Top e Flop, i protagonisti di giovedì 26 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 26 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 26 ottobre 2023.

TOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Da lei ci si aspettava una presa di coscienza che non fosse solo orpello dialettico e pare che stavolta Elly Schelin voglia fare sul serio. Poche settimane fa c’era stata la Direzione Nazionale del Partito Democratico e la leader dem aveva squadernato la rotta. Il segreto sta tutto in un autunno che potrebbe dare al destracentro molti più problemi di quanto non facessero presagire le logorree iniziali. Sulla legge di Bilancio Schelin è stata durissima e nel merito, ad esempio.

La parola d’ordine è mobilitazione e i dati di queste ore dicono che le sezioni e la parte di società che alle idee di Schlein fanno capo si stanno organizzando bene. E in tanti. Il tutto in attesa della manifestazione dell’11 novembre. Dal Nazareno e proprio in queste ore sono state messe a punto le versioni definitive del pacchetto di emendamenti con cui il Pd vuole scatenare una controffensiva.

E che non sia solo storyboard di piazza, nobile ma a volte poco utile. I temi sono quelli di lavoro, crescita, caro vita, pensioni, sanità pubblica, casa. Elly Schlein lo ha detto chiaramente: “Noi siamo una squadra”. E quella squadra ha uno scopo preciso: metter giù una proposta alternativa alle destre prima di vestire i panni velati dell’alternativa a prescindere, così, per diritto di nascita diciamo.

Attenzione: la Schelin è stata silente, educatissima e ben lontana dalle polemica “da cappuccino” sul caso Meloni-Giambruno, e questo ha dato ancor più sostanza ai suoi piani in punto di politica e basta, quella vera. E’ concentrata.

Schlein dà appuntamento per “una grande conferenza dell’Europa” da tenersi ai primi di dicembre ed affila le armi per novembre. Per la prima volta armi che potranno usare tutti, senza difficoltosi corsi di addestramento ad un lessico che a volte dice cose nobili ma criptiche.

Sta sul pezzo.

PINO CANDIDO

Pino Candido

È la dimostrazione vivente del fatto che ci fosse molto di sbagliato alla base dello spirito del berlusconismo ma anche del renzismo. Entrambi soffiavano sulle vele di un nuovismo che per gli italiani era la speranza di un nuovo orizzonte ma per Berlusconi e Renzi era più semplicemente volti nuovi con cui sostituire quelli vecchi per fare le stesse cose al posto loro. Pino Candido, cassinate trapiantato a Roma ma costantemente in Ciociaria è la prova tangibile che nuovo non significa migliore.

Si definisce “il più vecchio portaborse d’Italia” e pare che per un certo periodo fosse pure tentato d’aggiungerlo nel biglietto da visita. Nei fatti è stato il felpato Capo Segreteria di personaggi come l’ex presidente Rai Gianpaolo Sodano, dell’ex ministro Maurizio Sacconi, del governatore Piero Marrazzo, dell’assessore Donato Robilotta… Dal 1982 ha attraversato i corridoi di tutti i palazzi di ogni potere: senza rimanervi invischiato.

Perché è di scuola socialista. Riformista: che è cosa del tutto diversa dalla rottamazione e dalla banale sostituzione per motivi generazionali. Quando è entrato a Palazzo Chigi il Presidente del Consiglio era Giovanni Spadolini, quando c’è stata Sigonella lui era tra quelli che stavano a ridosso della stanza dove Craxi decideva.

Lo avevano mandato in pensione. E lui, carico di ricordi non ha concesso un solo secondo alla malinconia ma ha iniziato a fare ciò che fino a quel momento l’assenza di tempo non gli aveva consentito: girare le piazze italiane per saccheggiare i rivenditori di dischi in vinile. Ne possiede una collezione tra le più complete. E poi libri, cinema, incontri con quel mondo della cultura e dello spettacolo che gli chiedeva da decenni una cena e non c’era mai il tempo.

Ma tutto ciò che ha un inizio ha una fine. Anche le tregue. Da alcuni mesi lo hanno richiamato in servizio. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri lo ha voluto nel suo staff per svolgere la funzione d’anello di congiunzione tra il Sindaco, il Gabinetto e l’Aula. Roba che se sbagli un’espressione il Gruppo di maggioranza mette il muso al sindaco. Hanno chiamato lui perché in Campidoglio serviva questo arcivescovo si lungo corso nelle istituzioni, capace di attutire, smussare, ammorbidire e soprattutto concertare.

Gli addetti ai lavori ieri sera hanno detto che sta funzionando. Dannatamente. Dopotutto, se a Bruxelles appena entrava Ciriaco De Mita si creava intorno all’uomo di Nusco un capannello di proporzioni internazionali nonostante la veneranda età, una ragione doveva esserci.

Riformare non è rottamare.

FLOP

ANTONIO TISCI

Antonio Tisci

È stato nominato commissario e non direttore, la differenza sta tutta qua e non è una differenza che gioca a suo favore. Antonio Tisci è infatti il nocchiero in regime straordinario ad acta dell’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese. Avrà mandato semestrale e dovrà mettere a posto cose secondo un mood istituzionale che presuppone equilibrio assoluto.

Perché i Commissari quello fanno: organizzano cose logiche dove prima l’illogicità ha portato a situazioni anomale. Bene, teniamoci ben stretto questo loop e proseguiamo. Ma facciamolo con ciò che il parlamentare dem Enzo Amendola contesta a Tisci, o meglio, al fatto che sia stato chiamato a quell’incarico. “La figura individuata è un noto esponente del partito di Fratelli d’Italia già consigliere regionale e nominato direttore generale dell’Arpab, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata”. Nulla di male e ci mancherebbe.

Tisci ebbe la nomina “dalla giunta di centrodestra”. Qui qualcosa si desintonizza dal core del mandato attuale però, secondo Amendola. “Da suddetto incarico si è dimesso per le polemiche sorte a seguito della violazione da parte sua delle norme per il contenimento della pandemia. Perché, cosa fece Tisci? Dice Amendola: “Si sarebbe recato sul posto di lavoro, violando l’isolamento previsto per i positivi al Covid.

E Amendola ci ha imbastito una interrogazione parlamentare, sul caso Tisci. “Si chiede di sapere quali sono le ragioni che hanno indotto li ministro ad individuare nell’avvocato Antonio Tisci la figura di commissario per l’ente parco”. E ancora: “Se non ritenga di dover ritirare suddetta nomina in considerazione della oggettiva inadeguatezza e ostentata politicizzazione della stessa in riferimento all’incarico conferito”.

Amendola è di parte e fa il suo “mestiere”, certo, ma Tisci a ben vedere si trova nella stessa posizione della giudice Apostolico che tanto viene contestata dal destra centro. E’ uno che ha dato evidenti prove di massimalismo e che ora viene chiamato a fare l’uomo del governo in mood cartesiano. I commissari hanno o dovrebbero avere una sola cosa in comune: un pregresso da “profilo basso”.

Quando istrionismo è peccato.

ANTONELLO AURIGEMMA

Antonello Aurigemma (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

C’è maretta nel centrodestra che guida la Regione Lazio. Ed il presidente d’Aula lo ha messo nero su bianco. Quelli che hanno portato i voti grazie ai quali Francesco Rocca è stato eletto gli hanno mandato a dire che non l’hanno fatto certo per alzare la mano nell’emiciclo della Pisana. Vogliono contare, pesare, gestire.

La sintesi l’ha tracciata con abile precisione il presidente del Consiglio regionale Antonello Aurigemma, inviando una nota agli assessori per significare che non possono fare e disfare tutto loro, riducendo il Consiglio ad un coreografico insieme di Yes Men.

Il fatto però è che Francesco Rocca non è stato selezionato all’interno d’una scuderia di uno dei Partiti del Centrodestra: sono andati a prenderlo nella sua stanza da Presidente della Croce Rossa Internazionale. È cioè uno che solo per questo ha già il callo fatto tra Gaza e Beirut passando per l’Ucraina e tutti i teatri di crisi del mondo. E se c’è una cosa che non è disposto a fare è il burattino nelle mani della politica. (Leggi qui: Il braccio di ferro tra Rocca e Fdi, nessuno vuole essere Yes Man).

Il fatto è che non è questa l’unica sottovalutazione compiuta dalla nutritissima pattuglia di Fratelli d’Italia presenti in Consiglio Regionale del Lazio. C’è ben altro se si tiene conto del fatto che che ieri le opposizioni non hanno partecipato alla riunione della Commissione Bilancio in polemica contro “la destra che non rispetta le regole e presenta, fuori tempo massimo, un Ordine del Giorno aggiuntivo”. Sono saliti sullAventino perché non è la prima volta che arrivano modifiche oltre i limiti, poi vengono ritirate, poi vengono rimandate corrette. Il che impedisce di studiare cosa accidenti voglia la Giunta nel mettere mano sui testi in votazione.

Soprattutto il destracentro non ha considerato che una cosa è ululare alle piazza e cosa diversa è governare: come dimostra il “vergognoso aumento della pressione fiscale sui cittadini del Lazio” denunciato da Cgil. E su quegli aumenti ci sono impresse con chiarezza le impronte digitali del centrodestra. Perché se appena arrivati valeva in pieno la giustificazione di un conto lasciato aperto da Zingaretti senza dare però il tempo di emendarlo, ora non vale più perché il centrodestra regionale aveva approvato un Ordine del Giorno con cui si impegnava a rifinanziare il fondo tagliatasse creato da Zingaretti. Non lo hanno fatto.

Mare mosso con moto ondoso da ovest.