Tim rassegnati e cambia slogan

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di MASSIMO PIZZUTI
Direttore Generale Gruppo Editoriale Oggi

Il calcio non è di chi lo ama: cara Tim, rassegnati e cambia slogan. Perché c’è poco nel nostro calcio di quei bambini forti, vivaci, allegri e ironici che nel vostro spot, imitano le gesta dei loro beniamini.

Perchè chi, come noi, il calcio lo ama, rapiti dal sogno regalatoci quest’anno dalla banda Stellone, non ha nulla a che vedere con chi lo gestisce, lo dirige, lo plasma a sua immagine e somiglianza.

Il calcio in Italia ha la faccia assonnata e intontita di Ferrero, la spocchia di Lotito, la presunzione di Zamparini, la brillantezza smarrita del vecchio Galliani. Gente attaccata alla preda “calcio” per il potere, i soldi, la gloria che ancora generosamente distribuisce.

Ma che mentre il mondo applaude la fantastica storia del Leicester si interroga solo su quanti soldi arriveranno l’anno prossimo e su come spartirsi la torta dei diritti televisivi.

Il calcio in Italia ha le facce cattive di Banti, Russo e Massa arbitri tanto forti e decisi con le piccole quanto distratti e remissivi con le grandi.

Il calcio in Italia è più di tutti di un certo Bogarelli. Uno che in tv ci sarà andato si e no una volta ma è l’arbitro supremo delle immagini del campionato. Colui che con i suoi registi decide cosa raccontarci della domenica calcistica. Cosa farci vedere, le bassezze da nascondere, gli applausi da oscurare per chi è stato appena “rapinato”.

Il calcio lo ama chi discute questa gente. Chi vuole andare allo stadio senza superare plotoni di poliziotti e carabinieri. Chi vuole entrarci con i figli e le fidanzate. Chi vuole starci un giorno intero dentro e pure la notte come fanno in America con il basket e il football americano o in Inghilterra, Germania o Spagna nei loro stadi al sicuro dalla follia degli ultras.

Il calcio lo ama chi sa ridere degli sfottò altrui. Chi ha l’intelligenza di capire che quello di Mirco Gori verso Balotelli non è un gesto cattivo ma da autentico guerriero. Da uno che ha ringhiato fino alla fine pur di portare la propria gente ancora una volta verso la gloria.

La cattiveria, l’arroganza e la prepotenza sono invece di quel regista che non ha capito che più dei novanta minuti valevano le immagini del Meazza in piedi a tributare l’onore delle armi all’indomito leone.

Il calcio lo ama chi, pur nel disappunto della notte di Chievo e del pomeriggio meneghino, ammette le tante colpevoli disattenzioni che sono costate punti e troppi gol alla squadra di capitan Frara.

Il calcio lo ama chi vorrebbe in santa pace godersi la partita comprando il biglietto che più gli piace e non aspettare due ore per uscire da uno stadio scortato da mille agenti con i manganelli in mano.

Il calcio non lo ama certo chi lo comanda: un certo Tavecchio che altrove non organizzerebbe nemmeno un torneo rionale di calcio a 5 di basso rango.

Ecco perché cari amici di Tim tutto il vostro spot non c’entra niente con il calcio italiano. Uno sport che da tempo ha perso la gioia, il sorriso, l’entusiasmo e gli occhi veri dei bambini che segnano e imitano i loro campioni.

Uno sport che è solo di chi ci guadagna.

Calcio, cara Tim, che non è più di chi lo ama.