Top e Flop, i protagonisti di martedì 31 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 31 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 31 ottobre 2023

TOP

MATTEO BASSETTI – GIULIA VIVALDI

Matteo Bassetti (Foto: Imagoeconomica)

Il ruolo di Matteo Bassetti è sedimentato nel tempo e, dopo gli anni bui del primo Covid, ha assunto una nuova veste di autorevolezza. Che scavalca anche la verve “guascone” del titolare. In particolare Bassetti è diventato una sorta di “sentinella”, non più epidemiologica emergenziale, ma serenamente propensa a mettere in guardia su nuovi rischi. Il suo non è più (non lo è mai stato, a dire il vero) il lessico emergenziale in purezza di quei mesi orribili.

Esso è diventato una sorta di “bignamino” delle cose su cui premunirsi. In più, Bassetti ha anche inaugurato una stagione molto importante: quella dell’informazione sanitaria sull’onda delle ricerche più recenti e degli studi più adatti a creare una clima e dei protocolli di prevenzione. Studi come quelli di Giulia Vivaldi, una ricercatrice che ha comparato gli effetti a lungo termine di vari virus respiratori, tra cui il Sars-cov-2, che causa il Covid-19. Ecco perché direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova ha messo in guardia contro gli effetti “del raffreddore che sta contagiando molte persone in Italia in queste settimane.

Secondo il medico, i suoi effetti sarebbero “paragonabili, se non peggiori, a quelli delle varianti del Covid-19 che circolano in questo periodo”. Ottobre è finito e l’Italia è affacciata ormai sul timing-clou delle infezioni stagionali. “Il raffreddore che sta mettendo Ko in questi giorni molti italiani è quasi peggio del Covid dei giorni nostri. Ed è anche ‘long’. Bentornati nella normalità dei virus”.

Il sunto è che ci sono altri virus stagionali, come il rinovirus responsabile del raffreddore, che possono avere strascichi di lungo periodo sui pazienti che contraggono. E saperlo è giusto, oltre che utile, a contare che fino a quattro anni fa notizie del genere ci lasciavano per lo più blandamente indifferenti. E vulnerabili a quello che poi ci è arrivato addosso a valanga. Cambiandoci per sempre.

Camice bianco, e pure utile.

FABIO PANETTA

Fabio Panetta

Un carro armato. Non la ferraglia che abbonda nei magazzini di molti eseriti. Bensì uno dei più moderni e micidiali. Negli ambienti della finanza considerano così Fabio, il figlio economista di Paolino Panetta, lo storico sindaco di Pescosolido In carica dal 1964 al 1985 tranne un periodo di tre anni in cui dovette rassegnare le dimissioni: il Governo l’aveva chiamato a fare il Capo di Gabinetto del Ministro per le Politiche Comunitarie, poi lo stesso incarico dal Ministro dei Rapporti con il Parlamento.

Fabio è il figlio che si è appassionato di Economia. E che in queste ore sta ultimando la valigia: va via dall’esecutivo della Banca Centrale Europea, domani mattina prende servizio come governatore di Bankitalia.

Il panzer ha già pronta la strategia d’attacco. Non ha bisogno di studiare il terreno, né di aggiornare le mappe: conosce tutto e tutti in quella struttura, ci ha lavorato ai tempi di Mario Draghi. Chi lo conosce dice che ha già in tasca il nome del suo sostituto in Europa, Piero Cipollone. Che così lascia libero uno dei posti nel Direttorio: tra i papabili e per la fascia da vice ci sono una serie di nomi e tutti di altissimo profilo, soldia preparazione, immacolata reputazione.

Sa come muoversi, cosa fare, quando farlo. Panetta ha lo stesso limite di Mario Draghi: non è interessato alla politica e meno ancora ai suoi riti ed alle sue litugie, ma si muove benissimo al loro interno. Non è un caso che all’alba de governo Meloni venisse accreditato come il possibile super ministro a capo dell’Economia.

Con modestia ha preferito rimanere tra i suoi arnesi. Esattamente lì da dove, se sarà necessario, anche lui sarà pronto a pronunciare un epico Whatever it takes.

Dategli un bazooka e ditegli che può usarlo.

PASQUALE ANGELOSANTO

Pasquale Angelosanto

Sciabola ed alamari, greca ed un’intera costellazione interno, soprattutto un pacco così di medaglie. Nel baule del generale Pasquale Angelosanto di Sant’Elia Fiumerapido c’è un’intera carriera passata a dare la caccia ai mafiosi di ogni razza e di ogni altitudine. Il primo trofeo è stato il camorrista Pasquale Galasso nascosto in un bunker sotterraneo, l’ultimo in ordine di tempo è stato Matteo Messina Denaro in un ambulatorio medico.

Da oggi il generale di Corpo d’Armata dei Carabinieri aggiunge al titolo le lettere A.R. e cioè a riposo. Chi ci crede è un’ingenuo di prima classe. Perché in uno Stato che si rispetti la capacità investigativa e l’abilità organizzativa di un ufficiale del genere non viene mandata a riposo. Riservatamente, verrà messa a disposizione con la discrezione necessaria.

Ma nel frattempo ha aperto un suo personale fronte da qualche mese. Nel quale si sta impegnando con dedizione, come in ogni volta che si è messo sulle tracce di qualche mammasantissima in libera uscita da assicurare alle patrie galere. Da mesi sta girando le scuole, i centri anziani, le sale congressi: per ripetere che lo Stato è in prima linea e che bisogna dargli fiducia.

È lo stesso messaggio che Carlo Alberto Dalla Chiesa diede quando arrivò a Palermo e si fece vedere da tutta la piazza, per far sapere che lui c’era e che lo Stato era presente. Nemmeno lui aveva gli alamari quel giorno. Esattamente come da oggi il suo allievo Pasquale Angelosanto. Ma non serve una divisa per dire al mondo che lo Stato c’è. È questa la lezione che il generale da oggi sta portando avanti: con la sua sola presenza.

Degno allievo di tanto maestro.

FLOP

MARCO DI NUNZIO

Silvio Berlusconi all’ingresso di Palazzo Chigi nel 2008 (Foto: Lorenzo Daloiso © Imagoeconomica)

Il legame tra eredità miliardarie, letteratura ed attenzione dei media è quasi simbionte. Lo è nel senso che non puoi parlare dei lasciti di un “riccone” passato a miglior vita senza incappare in una sorta di giallo sui diritti accampati in merito a ciò che il riccone medesimo ha lasciato.

Figuriamoci perciò se il “riccone” di turno non è stato solo un Creso, ma il personaggio pubblico più mainstream della politica italiana dell’ultimo mezzo secolo. Premessa, che ci sia menzione giuridica di un nuovo testamento di Silvio Berlusconi è cosa legittima. Così come è legittimo, in punto di norma, che ci sia chi accampi diritti su quello che era stato precedentemente comunicato sulle ultime volontà del Cav.

Perciò quello che oggi ritiene di dover avere ex post il legatario torinese in Colombia, Marco Di Nunzio, è formalmente logico e normato. Quello che un po’ sconcerta è la linea pubblicistica ad oltranza che l’uomo ha lasciato si formasse sulle sue (giuste) aspirazioni. Ancora ieri.

Chiariamola: nelle questioni di testamento a far fede è la giustizia civile, come insegna il caso di Gina Lollobrigida, ma che su ogni faccenda privata ci si debba mettere a traino dei media per spuntare un’oncia di ragione concettuale in più non è il top del tatto, ecco.

Quel nuovo testamento speciale, che sarebbe stato sottoscritto dal Cav in Colombia, “è stato depositato presso un Notaio italiano del distretto notarile di Napoli, il giorno 3 ottobre corrente, conferendogli piena validità per la legge italiana“.

A condurre la battaglia è l’avvocato Erich Grimaldi. Che aveva già “provveduto, dopo la pubblicazione, come da norma di legge, a formalizzare una diffida, concernente detti legati, alle residenze anagrafiche di ciascuno dei cinque figli della famiglia del Cavaliere, chiedendo l’immediata immissione nel possesso dei beni”.

Ma a cosa avrebbe diritto Di Nunzio? “Ad una parte dell’eredità del Cavaliere ovvero il 2% delle azioni Fininvest, 26 milioni di euro, il 100% delle azioni delle società proprietarie delle ville ad Antigua nelle Antille, la nave Principessa Vai Vai Bandiera Monaco Yacht e tutte le imbarcazioni, navi e natanti“.

Fila tutto liscio meno il fatto di dover dare menzione di una “battaglia” che è tutta intestina all’istante ed agli eredi del Cav. Nel nome della memoria del quale forse si sarebbe dovuto agire con una maggior discrezione.

A me la flotta.