La conta all’ultimo voto tra Tajani e Pittella

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

La conta è iniziata. E’ lì che si può lanciare la caccia al voto: tra le aree ben definite dai numeri. Quelli per Antonio Tajani e quelli per Gianni Pittella. Come Alessioporcu.it ha anticipato nei giorni scorsi (leggi qui) sono i due europarlamentari italiani a contendersi la carica di Presidente del Parlamento Europeo.

A fermare la conta potrebbe intervenire solo un accordo esterno. In altre parole, un intesa tra Ppe – Partito Popolare Europeo (il Partito di Tajani) e Pse – Partito Socialista Europeo (il Partito di Pittella). Su una poltrona che ai socialisti interessa quanto quella da presidente del Parlamento. E’ quella occupata oggi dal polacco Donald Tusk: la Presidenza del Consiglio Europeo, in scadenza a maggio.

Se i due blocchi arriveranno ad un accordo allora si stopperà la caccia al voto. Altrimenti si andrà avanti. Individuando fedelissimi di Tajani e Pittella, alleati potenziali, franchi tiratori. Per superare la soglia delle 376 preferenze necessaria per essere eletti.

Antonio Tajani può contare sui 216 voti dei deputati Ppe. Per lui voteranno anche i 74 Conservatori. Totale dei voti sicuri: 290.

Gianni Pitella invece verrà sostenuto dai 189 deputati del Pse 189 voti e dai 50 parlamentari Verdi. Già alla seconda votazione si aggregheranno i 52 voti della Sinistra Europea (il gruppo Gue): al primo round voteranno la loro candidata Eleonora Forenza. Poi, quando sarà chiaro che non ha alcuna possibilità di elezione convergeranno su Pittella. Perché è il candidato con il programma più politicamente vicino al loro. Totale dei voti sicuri: 291

In caso di stallo si riproporrà la situazione che venne registrata nel conclave del 1978: quello che vide un estenuante testa a testa tra i cardinali Siri e Benelli. E che venne risolto con l’individuazione di un terzo nome: Wojtyla. In questo caso, il terzo nome potrebbe essere quello di Guy Verhofstadt sostenuto dai 68 deputati Liberali dell’Alde. Alle prime votazioni resteranno in attesa, attestati sul loro candidato. Sperando che si arrivi ad una situazione di paralisi. L’Alde sta lavorando in questa direzione e pare che anche il presidente uscente, il socialista tedesco Martin Schulz, stia facendo la sua parte.

Schulz non è un politico di primo pelo. Conosce benissimo le aule di Bruxelles e Strasburgo. Ma conosce ancora di più gli italiani e la loro capacità di farsi male da soli. Proprio per questo motivo ha consigliato all’Alde di tessere la trama e poi attestarsi in trincea. Cosa gliene importa al socialista Shulz di reggere il gioco all’Alde? Un motivo c’è.

Schulz sa che la conta tra Tajani e Pittella avviene sulla base di un accordo non rispettato. E’ l’accordo che venne raggiunto subito dopo le scorse elezioni europee. Il Ppe (e la cancelliera Angela Merkel) chiese e ottenne la presidenza della Commissione Europea: venne eletto Jean Claude Juncker. In cambio lasciarono la presidenza del Consiglio Europeo al Pse: venne eletto il polacco Tusk. E per la guida del Parlamento Europeo, Schulz ed il capogruppo Weber concordarono una staffetta tra Ppe e Pse. La prima metà della consiliatura ha visto al timone il socialista Schulz, la seconda metà tocca ad un popolare. Ora Schulz ha esaurito il suo mandato ed è andato a Berlino al capezzale della Spd, massacrata nell’ultima tornata di voto. Ma i socialisti non vogliono mollare l’incarico. Pretendono che prima ci sia un’intesa anche sulla presidenza del Consiglio oggi occupata da Tusk.

Perché? Perché Tusk non è un socialista. Ed i patti tra Ppe e Pse prevedevano che il Consiglio andasse ad uno del Pse. Chi ha fatto saltare il patto e perché il popolare Tusk è andato lì al posto di un Socialista? C’è lo zampino dell’italiano Matteo Renzi.  Infatti, la poltrona toccava agli italiani: era destinata ad Enrico Letta in quanto il Partito Democratico è quello con il maggior numero di deputati all’interno del Pse. Ma Matteo Renzi, appena insediatosi a Palazzo Chigi, ha preferito barattare quella presidenza con un posto da ministro europeo per Federica Mogherini (ora ministro degli Esteri Ue) segando ancora una volta Letta. I Popolari allora elessero Tusk al Consiglio. Ed i Socialisti ora rivogliono quell’incarico.

Lo scontro si é radicalizzato. Un accordo pare molto difficile da raggiungere. La battaglia di Tajani è doppiamente complicata. Perché da un lato c’è Pittella e dall’altro l’Alde di Verhofstadt.

La differenza a questo punto potrebbero farla gli altri gruppi. Per primi i 44 deputati grillini e degli anti europeisti inglesi dell’Ukip. E poi i 39 voti Euroscettici che vedono insieme i francesi del Front National di Le Pen ed i salviniani della Lega Nord. Gli osservatori ritengono che una larga parte dei voti grillini e Ukip potrebbe andare al socialista Pittella. Al contrario, legisti e lepeniani potrebbero posizionarsi su Tajani ma solo per evitare che un socialista vada alla guida del Parlamento Ue. Ancora pareggio o quasi.

Chiudono il quadro i 18 indipendenti: sono i deputati con posizioni politiche talmente imbarazzanti che nessuno gradisce averli tra le sue file. Ma in questo caso quei voti rischiano di diventare decisivi. Ci sono i razzisti ungheresi ed i fascisti greci di Alba Dorata,o Jean Marie Le Pen, espulso dalla figlia che lo ha messo fuori dal Front National a causa delle sue posizioni antisemite.

Imbarazzanti. Ma non tutti. Come nel caso dell’imprenditore sardo Renato Soru (uscito dal Pd). Con gli impresentabili nessuno vorrà avere a che fare, con gli altri, Tajani e Pittella dovranno trattare. Mentre  Verhofstadt resta a gufare alla finestra.

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