Il sondaggio di Codici? Per qualcuno è una “bufala”

GIULIA ABBRUZZESE per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

Un sondaggio sulla qualità del servizio idrico che, se da una parte tiene accesi i riflettori sul braccio di ferro tra sindaci e Acea, dall’altra fa capire che la vicenda acqua non è mai limpida fino in fondo. L’iniziativa, seppur lodevole, non è rispondente a criteri statistici. (leggi qui il precedente ed i risultati su Alessioporcu.it)

Barricate, numeri e proclami non faranno risparmiare un euro. Anzi, il rischio che si corre è una nuova sonora stangata. La cui unica colpa va attribuita al quel fare pilatesco con il quale i sindaci affrontano la questione. A rendere noti i risultati del questionario, nel corso di una conferenza stampa della Rete Consumatori Lazio a Frosinone, sono stati Luigi Gabriele, responsabile Affari Istituzionali e regolatori di Codici e i colleghi Tofani, Terrinoni, Florenzani, Fantozzi e Milani.

Numeri “da brivido” quelli emersi dall’indagine elaborata dalla Kleis Consulting & Communication. Obiettivo: «Redigere una relazione tecnica da presentare all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico – sotto – lineano da Codici –per dimostrare quanto sia critica la situazione nel frusinate e quanto forte sia il malcontento».

Nulla quaestio se il sondaggio fosse stato realizzato secondo criteri scientifici che ne supportano l’attendibilità statistica. In realtà si è scoperto, parlando direttamente con la società incaricata, che si tratta di un questionario lanciato on line (che ha escluso tutti coloro che non sono in grado di navigare sul web,come la stragrande maggioranza della popolazione anziana), al quale si può accedere senza indicare nome e cognome.

Chiunque può ripetere il sondaggio anche più volte. Allora le domande nascono spontanee: quelle 3.000 persone residenti in Ciociaria, che vengono indicate come «campione casuale», con quali criteri statistici sono state selezionate? Quale fascia di popolazione ha intercettato il sondaggio on line? Perché, rispondendo negativamente al quesito su un disservizio subìto, è impossibile convalidare il test senza aver risposto alla domanda successiva che chiede di specificare il principale disguido segnalato?

Il risultato dell’indagine Secondo quanto diffuso dai responsabili di Codici, «i dati emersi mettono in luce una situazione disastrosa: l’88,7% degli intervistati ammette di aver ricevuto un disservizio, quasi il 40% ha subito l’interruzione del flusso, mentre più del 30% denuncia un’errata fatturazione dei consumi. A seguito dei disservizi e dei disagi, il 66% dei consumatori ha scelto di rivolgersi alla stessa Acea Ato 5, tramite sportello, call center o internet ma, dopo aver fatto presente il proprio problema, soltanto il 22% di essi è riuscito a risolverlo, mentre la maggioranza, il 62,1% , è rimasta insoddisfatta. Il 62% denuncia un’errata lettura del contatore e il 50% ritiene che le fatture siano troppo alte, il 30% che siano spropositate rispetto al servizio».

I dubbi sul rilevamento A fronte dei numeri elaborati dalla Kleis, dunque, come è tecnicamente provabile che in quello 0,6% degli intervistati (che in realtà si sono autoselezionati rispondendo spontaneamente al sondaggio e non essendo raggiunti telefonicamente, o in altro modo, dalla società incaricata), non ci siano “duplicati”, cioè sondaggi inviati più volte dalla stessa persona? Per quale ragione non viene ritenuto valido un questionario in cui, se la risposta alla domanda su undisservizio subìto è “No”, si salta quella successiva che chiede la specifica del disservizio stesso? Un sondaggio che non convince e che, così condotto, potrebbe sembrare lanciato ad arte per prestare il fianco a una battaglia contro Acea, “facendo numero” con tremila clic che, paradossalmente, potrebbero essere tutti dello stesso utente. Magari così non è.

I numeri potrebbero essere persino peggiori. Oppure no. E allora perché non individuare criteri migliori? Ora a decidere saranno i sindaci, i diretti responsabili di una situazione paradossale che non fa capire ai cittadini cosa sia successo nel tempo.

 

Campione casuale: cosa significa e come si individua

Come si costruisce un sondaggio attendibile? Quali sono i criteri da utilizzare? Lo abbiamo chiesto al professor Andrea Ciccarelli, associato di Statistica Economica all’Università di Teramo, presidente dello Spin off Universitario E-Data srl.

Quali sono i criteri scientifici da utilizzare affinché un sondaggio sia attendibile?
«È indispensabile costruire un campione casualmente estratto dalla popolazione che vogliamo studiare, perché sia rappresentativo della popolazione oggetto di studio».

Nel campionamento casuale quali elementi non possono comunque essere trascurati?
«Innanzitutto dovremmo avere a disposizione un elenco esaustivo della popolazione oggetto di studio (ad esempio una lista di tutti i residenti in una certa area tra i 18 e i 70 anni). Quindi dovremmo porci il problema se è il caso di procedere con un campione casuale semplice, oppure di altro tipo, comequello stratificato, magari perché ci accorgiamo che il fenomeno può essere diversamente approcciato da uomini e donne, da giovani e adulti. La stratificazione ci consente, tra le altre cose, di essere più “precisi”. Infine, dovremmo estrarre le unità in modo effettivamente “casuale”: immaginiamo di avere una grande urna con tante palline, ognuna delle quali rappresenti un individuo della popolazione; estraiamo un numero di palline pari alla numerosità campionaria stabilita, e le intervistiamo. Purtroppo, oggigiorno, è invalso l’utilizzo di piattaforme on line per effettuare i sondaggi: costruisco un questionario, lo pubblicizzo in qualche modo e aspetto Andrea Ciccarelli che qualcuno risponda. Così, evidentemente, l’informazione ottenuta è profondamente distorta perché è composta unicamente da gente che è arrivata sul sito o sul social network».

Novantuno Comuni e quasi mezzo milione di abitanti: quale dimensione campionaria è ideale per sondare il grado di soddisfazione?
«Se l’obiettivo è stimare una percentuale, ipotizzando la massima variabilità e accettando un errore di 3 punti percentuali, potrebbe bastare un campione dipoco più di 1.000 unità. Se volessimo una “forchetta” più ristretta (es. 2%) sarebbe necessario ricorrere a oltre 2.400 unità»

 

Non abbiamo bisogno di altre bufale
Quella presentata ieri presentata ieri on l’enfasi che ormai contraddistingue ogni conferenza stampa, è una delle tante bufale che ogni giorno tentano di rifilarci. Che apprendisti comunicatori cercano di far passare prima a noi della stampa e poi, di conseguenza, ai nostri lettori.

Così, dopo la tumultuosa assemblea di alcuni giorni fa, la “telenovela”Acea si è arricchita di un altro elemento di valutazione. Che servirà pure a qualche sindaco esagitato per rafforzare la propria posizione pro-risoluzione ma che, almeno da noi, non ha superato la prova anti-tarocco. Il sondaggio proposto da Codici in realtà è solo la somma matematica di una serie di invii telematici anonimi effettuati da uno o più computer.

Nessuno potrà mai dimostrare che a rispondere sono stati 3.000 cittadini, che è stato formato un campione e che questi numeri abbiano un fondamento statistico. Se si aggiunge che a rilevare il tutto è stata una cooperativa, la Kleis, direttamente collegata a chi il sondaggio lo ha commissionato, la bufala viene fuori in tutta la sua macroscopica infondatezza. Sarà pur vero che in questo periodo di decadenza e superficialità l’aspirazione di ognuno e di ogni entità è quello di ricavarsi un ruolo.

Ma sarebbe opportuno che tutti, prima di dare “patenti”di autorevolezza a pezzi di carta, cominciassero a chiedersi chi, perchè e per chi li ha redatti. Ieri, a far acqua da tutte le parti, più di un acquedotto colabrodo, è stata la credibilità dei rappresentanti dei consumatori.

 

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