Se le chiavi del mondo sono in mano ai bambini

La celebre frase del Vangelo dedicata ai bambini. Nasconde un significato molto più profondo. I figli non sono nostra proprietà. Anche quando li usiamo per proiettare su di loro i nostri desideri

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio  — Mc 10,14

Sono parole famosissime di Gesù che però ci consentono, a quasi 2000 anni dal momento in cui furono pronunciate, di capire un po’ di più sui bambini e sul regno dei cieli. Ed è importantissimo farlo: infatti, la considerazione culturale dei bambini è completamente cambiata rispetto al tempo di Gesù. 

Come spesso accadeva, quella frase risultò scandalosa per i suoi discepoli,  cioè per coloro che tentavano di seguire Gesù, scandalosa perché metteva in evidenza una categoria di persone, quella dei bambini, considerata assolutamente senza alcun valore.  Per questa ragione i discepoli cercano di allontanarli, erano soltanto un fastidio. 

Foto © Can Stock Photo / Photography33

Oggi, invece, i bambini hanno assunto un’importanza straordinaria anche per questioni di ordine demografico.  Al tempo di Gesù i bambini erano tantissimi, molti di loro morivano nei primi anni di vita, non erano considerati in alcun modo, fino addirittura allo ius necis per il Pater familias romano.  Egli non doveva rispondere a nessuno di eventuali maltrattamenti nell’educazione dei figli, arrivando anche alla giustificazione dell’uccisione dei figli nel momento in cui si fossero comportati in maniera difforme dalle indicazioni date dal padre. Erano proprietà dei genitori, anzi, del padre.

Per fortuna viviamo in un contesto molto diverso ma possiamo cogliere in quelle parole una provocazioneuna chiamata a cambiare i nostri atteggiamenti

I bambini non sono nostri

I bambini sembrano essere, oggi,  al centro della società ma, in realtà, sono ancora oggi vittime dello ius necis degli adulti.  Quando  li vediamo non curati nella loro educazione, perché le scuole funzionano male o gli edifici sono fatiscenti, quando sono  maltrattati nel loro sviluppo fisico,  in alcune regioni della terra ridotti a schiavi della produzione,  in altre addirittura trasformati in macchine da guerra intrisi dal  clima di violenza. Ma anche quando li consideriamo una proiezione dei nostri desideri, anche in quel caso, sono una nostra proprietà.

I bambini continuano a non contare niente pur in mezzo a tante dichiarazioni altisonanti. Ecco la valenza contemporanea dell’espressione di Gesù. L’evangelista Marco lo specifica, precisando che a chi è come i bambini appartiene il regno dei cieli.  E i bambini non contano niente, secondo i nostri parametri: non sono potenti, ricchi, liberi, autonomi, sapienti. Dunque il regno dei cieli, il luogo in cui saremo compiutamente uomini, ci apparterrà quando saremo capaci di  rinunciare alla nostra superbia, al nostro crederci onnipotenti, al nostro metterci al posto di Dio.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).