Sansoni incendia il Pd, Sordo spegne le polemiche

È durata davvero poco la dichiarazione di unità e di collaborazione annunciata a gran voce alla fine del Congresso cittadino del Partito Democratico di Anagni. Eppure c'era stato tanto di foto collettiva, con strette di mano ed abbracci. La sensazione è che la sfida sia solo all’inizio.

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Senza unità, senza dialogo. Forse senza nemmeno un’ideologia comune: il che è il vero tema di riflessione. Continua a non esserci pace nel Partito Democratico di Anagni che appena sabato scorso ha celebrato il proprio Congresso cittadino, eleggendo (con 61 voti contro 28) Francesco Sordo come nuovo Segretario dopo una lunga fase di interregno.

Un esito previsto, alla fine di una campagna elettorale che aveva fatto registrare toni piuttosto duri e definizioni forse eccessive. Ma legittime: è la campagna elettorale, bellezza parafrasando il celebre Humprey Bogart. Alla fine si è arrivati alla conta e Sordo ha vinto. (leggi qui: Il Pd di Anagni torna nel solco dell’unità: nel nome di Sordo).

Qual è il problema?

Appena un minuto dopo

La foto dopo il Congresso

Il problema è che un minuto dopo, come nella migliore tradizione Dem, è (ri) partita la gara alla critica interna. Senza nemmeno un istante concesso al neo Segretario per capire da dove cominciare a lavorare.

Anche perché a lanciare queste critiche non è stato qualche destrorso infiltrato o (magari) qualche giornalista parziale e scorretto. A farsi sentire infatti è stata una voce di tutto rispetto; quella di Baldassarre Sansoni, storico esponente della sinistra cittadina, candidato a sindaco qualche anno fa in una bella ed appassionante campagna elettorale.

Sansoni infatti, in una sua nota, ha parlato di “problema di metodo nel procedimento di scelta della classe dirigente”; visto che durante la fase congressuale “i numerosi, ed in alcuni casi riguardevoli, interventi che si sono succeduti, più o meno tutti a favore della mozione Manunza, sono passati praticamente, inascoltati”. Colpa delle “truppe cammellate, con cammellieri, spesso,  frequentatori di dune avverse al Pd, scaricati dai soliti signori delle tessere”.

Una circostanza che “oltre alla confusione generata dal naturale vociare dei votanti” ha fatto sì che “l’interesse dell’auditorio si è tutto riversato su questa parte del consesso piuttosto che sull’ascolto del dibattito”.

Ripartire dalle idee

Baldassarre Sansoni

Insomma, un gran caos. Di fatto, secondo Sansoni,  quello che si è tenuto è stato un “dibattito farsa”. A questo punto, ha suggerito l’esponente del Pd “tanto vale che si vada solo a votare, eliminando la discussione che, così fatta, è solo una perdita di tempo”.

Sansoni ha concluso con un appello  “all’amico Sordo che ora guiderà, sono certo egregiamente, il circolo, a combattere contro questo vecchio vizio della politica e a ridare alle idee che ci accomunano l’importanza che meritano”.

Non esattamente un viatico di buon lavoro, diciamo.

Però c’eri pure tu

A cui il neo Segretario ha replicato cercando di non esasperare i toni (“cercherò di fare del mio meglio”); ma rivolgendo a Sansoni (e non solo) alcuni spunti di riflessione.

Manunza e Sordo

Quanto alla confusione denunciata “hai fatto parte – gli ha detto – del Direttorio che ha organizzato i lavori congressuali, bastava dedicare più tempo al dibattito e  non sovrapporlo con il voto”.

Quanto alla tensione delle ultime settimane, Sordo ha ricordato che “indubbiamente, anche i toni delle settimane precedenti non hanno aiutato. Quando si delegittima con toni apocalittici l’avversario, tu comprendi che è difficile avere ancora voglia di confrontarsi democraticamente”.  (Leggi qui: Poco fratelli e molto coltelli, riecco il solito Pd).

Sordo ha infine sottolineato un fatto positivo, su cui forse varrebbe la pena ripartire, al di là delle naturali e comprensibili polemiche post congressuali. I “tanti storici vecchi compagni recuperati alla causa. Sono gli stessi che uno a uno sono venuti al seggio mettendoci la faccia. Non sono “truppe” sono persone, magari umili e semplici, che a volte hanno più visione di noi dirigenti”.