Top e Flop, i protagonisti del giorno: sabato 13 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 13 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 13 agosto 2022.

TOP

GIUSEPPE CONTE

Complici il vincolo del no al terzo mandato e le elezioni a strettissimo giro, l’ex premier ha avviato la rivoluzione di velluto nel Movimento 5 Stelle. Che non per questo sarà meno radicale, profonda, sanguinosa.

Tocca a Giuseppe Conte scegliere i candidati che verranno eletti. Le Parlamentarie (cioè le selezioni interne fatte a colpi di clic che regalarono al Cassinate l’improbabile senatore Marino Mastrangeli) designeranno i nomi. Ma le posizioni in lista ed i collegi li indicherà il capo politico del Partito, cioè Giuseppe Conte. In pratica: con questo stratagemma individuerà lui la pattuglia di eletti che entrerà nel prossimo Parlamento.

È così che Giuseppe Conte sta avviando la rivoluzione genetica del MoVimento, attraverso una Transizione Politica. Se riuscirà nella sua manovra, il 23 settembre si ritroverà tra le mani due gruppi parlamentari a sua immagine, orientati sulle sue idee, composti da deputati e senatori fedelissimi.

Soprattutto non avrà tra i piedi improbabili personaggi che stanno alla Politica quanto il genocida Pol Pot stava al nobel per la Pace. Niente terrapiattisti, nessun No Vax, fine dei negazionisti. Che cinque anni fa sono stati la forza del M5S contribuendo a farne la prima forza politica in Parlamento ma al tempo stesso ne sono stati la tomba con le loro posizioni degne di un Bar dello Sport mentre sullo stesso scenario si muovono figure alla Lavrov.

Con questa rivoluzione genetica, Giuseppe Conte potrà portare in Parlamento una classe dirigente più selezionata e per nulla affine ai Mastrangeli della prima ora. Con la quale costruire un dialogo politico basato su progetti concreti e non più su mancette o banchi a rotelle.

Resta da vedere con chi costruire quel dialogo. È altro tema. La vera sfida è affidarlo alle gambe ed alle teste di gente che non consideri i Vaffa un progetto politico.

Transizione Politica.

GIANCARLO FLAVI

Giancarlo Flavi

Nei quotidiani di una volta la figura su cui poggiava tutto non era né il direttore né il capo redattore centrale e tantomeno i capi servizio. Tutto poggiava sul corrispondente. O meglio: sui corrispondenti. Più ne avevi e più eri forte. Perché erano loro a stare sul territorio, conoscere tutto di tutti, sapere prima di chiunque altro cosa era accaduto e perche. E dovevano pure procurarsi la foto: di vivi o di morti non faceva differenza. Giancarlo Flavi era lo storico corrispondente del quotidiano Il Tempo.

Del corrispondente i difetti li aveva tutti. Perché a differenza di quelli che stanno in redazione e rimangono con le mani sporche al massimo d’un po’ di inchiostro i corrispondenti a furia di stare calati sulla realtà che li circonda ne diventano parte, senza accorgersene poco alla volta smettono di essere osservatori più o meno asettici.

È stato così anche per Giancarlo che negli anni è diventato motore di iniziative culturali, premi letterari e giornalistici, tour enogastronomici capaci di risvegliare l’intera area nel nord della Ciociaria a cavallo con la provincia romana. C’è stata una stagione nella quale si mise in testa di salvare la Selva di Paliano: fondò un’associazione e cominciò a sfornare idee ed iniziative riportando la gente e visitare quella splendida tenuta in abbandono. Con il suo premio Rocca d’Oro ha portato a Serrone decine di personaggi accendendo i riflettori su quel territorio e restituendogli visibilità.

Poco alla volta, da corrispondente è diventato fonte di notizia, spesso di buone notizie. E come accade solo ai bravi corrispondenti, alla fine è diventato notizia: perché quando se ne va uno come Giancarlo è una notizia, l’ultima della carriera. Un malore ce lo ha portato via a 76 anni. I funerali questa mattina alle 11 nella chiesa di Sant’Andrea a Paliano.

Dieci righe anche da lì, su quello che ti pare.

FLOP

SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi (Foto Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Di lui Enzo Biagi disse che era talmente megalomane che se avesse avuto le tette avrebbe fatto anche l’annunciatrice dei programmi nelle sue tv. È vero. A Silvio Berlusconi le cose banali non piacciono. E nemmeno quelle minime. Per lui la dimensione minore con la quale confrontarsi è il divino. Lo dipinse con una battuta Roberto Benigni: Quando Berlusconi andrà dall’altra parte ed incontrerà Dio lo saluterà dicendo ‘Buongiorno collega’. E quando il Signore gli dirà ‘Io sono colui che è’ Berlusconi risponderà ‘Io sono colui che ha’. Il problema è che per noi e Benigni sono battute mentre il Cavaliere ci crede davvero.

Solo così si può capire che l’uscita fatta nelle ore scorse dall’ex premier è vera e convinta: vuole il Quirinale, non si è rassegnato ad averlo dovuto lasciare altri sette anni a Sergio Mattarella. E l’occasione per non aspettare la scadenza del settennato per presentarsi con i bagagli davanti al corpo di guardia dei corazzieri gliela fornisce la riforma in senso presidenziale del Paese. “Una volta fatta la riforma Mattarella deve dimettersi” ha detto: peccato che lì ce lo abbia messo anche lui con i voti del suo Partito.

Poi, in Italia, poche cose non vanno toccate: tra queste ci sono il Papa ed il Presidente della Repubblica. Il problema politico non è affatto questo. È che l’uscita di Berlusconi rende ancora più evidente la solitudine di Giorgia Meloni. Che in questa scalata alle elezioni ha come compagni di cordata due lombardi: uno che va accompagnato costantemente per evitare che beva un mojito e cominci a dire sciocchezze davanti ai tacquini, uno che viaggia verso il 90 anni e dice – come tutti gli anziani – tutto quello che gli passa per la testa.

Sono loro il vero rischio di questa campagna elettorale.

Coprite bene il nonno che altrimenti prende freddo.

REPUBBLICA

Giorgia Meloni (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Elezioni che incontri articolo su Latina-Littoria che arriva puntuale. La Repubblica ha inviato un “inviato” per raccontare di Latina feudo della destra neofascista, con persone tutte intente il sabato mattina a saltare il cerchio di fuoco e ad andare in giro per il corso con il fez e la camicia nera.

Il corrispondente, in questo caso passa un paio di ore in questo “frigorifero della storia” (con questo caldo non sarebbe neanche male)  che è Latina, le infila tutte per dire che il tempo si è fermato.

Peccato che da sei anni il sindaco di Latina è di sinistra, che lo stesso sindaco Damiano Coletta al ballottaggio ha battuto per 5 a 2 il candidato di destra. Peccato che in giro per Latina c’erano ragazzi che avevano camice di tutti i colori, nessuna nera, peccato che il sabato mattina nel capoluogo pontino si va al mare e non alle adunate oceaniche.

Soprattutto, peccato che il corrispondente non sa che questa è la terra di Pietro Ingrao, della occupazione delle terre da parte dei contadini, della rivolta delle arance, degli scioperi alla rovescia. Peccato che a Roma i giornaloni hanno bisogno di mostri e non di verità. Come ha ricordato in queste ore Giuliano Ferrara, titolando l’articolo sotto la testata del suo Foglio: “Non è sui simboli del fascismo che va stanata la destra italiana, ma sulla sua esibita reverenza verso Trump e Putin. Questo è il lavoro serio

Latina è una città italiana dove talvolta vince la destra, talvolta la sinistra e dove nessuno ha nostalgie perchè dobbiamo vivere il domani che ieri è già passato.

Errori da matita rossa.