti che hanno fondato la Repubblica Italiana.

E infatti non tarda a ricordarlo proseguendo così nella relazione: “Quei valori e quei diritti che sono costati tanti sacrifici e tanto sangue, che rispecchiano la nostra storia e le nostre radici. E che, come uomini e come magistrati, dobbiamo avere la consapevolezza e la responsabilità  di trasmettere ai nostri figli. Convinti che le libertà, i diritti civili, le garanzie sono come l’aria: si apprezzano quando mancano; quando ne godiamo non ci accorgiamo di averli e diamo per scontato che essi ci vengano riconosciuti.

C’è un forte richiamo al puro spirito costituzionale inteso nel suo più profondo valore snel passaggio in cui si evidenzia che “Per questo i cittadini e ancor più gli amministratori e i dipendenti pubblici che, loro malgrado, incappano in giudizi innanzi alla Corte dei Conti devono sapere che siamo pienamente consapevoli di quanto sia delicato l’esercizio della funzione giurisdizionale, considerata la sofferenza che di per sé comporta l’essere sottoposti ad un giudizio di responsabilità”.

I tempi ora soddisfacenti

Il concetto centrale: Siamo perfettamente consapevoli di quanto delicato sia l’esercizio della funzione giurisdizionale. È questo il legame di continuità con le relazioni precedenti e che vede in questa la realizzazione di molti degli impegni che nel passato erano stati annunciati.

Vogliamo come esempio citare un argomento per tutti: i tempi della giustizia. Scrive il presidente: “Sotto tale profilo, i tempi di definizione dei giudizi possono calcolarsi in una media di circa diciotto mesi fra la data di deposito dell’atto introduttivo del giudizio nella Segreteria della Sezione e quella di deposito della sentenza. Durata da ritenersi soddisfacente e sicuramente compatibile con il principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 della Costituzione.” Dunque tempi certi per i giudizi a garanzia degli imputati e la citazione non è di certo casuale ma nello stretto solco di quanto indica la costituzione.

Ma non basta il Presidente Miele non si ferma. Pur constatando risultati lusinghieri non abbandona neanche sotto questo tema il filo conduttore costituzionale della tutela. Ed assicura: “Alla riduzione della durata dei giudizi sarà  dedicato ogni nostro ulteriore sforzo, consapevoli del fatto che già  l’essere sottoposti ad un giudizio di responsabilità  rappresenta per il cittadino quasi una pena anticipata ed accessoria rispetto a quella che potrebbe poi essere irrogata all’esito del giudizio stesso”. 

Effetto di deterrenza

Tommaso Miele (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

La trappola dei tempi rischia di essere micidiale. per tutti. Per gli amministratori sottoposti a giudizio e per la credibilità del sistema. “Una giustizia lenta non solo aggrava la pena di chi è sottoposto ad un giudizio, ma perde anche l’effetto di deterrenza o di indirizzo correttivo e maieutico per la corretta ed efficace gestione delle pubbliche risorse che generalmente la giurisprudenza dispiega su chi è chiamato ad amministrare e a gestire pubbliche risorse”.

Dunque non bastano i successi attuali ma gli obiettivi sono più ambiziosi sempre nel solco della costituzione e di una grande necessità di visione ed organizzativa. Ma è indispensabile rimarcare quella nota di attenzione “sull’effetto di deterrenza e di indirizzo correttivo e maieutico che in sé dice tutto della profonda capacità di governo intrisa dei dettami costituzionali. Una giustizia giusta, rispettosa, rapida, ha maggiore funzione sociale e correttiva. Dunque la buona amministrazione giudiziaria diventa in sé anche un valore giuridico.

Fattore digitale

(Foto: Andrea Panegorossi © Imagoeconomica)

Poi qualche curiosità numerica: il numero dei conti giudiziali definiti sale da 1600 a 1799 crescendo di un buon 12% mentre i nuovi conti giudiziali depositati sono 3142 in media con gli anni precedenti. Non cito i numeri per puro diletto tassonomico, bensì per introdurre un argomento a loro correlato che sarà, a mio avviso, il dibattito più importante della giurisprudenza nei prossimi anni. Il rapporto cioè con la tecnologia ed in particolare con la recentissima intelligenza artificiale.

Il presidente Miele non tralascia neanche questo argomento direi con una straordinaria e modernissima capacità di intuire le problematiche dell’immediato futuro. Scrive infatti “ in merito alla digitalizzazione della contabilità  pubblica e la rilevante evoluzione in corso degli strumenti informatici di analisi (data analytics, sistemi di machine learning e intelligenza artificiale) richiedono, a livello giurisprudenziale, l’avvio di una profonda riflessione, in chiave prospettica, sulle ricadute che si determineranno anche in materia di conti giudiziali, a partire dalla necessità  di una nuova perimetrazione della nozione di “maneggio” rilevante, indirizzando il controllo ancor di più sulla legittimità  della gestione e sul momento della decisione e della programmazione, piuttosto che limitare l’analisi al dato meramente esecutivo e strettamente computistico.”

Dunque una visione chiarissima di dove si dovrà incentrare l’analisi dei prossimi anni in relazione alle nuove tecnologie ma non solo ai mutamenti che queste inducono anche nei comportamenti e nelle fattispecie giuridiche.

La rivoluzione è in atto

E continua inoltre: “Merita, altresì, evidenziare che, anche nella materia dei conti giudiziali, il legislatore ha profilato le moderne tecnologie come ordinarie modalità ai fini dell’inserimento, della consultazione, della elaborazione e in generale della gestione dei dati contabili. Non solo il “conto” sarà dematerializzato (in prospettiva, compilato o formato direttamente in “digitale”), ma anche i correlati atti e documenti giustificativi, nonché le attività istruttorie o processuali.”

E cita i già ottimi risultati ottenuti con il Sireco (sistema informativo per la resa elettronica dei conti) ed  il DAeD “Deposito Atti e Documenti” completamente digitalizzato.

Dunque una Corte moderna ed al passo con i tempi non solo nelle pratiche organizzative ma anche nella capacità di anticipare il futuro ed i suoi repentini cambiamenti. Modernità ed efficienza.

Sotto la toga c ‘è un uomo

Il Presidente Aggiunto della Corte dei Conti Tommaso Miele (Foto: Andrea Panegorossi © Imagoeconomica)

Ma a questa modernità ed efficienza nelle conclusioni fa da meraviglioso contraltare nelle conclusioni il richiamo alla propria famiglia che diventa di per sé un memento del valore della famiglia stessa. Raro di questi tempi ma molto apprezzato e profondo. E in finale l’auspicio che tutto il paese attraversi e superi il momento di crisi.

Scrive il presidente Miele: “Voglio ancora ringraziare la mia famiglia, mia moglie, i miei figli e le loro ragazze, il cui pensiero mi sostiene quotidianamente. E che con il loro amore mi hanno insegnato a non confondere mai, nella vita, il mezzo con il fine”. 

Voglio chiudere con l’auspicio che il nostro Paese possa presto superare la grave crisi economica e sociale, la crisi energetica, le difficoltà economiche delle famiglie e delle imprese. E possano tornare ad affermarsi la crescita economica, il benessere sociale, la speranza, la fiducia e la serenità.

San Tommaso D’Aquino, di cui credo non casualmente il Presidente Miele è omonimo e illustrissimo conterraneo scriveva: “La Giustizia è una certa rettitudine mentale dove un uomo fa ciò che dovrebbe fare affrontando le circostanze.” Per poi chiosare “Il giudice è l’interprete della Giustizia.

Forze è proprio questa la lezione più importante che ci lascia la relazione del presidente Tommaso Miele: non confondere mai, nella vita, il mezzo con il fine.