Salario minimo e confronto minimal, tanto per dire “io c’ero”

A chiudere la giornata ci pensa Calenda con una dichiarazione delle 19.30. prima di lui le opposizioni sono state concordi sul raccogliere le firme sul reddito Minimo. Ma puntualmente divise sul dove: il Pd alla Festa dell'Unità, il M5S on line, gli altri sulla spiaggia. In precedenza, due ore a Palazzo Chigi tra Meloni e le opposizioni senza Renzi per non arrivare a nulla, se non al compiacimento di esserci stati

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

L’ultimo a parlare, poco dopo le 19:30 di sabato sera è stato il leader di Azione Carlo Calenda. Su Twitter scrive: “Sento Salvini dire che il salario non si impone per legge. Per legge si tassano i margini delle imprese, causando ricadute su correntisti e investitori, si blocca la concorrenza nel settore aereo, si salvaguardano le rendite di posizione di tassisti e balneari. Però per legge non si può“. È la dichiarazione che chiude una giornata intensa e piena di fuffa spacciata per prese di posizione.

Soprattutto dell’opposizione: annuncia la raccolta di firme a sostegno della norma sul salario minimo a 9 euro l’ora. Ma ognuno per proprio conto. Così c’è chi annuncia di farlo alla Festa dell’Unità e chi dal web e chi ancora dalla spiaggia.

L’ora delle firme

Elly Schlein (Foto: Andrea Calandra © Imagoeconomica)

Il Partito Democratico in giornata ha annunciato l’allestimento di banchetti per raccogliere firme in favore della proposta di legge sul salario a 9 euro l’ora in tutte le feste dell’Unità. Solo in Emilia Romagna sono oltre cento. La speranza è di arrivare a quota un milione. Invece il Movimento 5 Stelle punta sui più comodi click da tastiera e sui 150 gruppi territoriali attivi in Italia. La partita non si chiuderà ad agosto. per questo il co-portavoce di Alleanza Verde Angelo Bonelli propone di allestire banchetti anche nelle città e sulle spiagge.

Mentre Riccardo Magi di +Europa sottolinea come per un tema così delicato e fondamentale la “strada maestra” resti comunque quella del Parlamento. Una posizione simile a quella del fondatore di Italia Viva Matteo Renzi che, dopo aver disertato l’incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni affida ad Instagram il suo disappunto per il coinvolgimento del Cnel (che continua a definire un “ente inutile che va abolito”).

Mantiene il punto anche la premier Giorgia Meloni. In una lettera al Corriere della Sera rivendica la scelta di coinvolgere il Cnel ed assicura di voler lavorare a una “proposta unitaria” da mettere in campo già con la legge di Bilancio.

Detassiamo gli straordinari

Carlo Calenda (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il leader di Azione Carlo Calenda ribadisce di essere soddisfatto per come sono andate le cose. Da FdI il capogruppo alla Camera Tommaso Foti sottolinea come il rinvio dell’esame della proposta di legge a Montecitorio serva proprio per arrivare ad una “soluzione unitaria”. Un distinguo si registra nella posizione del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri che propone “la detassazione degli straordinari, delle tredicesime e la prosecuzione della politica del taglio del cuneo fiscale“.

Intanto l’Usb (Unione sindacale di base) acquista la pagina di un quotidiano per avanzare una controproposta: aumentare il salario minimo a 10 euro l’ora. Confcommercio plaude al coinvolgimento del Cnel e all’idea di rafforzare una contrattazione collettiva da far valere erga omnes che sia “realmente rappresentativa”.

Una soluzione contro i salari troppo bassi la propongono anche Radicali italiani che lanciano una raccolta firme per portare in Parlamento una proposta per il reddito minimo di inserimento che preveda anche un progetto d’inclusione personalizzato.

Cosa sta succedendo

Palazzo Chigi

Come quando alla fine di una rissa ognuno arretra dopo aver smanacciato un mezzo scapaccione da sopra le spalle dell’ultimo del cerchio delle botte vere. E raggiungendo in corsetta atletica gli astanti dice compiaciuto che “se non mi fermavano facevo un macello”. Ci sono posti dove è giusto starci più di quanto non sia giusto contare e fare risultato. E Palazzo Chigi in questo week end è stato uno di quei posti.

Posti strani in cui mettere in vetrina le buone, anzi, ottime intenzioni e tornare da chi ti ha delegato alla battaglia col piglio diligente di chi ha portato la mission a termine. Non è difficile pensare perciò che il governo di Giorgia Meloni possa tranquillamente ipotecare la fine naturale del suo mandato con delle opposizioni così. La riprova? Bastano i dialoghi, anzi, le parole.

Quelle parole vuote che non dicono nulla, motti da piccolo leader di borgata che ad altro non hanno saputo aggrapparsi se non al mantra cretino de “li abbiamo messi all’angolo”.

Ma quale angolo? Quello grazie al quale oggi c’è una premier che può fregiarsi in doppia cifra? Esatto, quella di contrabbandarsi per quella che alla fine è: una persona che non rifugge il confronto con le minoranze sui temi cruciali. E poi quella di aver fatto brodo di cippa delle istanze delle opposizioni per portare il salario minimo a 9 euro con un legiferato ad hoc.

Cosa c’è da essere (poco) soddisfatti: l’analisi

Cosa avranno di che essere soddisfatti Schlein, Conte, Fratoianni, Calenda e tutto il cucuzzaro lo sanno davvero solo loro. A mettere insieme il rosario dei moventi sulla scorta dei quali gonfiare il torace non se ne trova uno solo di polpa, è tutta roba di scorza. Cosa dovrebbe dare soddisfazione: che ci hanno provato? Che il summit col Governo ha dimostrato che quando le opposizioni fanno massa critica i pannoloni sull’altro lato del fiume si sprecano? Che va dato atto alle stesse di essere riuscite a portare la maggioranza sul loro terreno di dialogo e buuuuh che paura che vi abbiamo fatto?

In una gara ipotetica di grinta stanno motivando i loro elettori come uno con una gamba sola ad una gara di calci. Con moderazione ma sono colmi di soddisfazione. E lo sono a fronte di un nulla di fatto nel vertice più importante dell’intero mandato governativo. Quello cioè tra esecutivo di destra-centro e opposizioni di centro-fate vobis sul salario minimo.

Due ore di nulla assoluto, e pre-balneare

Due ore di nulla assoluto, di vuoto pneumatico con gargarismi dialettici agghiaccianti a Palazzo Chigi. E tutto per arrivare ad un mesto “palla al centro” che sa tanto di “era meglio non giocare proprio” e che per l’ennesima volta fa sogghignare Matteo Renzi che al vertice non ci è andato. E qual è stato il mantra, la vernice con cui un floppone è stato truccato da mezzo successo? Quella frase cretinissima che molti media hanno ripreso. Una frase così banalmente inutile che pure i blogger di “guardiamo i koala che copulano” ci fanno la figura della redazione del Post: “Ma ora la via del dialogo è aperta”.

Manca un “almeno” in preambolo e la sagra del cerotto color carne che non si vede è compiuta. Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, Giovanbattista Fazzolari, Antonio Tajani, Maria Elvira Calderone e il partecipante da remoto Matteo Salvini hanno praticamente fatto una scampagnata concettuale sulle loro posizioni. Ed hanno spiegato che la posizione del Governo è una, cioè no al salario minimo. Ma che ci sono altre opzioni su cui è giusto convergere. Ed hanno dato un timing a chi a Palazzo Chigi ci era arrivato belluino a dare ultimatum pena l’inferno sociale. 60 giorni e “s’abbracciamo” da Brunetta.

Il tema che sta a cuore a Giorgia Meloni

Foto: Vincenzo Livieri / Imagoeconomica

Partiamo da Meloni: ”Questo dei salari è un tema che mi sta a cuore. Siamo aperti al confronto sul lavoro povero e i salari adeguati. Io sono stata all’opposizione e so cosa vuol dire”. E poi, tra miele e fiele: “Abbiamo incontrato le opposizioni per dare ‘un segnale di rispetto e attenzione. Insomma, il fatto che la premier si sia filata quei “peones” dovrebbe essere già di per sé privilegio assoluto.

E c’è già la disponibilità “del Cnel e del suo presidente per capire se c’è un margine per condividere tra le forze politiche e con le parti sociali soluzioni che possono essere efficaci”. Per cosa? “Per favorire il lavoro, il lavoro giusto e pagato adeguatamente, come questo governo ha dimostrato”.

Meno male che le parole di Elly Schlein hanno rimesso subito tutto a fuoco, tutto a terra, anzi, tutto sotto terra. “Innanzitutto possiamo dire che la battaglia fatta dalle opposizioni unite sul tema del lavoro povero ha prodotto un fatto politico. Embè, se allora c’è stata la partenogenesi di un fatto politico vuoi mettere?La battaglia ha fermato la maggioranza che voleva inizialmente votare un emendamento soppressivo su questa proposta, ovvero questo incontro di oggi”.

Elly Schlein (Foto: Fred Marvaux © Eu Press Service)

Sì, generalessa nostra che nel pacco ci hai infilato anche il caso De Angelis e i ristori, li abbiamo fermati. Li abbiamo fermati ad Alamo solo che adesso siamo tutti morti ma di noi si dirà che li abbiamo fermati. E nessuno più parlerà dei messicani di Santa Ana che ce lo hanno fatto come un secchio, perché la Storia è per quelli che “hanno fermato qualcosa”. Ma che non l’hanno cambiata.

Il “risultato importante” del pugnace Conte

Per fortuna Giuseppe Conte, che rispetto all’omologa dem è sempre stato più pugnace, ha rimesso a squadra la faccenda. Squadra da maglio di fabbro sulle ginocchia eh? “Siamo venuti con spirito costruttivo a incontrare il governo, siamo riusciti a far convergere tutte le opposizioni su una proposta unitaria, per noi questo è un risultato importante”. Già, presidente Conte, per voi in quanto appaltatori di una battaglia, ma non per le truppe che si aspettavano una vittoria.

E ancora, come i ragazzini che hanno spinto il bullo a scendere in cortile prima di farsi suonare come le zampogne. “La presidente Meloni aveva chiesto questo confronto, noi ci siamo solo che oggi non c’è stata nessuna controproposta. Almeno un po’ di pimento terminale, via.

Nicola Fratoianni veniva a Roma da Brindisi come Meloni, e da quanto ha dichiarato l’impressione è che abbiano fatto tragitto insieme e che abbiano parlato dei bulbi delle begonie. “Giorgia Meloni ci ha detto che il tema è importante, che il Governo vuole confrontarsi con le opposizioni sulla materia complessiva, naturalmente”. Il soave segretario di Sinistra Italiana e deputato di Avs ha informato la stampa quindi che Meloni li ha gratificati del riconoscimento dell’importanza del tema.

Fratoianni e Calenda: l’acqua tiepidissima

Foto: Michael Gaida © Pixabay

Come quando passa Tananai al centro commerciale e nel cercare il luogo di decenza incrocia il tuo sguardo. E tu urli “mi ha visto, ha guardato proprio me, mi ha vistoooo!!!”. E poi: “Noi siamo disponibili al confronto anzi consideriamo questa disponibilità della presidente del Consiglio un primo risultato dell’iniziativa convergente delle opposizioni, un successo”.

E Carlo Calenda? Poteva mancare la diagnosi della Zigulì per chi ha il colera? Per lui si è trattato di unprimo passo nella giusta direzione. Tutti sono disponibili ad andare avanti, sulle proprie posizioni, con un dialogo complessivo”.

Tutti felici, tutti a casa, anzi, tutti al mare. Felici perché c’erano, contenti perché hanno contato, pugnaci perché hanno pugnato. E perché hanno tenuto fede due volte all’etimo della parola “pugna”, poco in positivo e tanto in diminutivo. Buio. Sipario. Buon salario minimal a tutti.