I nodi nel pettine di Sordo

Senza giri di parole. Francesco Sordo replica a chi lo aveva accusato di gestione personalistica del Pd. Con una lettera aperta fissa 5 punti politici. E mette in chiaro: "io a questo gioco che massacra il Pd non ci sto".

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Alla fine i nodi arrivano al pettine. E quando succede, i capelli (e non solo quelli) fanno male. Perché gli scricchiolii puoi anche fare finta che non ci siano. Ma poi, se non metti riparo, la casa crolla. La testa con annessi problemi tricologici è quella del Pd di Anagni dove da mesi si intrecciano nodi. E dove ora si passa il pettine.

I nodi dal Congresso

Sordo e Manunza si stringono la mano dopo il congresso Pd

Un Partito diviso tra una maggioranza guidata da Francesco Sordo ed un’area minoritaria che ha come massima espressione Angela Manunza. I rapporti di forza li ha decretati il Congresso celebrato nello scorso dicembre.

Dopo mesi di spifferi, Angela Manunza qualche giorno fa si era tolta diversi sassolini dalle scarpe sulla gestione del Partito. Parlando di un Pd anagnino in cui decidono tutto il Segretario ed il suo cerchio magico. Arrivando ad ipotizzare  una sorta di direttivo parallelo. Parole che avevano fatto discutere. Una specialità in casa Pd; un Partito in cui se non ci si scanna non si è contenti. (Leggi qui: Acque agitate nel Pd «ignorati ed accantonati»).

La novità sta nella replica insolitamente articolata del Segretario. Che fino ad ora aveva scelto la strada di Giobbe (nel senso della pazienza). Ma che alla fine ha deciso di replicare. Lo ha fatto con una lettera aperta nella quale ha messo giù qualche punto fermo (almeno per lui).

La lettera di Sordo

Francesco Sordo ed il Segretario provinciale Pd Luca Fantini

Il primo punto fermo: “Al Congresso non ha vinto una linea pro-Cardinali oppure pro-Santovincenzo. Al Congresso ha vinto una linea che vuole rendere di nuovo protagonista il Partito Democratico nella sua interezza e senza mettere a rischio mai più la sua unità“.Traduzione. Inutile continuare a menarla con gli elenchi di chi è più bravo e più puro. Guardiamo avanti. Collaboriamo. Il nemico (meglio, l’avversario) è la maggioranza di destra che attualmente governa Anagni.    

Secondo punto fermo: il rapporto con Luca Santovincenzo. “Luca Santovincenzo è stato sostenuto dal Pd” ed “ho parlato con il consigliere comunale prima del Congresso e dopo il Congresso” per “capire quale rapporto ricostruire“. Ma “una volta eletto Segretario non ho trovato un tavolo politico delle liste avviato, né un tavolo amministrativo, né una collaborazione proficua“. Traduzione. Alle elezioni siamo stati leali ed abbiamo votato Santovincenzo. Certo, se il Consigliere voleva un dialogo con noi, mentre ci riorganizzavano ed eleggevamo i nostri nuovi organismi dirigenti avrebbe pure potuto iniziare ad apparecchiare il coordinamento delle liste d’opposizione. È un’evidenza che non lo abbia fatto.

C’è poi il terzo punto: l’ineguagliabile capacità Dem di farsi del male. Francesco Sordoi mette in evidenza che contro il Pd finora ci sono stati “post sui social, lettere agli iscritti, allusioni e critiche, talvolta anche personali, senza mai potersi sedere intorno ad un tavolo comune per ricostruire“. LiberAnagni di Luca Santovincenzo è certamente “un soggetto da coinvolgere in un ricostituendo tavolo del centrosinistra“. Il problema è che, “ogni volta che c’è un approccio per il dialogo, c’è immediatamente un motivo per allontanarsi“.

Non è ammesso dividere

Luca Santovincenzo

Insomma, c’è chi cerca di unire ed allo stesso tempo c’è chi cerca di dividere. Ed a questo aspetto è dedicato il quarto punto fermo nella lettera di Francesco Sordo. Va sconfitto chi “vuole dividere il Pd“; respingendo “ogni tentativo di “O.P.A. politica da parte di chiunque voglia un partito su misura o a propria immagine e somiglianza“. Un tentativo che può produrre solo due cose; “elettori in confusione e avversari in eccitazione“. Perché “mettere in discussione, un giorno sì e l’altro pure, una linea congressuale chiara e vincente, non danneggia il Segretario, ma il Partito. A meno che al Partito non ci si tenga affatto“. 

Il che non vuol dire che non si debba discutere. Il Pd non è una caserma. E questo porta al quinto punto: si discute ma non all’infinito, c’è un momento nel quale si deve fare “la sintesi finale e ci si unisce. Invece, nel Pd, sembra di percepire la presenza di chi ha solo voglia di “rimanere a coltivare il proprio orticello, di marcare sempre una distanza“. Con la convinzione di “essere dalla parte giusta“; e di “giudicare tutti solo ed esclusivamente con quel proprio personalissimo criterio“. Una vera e propria “dittatura della minoranza, altrettanto pericolosa come quella della maggioranza“. 

Anche qui traduciamo: inutile continuare a contarsi ed a dividersi. Sennò a brindar saranno sempre e solo il sindaco Daniele Natalia ed i suoi alleati di centrodestra.

Il caso Save Sardaro 

Vittorio Save Sardaro

Sordo è poi andato nel merito. Sulla nomina (criticata) di Vittorio Save Sardaro al coordinamento della commissione che dovrà occuparsi delle iniziative politiche con cui impegnare tutto il Partito sul tema della Sanità. (Leggi qui: Una fascia da ambasciatore per Save Sardaro).

Il Segretario fa notare che quella nomina era stata “portata in Direttivo proprio per non farla in solitaria. Ma in quella circostanza (salvo tuonare dopo) non c’era stata “né una critica, né una osservazione, né, peggio, un “augurio di buon lavoro” al neo nominato“. Sulla convergenza con Sinistra Italiana alla manifestazione del 25 aprile; pochi giorni prima era stata convocata una Segretaria proprio per parlarne; “ciascuno avrebbe potuto criticare, proporre, suggerire. Invece no, ci si fida di più di chi gioca a distruggere che di quello che facciamo e diciamo nei nostri organismi dirigenti. E io a questo gioco che massacra il Pd non ci sto“.

Insomma: la rinascita del Partito funziona solo se tutti hanno “il coraggio e la capacità di starci dentro, se vogliamo costruire un centrosinistra in grado di competere alle prossime elezioni“. Le critiche vanno bene, purchè “costruttive”. Per essere “all’altezza dei tempi e delle sfide“.

Insomma; il segretario del Pd di Anagni non la tocca affatto piano. E suggerisce di mettere alle spalle, una buona volta, la stagione dei veleni e dello scambio di accuse. Il punto non è chi ha (o aveva)  ragione o torto. Il punto è che c’è una sinistra da ricostruire. E pure in fretta.