Top e Flop, i protagonisti di giovedì 11 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 11 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 11 gennaio 2024.

TOP

CORRADO GUZZANTI

Corrado Guzzanti (Foto: Stefano Scarpiello)

Parliamo di un fatto. Corrado Guzzanti fa parte cementizia di quella che, senza tema di smentite, può essere definita la stagione televisiva italiana più florida ed ispirata della Rai. Senza neanche scomodare quell’aggettivo oggi così polarizzante, “libera”, quella vissuta e contraffortata dall’attività del comico romano è stata l’Età dell’oro della televisione di Stato.

Ed è esattamente per questo motivo che le esternazioni di ieri di Guzzanti su Repubblica e sullo stato dell’arte della Rai, della televisione, della comicità e delle loro uste social può essere definita una Lectio magistralis. Una panoramica impietosa e mesta su un paese catodico che non è brutto. E’ peggio: è mediocre, in ogni suo aspetto.

“Oggi i partiti sono comitati d’affari, giustissimo continuare a fare satira, ma l’idea di commentare quello che ha twittato Salvini mi fa tristezza, non mi ispira creatività. Spero di tornare a teatro… Anche se non ho più il fisico per la vita da autogrill”. Guzzanti se lo ricorda, quel che diceva Quintiliano della satira, ma dà l’impressione di puntare il dito contro persone e contesti che se lo sono scordato. Drasticamente.

E se Guzzanti pensa alla stagione aurea su Rai3 allora lui ci pensa gli viene “tristezza. Vedo molto poco la Rai in generale, La7 di Andrea Salerno segue il filone della Terza rete, fa cose belle, interessanti. La Rai non potrà più avere una stagione come quella”.

E lei, Madama Satira, come sta messa? “E’ cambiata in peggio. Non so se il politicamente corretto abbia le ore, i giorni o gli anni contati, ma me lo auguro. Ha visto Ricky Gervais o Louis C.K.? Uno humour che a noi appartiene meno, anche gigantesche volgarità. Ma il principio per cui devi censurare qualunque cosa possa offendere una minoranza non può funzionare, non si può pretendere.

E in chiosa che ricorda un meraviglioso Quelo cartesiano: “Il principio deve essere che se ti offendi è un problema tuo”.

La seconda che hai detto.

GIANLUCA QUADRINI

Gianluca Quadrini (Foto © Stefano Strani)

Il 2024 inizia con il vento in poppa: oltre 8mila preferenze ponderate che lo collocano al primo posto tra gli eletti all’Amministrazione Provinciale di Frosinone; la mobilitazione discreta di Forza Italia per assicurargli un posto nella giunta regionale del governatore Francesco Rocca. E ora la chiusura dell’indagine che lo ha riguardato insieme ad un’altra dozzina di persone. È stata la stessa Procura della Repubblica a chiudere la questione, riconoscendo che non c’erano reati.

Il caso è quello dell’assunzione di un vigile urbano a Villa Santa Lucia: a tenere la selezione con cui formare la graduatoria fu la Comunità Montana. A quel concorso parteciparono anche una decina di parenti di amministratori del territorio: la Procura approfondì, sospettando che Quadrini avesse formato una graduatoria per Villa Santa Lucia ma con il reale intento di metterla a disposizione dei Comuni vicini per assumere poi il parentado.

Quadrini mise subito in chiaro, dai primi giorni, che non era così. Perché? la norma indicata dalla Procura – disse alla Guardia di Finanza – effettivamente esisteva: ma l’anno prima e l’anno dopo quel concorso, non c’era in quell’anno. Quindi quella graduatoria moriva lì con il concorso di Villa Santa Lucia. E infatti, ha riconosciuto la Procura, nessuno ha attinto da lì, nessuno è stato assunto da quell’elenco se non il vigile che doveva prendere servizio a Villa Santa Lucia.

Quadrini non ha mai commentato le indagini. Né, soprattutto, la crocifissione mediatica di quei giorni: utile per chi voleva sbarazzarsi di un avversario politico. “Ho sempre avuto ed ho grande rispetto e fiducia per la magistratura e le forze dell’ordine tutte, quando sono stato coinvolto nell’indagine che era stata definita “parentopoli” ho sempre avuto un atteggiamento collaborativo con gli inquirenti. Ho la coscienza pulita ed ora apprendo con soddisfazione della richiesta di archiviazione da parte della procura. Ne sono felice per la mia famiglia e per quanti mi sono sempre rimasti accanto”.

Gli è costata la presidenza della Comunità Montana di Arce. Perché a qualcuno conveniva così. Forse anche per questo si attende che il suo Partito spinga con tutta la convinzione possibile per l’assessorato regionale. Un ristoro dovuto.

Il silenzio dell’innocente.

FLOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Andrea Calandra © Imagoeconomica)

Il Partito Democratico alla fine decide di non decidere. È il cancro che in non molto tempo ha consumato dall’interno la Democrazia Cristiana. Senza farne tesoro, il Pd segue la stessa linea. E lo fa su un tema strategico: l’abolizione del reato di Abuso d’Ufficio che si è rivelato in questi anni un solenne fallimento, buono solo ad intasare le Procure e fargli fare statistica. La ragione l’abbiamo spiegata più volte: nella quasi totalità dei casi è materia amministrativa che bene stava nelle sedi dei Comitati Regionali di Controllo, i fatti criminali sono altra faccenda. (Leggi qui al paragrafo su Santalucia: Top e Flop, i protagonisti di martedì 9 gennaio 2024)

I sindaci Dem lo hanno detto a chiare lettere al Segretario nazionale Elly Schlein. Che però continua ad essere soggiogata dal Movimento 5 Stelle e dalla sua ferma convinzione di voler trasformare i Dem nella sesta stella grillina. L’ordine di scuderia è stato: astensione.

Ma il Pd non è una caserma, il dissenso è lecito ed in un caso come questo è necessario. E così Elly Schlein ha prodotto una spaccatura. Al momento del voto si sono mossi in autonomia dal Partito gli ex ministri Lorenzo Guerini e Marianna Madia, la deputata Lia Quartapelle, i senatori Pier Ferdinando Casini, Dario Parrini, Filippo Sensi, Simona Malpezzi e Valeria Valente

Altrettanto netta la posizione dei sindaci. Da Bergamo Giorgio Gori fa sapere che Le procure penali hanno utilizzato a piene mani il reato di Abuso d’Ufficio, salvo registrare un numero infimo di condanne: nell’anno 2021 sono state 27 su 5.418 imputazioni. Più di 5 mila persone che hanno visto compromessa la loro reputazione, senza motivo ha detto al Foglio. Conferma da Milano il sindaco Beppe Sala: “Il Pd ha partecipato a gran parte degli ultimi governi e la riforma non è mai stata attuata. Sono stati fatti solo piccoli e poco utili correttivi. Può darsi che ciò sia avvenuto perché l’alleato di turno, il M5s, era contrario. Nel frattempo però abbia- mo visto colleghi messi alla gogna ingiustamente .

Matteo Ricci (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Da Pesaro arriva la posizione di Matteo Ricci che non è solo un uomo pratico ma è anche la testa di ponte del Partito Democratico nella concretezza che il Partito Democratico non sempre riesce ad avere. Da questo punto di vista il sindaco di Pesaro è emerso gradualmente dalle zone d’ombra di una galassia Dem molto di lessico e poco di azione.

E sempre nel tempo si è costruito una giusta immagina di uomo “sul pezzo” che gli è valsa anche la carica di coordinatore dei sindaci dem e presidente di ALI-Autonomie Locali Italiane. In forza di questa skill Ricci ha perciò detto la sua sulla svolta del governo Meloni in ordine al delicato nodo del reato di abuso d’ufficio. Svolta che è stata un reset di fatto, almeno alla Camera.

E Ricci ha parlato da sindaco molto più di quanto non lo abbia fatto da uomo del Nazareno. “Noi sindaci chiedevamo da dieci anni la revisione del reato di abuso d’ufficio. È un reato che nel 95% dei casi finisce in assoluzione o archiviazione e che un amministratore rischia di compiere esclusivamente votando o firmando un atto”. Poi il giudizio, nettissimo: “Non funziona e ha rischiato finora di intasare un sistema giudiziario già storicamente troppo lento”.

Nelle ore scorse, la posizione di Elly Schlein ha generato un ossimoro. Con i sindaci Dem che pur rispettando la posizione dei loro parlamentari considerano quella di ieri come una vittoria. E l’ossimoro sta tutto qua: pur avendo ragioni solidissime dal suo punto di vista Ricci, Gori, Sala e tanti altri non hanno potuto fare squadra con un Partito del quale sono colonna portante.

Odio gli indifferenti.

ANTONELLA DI PUCCHIO

Antonella Di Pucchio

Se occorresse un esempio per spiegare la schizofrenia che rende inaffidabile il Partito Democratico, la scelta annunciata l’altra sera da Antonella Di Pucchio ne sarebbe la sintesi perfetta.

Ha fatto sapere che si candiderà come sindaco di Isola del Liri. Legittimo. Ci ha provato già altre volte con risultati per niente entusiasmanti. Il che non costituisce un problema: ciascuno affronta come ritiene le proprie coazioni a ripetere cioè il fenomeno per cui le vittime dei traumi ripetono (anche più volte) la stessa azione nella speranza di cambiarne il finale.

Fin lì è faccenda personale. Quella politica invece inizia dal momento in cui il Partito Democratico avvia un dialogo per ricostruire in Ciociaria una grande alleanza di centrosinistra. E per questo costituisce un listone unitario alle Provinciali inserendo anche il Segretario provinciale di Italia Viva. Che gode dell’appoggio di Azione e quindi del sindaco di Isola del Liri. Il percorso per la ricostruzione di un grande fronte unitario di centrosinistra prevede che il Pd dialoghi con il sindaco Massimiliano Quadrini (che fino a poco tempo fa stava nel Pd) e lo appoggi per la rielezione.

La scelta annunciata da Antonella Di Pucchio non ne tiene minimamente conto. Soprattutto riapre la stagione delle lacerazioni interne che era sopita da quasi un anno con la celebrazione del Congresso Regionale in cui Daniele Leodori è stato eletto Segretario Pd del Lazio.

Ribadito che il Pd non è una caserma: ma il dibattito interno, la sintesi politica, le scelte strategiche sui territori che fine hanno fatto? La devastante lacerazione andata in scena a Ferentino e ad Anagni alle scorse Comunali nulla ha insegnato?

La componente maggioritaria Pensare Democratico fondata da Francesco De Angelis e guidata da Sara Battisti si sta attestando sulla posizione di leale collaborazione. Antonella Di Pucchio con piena legittimità invece no. Impossibile non sapesse dei dialoghi in itinere: venti giorni fa era nella stessa lista con il Segretario renziano Adamo Pantano per le Provinciali.

Se questo è un Partito allora è chiaro perché non stia più al governo. I primi a non fidarsene sono gli elettori.

Distonia.