Top e Flop, i protagonisti di giovedì 8 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 giugno 2023

TOP

IGNAZIO LA RUSSA

Ignazio La Russa (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Il valore pressoché assoluto di quello che ha detto è incrementato dal fatto che non sempre Ignazio La russa ha detto cose si valore assoluto. Non cose giuste o sbagliate, ma cose divisive che sovente hanno preso i toni della opinabilità La Russa è da sempre un conservatore e da poco il Presidente del Senato, uno cioè che se parla lo deve fare in nome e per conto di ciò che Palazzo Madama simboleggia: la assoluta ecumenicità di una istituzione repubblicana.

E stavolta il tema non era ideologico o quanto meno era molto difficile da “ideologizzare”, perciò La Russa è stato da un lato agevolato ad essere migliore di quello che molti credono, dall’altro a dimostrare che oggettivamente è migliore di quello che a volte dice. Il tema è quello dei femminicidi, che prima di essere giuridico è tema etico, e di civiltà, e di obbrobri da sanare immediatamente.

Dopo quello di Giulia Tramontano, ennesima goccia con ennesimo traboccamento dall’ennesimo vaso, il Presidente La Russa ha detto che contro i femminicidi in Italia, “credo che serva indire una manifestazione di soli uomini”. Lo scopo, per La Russa, è quello forte di “dare un segnale, siamo noi uomini che dobbiamo prendere coscienza. Un segnale deve partire da noi e dalla famiglie“.

La proposta del senatore di FdI è stata accolta con favore bipartisan dal mondo politico, dalla Lega al M5S, poi dal Pd, da +Europa e Verdi e Sinistra, anche a considerare la tara su alcune sue dichiarazioni a corollario. In particolare si è detta soddisfatta Alessandra Maiorino, vicepresidente del gruppo M5s al Senato e coordinatrice del comitato politiche di genere e diritti civili del Movimento 5 Stelle.

Che ha detto: “Condivido lo spirito e lo sostengo da sempre: la violenza sulle donne la subiscono le donne ma è un problema degli uomini. Sono gli uomini che devono mettersi in discussione, tutti, non solo quelli violenti, ma tutti quando assecondano o lasciano andare su comportamenti e linguaggi che denigrano, sviliscono o oggettificano le donne“.

Ma su cosa c’è stato il sottile distinguo? Sul fatto che La Russa aveva auspicato e “sdoganato” un schiaffone in famiglia contro un figlio che non porta rispetto a una donna. Maiorino ha precisato: “Oddio, magari un ceffone no“. Ma magari un’educazione più ferma in punto di concetto e dialogica in punto di crescita sì.

Ignazio fa il presidente.

FRANCESCO DE ANGELIS

L’Italia è un Paese parruccone e baronale. nel quale tutti invocano il cambiamento (a parole) semplicemente per mettersi al posto di chi vorrebbero far sloggiare per poi fare le stesse cose al posto suo. E chiunque sia titolare di uno strapuntino lo difende come fosse la linea del Piave: la cattedra all’università, il camice da primario, la scrivania da usciere… Proprio per questo stupisce ciò che ha detto e fatto nelle ore scorse Francesco De Angelis, patriarca di Pensare Democratico, la componente Pd ampiamente maggioritaria in provincia di Frosinone.

In Regione Lazio ha ufficializzato che la sua componente andrà a formare Rete Democratica. È una nuova area di pensiero che punta a ricostruire la solidità del Pd nel Lazio per poi giocarsi la partita su uno scenario nazionale. Meno aulica? Stanchi di aspettare le decisioni calate dall’alto una fetta non secondaria del Partito ha deciso di andare a prendersi un pezzo di alto. (Leggi qui: De Angelis in campo: traina la Rete Democratica nel Pd).

A colpire non è la tattica. Ma il lessico. Quello scelto da Francesco De Angelis durante l’annuncio della nascita di Rete Democratica. Nessuno squillo di tromba. Bensì una impietosa analisi del presente, definito “Un momento importante, perché in questi anni abbiamo votato molto e discusso molto meno”. Sta tutto qui il senso dell’operazione: “non si può far finta di nulla dopo una sconfitta elettorale così evidente. Dobbiamo quindi necessariamente capire cosa non vada e spero che il Congresso regionale sia l’occasione per cominciare a ragionare. Sul progetto e sui contenuti”.

Con le parole della politica ha detto che questo Pd ha bisogno di allungarsi sul lettino e ripassarsi i conti. “Dobbiamo ripartire dalla nostra carta d’identità, definendo bene chi siamo e che cosa vogliamo fare. Abbiamo bisogno di ridefinire il profilo ideale, sociale e culturale del Pd, riscoprendo una sintonia vera, concreta con il Paese, altrimenti le persone ci vedono lontani da loro”.

Dove vuole arrivare? Ad abbattere i recinti che hanno costretto i territori a subire le scelte con le quali il Pd si è affossato: “Per quanto ci riguarda non è una scelta finalizzata al congresso regionale, in cui sosteniamo con forza Daniele Leodori, ma guarda più a lungo, anche a livello nazionale”.

Il bastone del Patriarca.

FLOP

PAOLO CIANI

Paolo Ciani (Demos). Foto © Stefano Carofei / Imagoeconomica

Ma è più matto carnevale o chi gli va appresso?“: non sbagliava la saggezza popolare. Di fronte alle stravaganze compiute nel giorno di baldoria che precede la Quaresima la saggezza fa notare che a rendere folle quella ricorrenza sono proprio le persone che vi partecipano con i loro comportamenti.

Esattamente ciò che sta succedendo in queste ore nel Partito Democratico che decide di perdere le prossime elezioni Regionali in Campania per togliere l’incarico di vice capogruppo di Montecitorio a Piero De Luca. Chi è? Il figlio dell’ex sindaco di Salerno e governatore della Regione Vincenzo De Luca. Uno che le elezioni le ha vinte sempre da solo ed al Pd gli ha fatto un piacere caricandosene sulle spalle il simbolo.

Però in politica i sacrifici sono sempre possibili. Perché c’è sempre qualcuno più bravo o più strategico. Con chi è stato sostituito il figlio di don Vincenzo? Con un Adenauer scovato finalmente nella soffitta del Pd e recluso lì con tutto il suo sapere politico? No, con Paolo Ciani. E chi è? Uno che non ha la tessera del Pd, che è il leader di un Partito diverso dal Pd. E che persegue una linea differente da quella del Pd; tant’è vero che ha votato contro il Gruppo.

Riassumiamo. In questa fase della sua travagliatissima storia il Partito Democratico ha un Segretario nazionale che è stato eletto dai non iscritti al Pd, la quale nomina come vice capogruppo alla Camera uno che non è del Pd. Sarebbe piaciuto a Freud.

Chiariamo: Paolo Ciani è un signore che la politica la conosce e l’ha pure infarcita di ideali, come usava un tempo. Quelli del cattolicesimo democratico e della solidarietà attiva. È il fondatore di Demos, un movimento che ha iniziato a fare presa: tanto che a Cassino esprime un Gruppo di due consiglieri ed un assessore come Luigi Maccaro.

E Paolo Ciani di fronte all’investitura a vice capogruppo che fa: chiama il Pronto Soccorso psichiatrico segnalando che in giro per l’opposizione c’è un Partito di pazzi? No, accetta. E comincia a fare dichiarazioni che con la linea del Pd hanno la stessa attinenza di Chef Rubio con un dietologo salutista.

Ma è più matto carnevale o chi gli va appresso?

IL REGISTRO PUBBLICO DELLE OPPOSIZIONI

Foto Baninov / Pixabay

Presente quando squilla il cellulare con quei numeri astrusi ed una solerte signorina (o voce pre-registrata) propone di scucire danè in cambio di improbabili offerte? Ecco, quando accade una cosa del genere di solito chi riceve la telefonata fa due cose a livello limbico: inizia una sequela tale da richiedere poi una approfondita confessione (ove fosse cattolico) e si chiede chi cacchio abbia dato il suo numero a quella società.

Non sono state poche le aziende che sono state presa di mira dal Garante della Privacy nell’ennesimo step della lunga lotta al telemarketing selvaggio. E stavolta c’è stato un precedente in punto di norma. Roba fine a contare che in Italia i propositi e le azioni di solito stanno su due rive opposte del fiume della vita. Sono state infatti confiscate per la prima volta banche dati di call center.

Ed in quel mondo è stato potato gagliardamente il “sottobosco”, come lo ha definito Adnkronos, “con sanzioni per le società coinvolte”. È il frutto di una vasta operazione finalizzata a notificare alcuni provvedimenti adottati dal Garante. Tra essi la confisca delle banche dati in uso ad alcune società che svolgevano attività illecite nel campo del telemarketing illegale.

Ad operare sono stati i finanzieri del Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche di Roma assieme ai colleghi del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Verona. Le società coinvolte nella vicenda sono state individuate e sanzionate: Mas Srls per 200.000 euro, Mas Srl 500.000 euro, Sesta Impresa Srl 300.000 euro, Arnia società cooperativa per 800.000 euro. Per due di esse poi è scattato il provvedimento di confisca che sottrae loro la base di dati utilizzata per effettuare le attività illecite.

Cosa facevano o avrebbero fatto nel concreto? “Mediante acquisizione di apposite liste illegalmente prodotte, contattavano decine di migliaia di soggetti, senza che questi avessero mai rilasciato il necessario consenso per il trattamento dei propri dati a fini di marketing”. Fin qui tutto liscio, ma resta un saporino di beffa perché quello che certe società facevano in modalità bucaniera avrebbe dovuto trovare da tempo argine in una svolta normativa ormai abbastanza datata per essere bollata come inefficace.

Si tratta del Registro Pubblico delle Opposizioni, l’uovo di Colombo che è diventato ovetto sodo in meno di 10 mesi. Era o sarebbe dovuto essere il mezzo con il quale previo pochi step online si sarebbe dovuta fermare quella “marea invadente”. Dal 27 luglio del 2022 e con firma sotto tronfia ceralacca del già languente governo Draghi pareva che quello stillicidio fosse destinato ad agonizzare. E invece in agonia ci sono solo le speranze di chi ci aveva creduto.

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