Top e Flop, i protagonisti di martedì 5 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 5 dicembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 5 dicembre 2023.

TOP

RICCARDO MASTRANGELI

Riccardo Mastrangeli (Foto © Stefano Strani)

Anni fa Francesco Scalia, all’epoca giovane presidente della Provincia di Frosinone, si trovò alle prese con la classifica sulla Qualità della Vita elaborata dal Sole 24 Ore. E la fece a pezzi. O meglio: fece brandelli nella nostra superficialità nel leggerla. I numeri erano ineccepibili. E per quanto abbiano la testa dura, Scalia dimostrò che bisognava anche saperli leggere.

Un esempio su tutti: ultimi nella graduatoria della Cultura, lui prese le ‘note metodologiche’ con cui erano stati fatti i conti e fece notare “Hanno contato solo i biglietti staccati al teatro ed al cinema, in Ciociaria facciamo un’intera estate di spettacoli gratis, concerti di spessore nazionale a Casamari senza far pagare una lira. Ma questo non rientra le computo”.

Per questo ha ragione Riccardo Mastrangeli, sindaco di Frosinone, nel non voler commentare la graduatoria pubblicata ieri dal principale quotidiano economico nazionale e tra i primi in Europa. Che ci colloca sostanzialmente nella stessa posizione dello scorso anno, un gradino più giù per la precisione. (Leggi qui: Qualità della Vita, sempre più in basso). “Non ho avuto modo di esaminare lo studio, pertanto non me la sento di commentare dati che riguardano l’intera provincia senza un ulteriore approfondimento”.

Eppure avrebbe potuto invitare tutti ad una festa nella quale offrire pasticcini e stappare champagne millesimato. Perché l’unica voce (su 90 dello studio) in cui la Ciociaria si colloca al primo posto nazionale è un traguardo centrato dal Capoluogo: la percentuale di illuminazione pubblica a led sull’intera rete comunale. ma è chiaro che sarebbe stato uno specchietto con cui strappare un titolo.

Riccardo Mastrangeli sa che sono altri i parametri sui quali fare i conti, non le pagelle annuali. Ad esempio: oggi paghiamo il prezzo di scelte fatte anni fa, quando vennero incentivate le aziende della Campania senza prevedere ammortizzatori per quelle ciociare che stanno al confine. In sei mesi perdemmo centinaia di fabbriche e decine di migliaia di posti. Chi va oggi all’università pagherà la scelta di tardare due anni per fare una risposta alla multinazionale Catalent: ha ritirato i suoi 100 milioni di investimento su Anagni e con loro oltre cento posti di lavoro di alta specializzazione.

Abbiamo pagato a carissimo prezzo la scelta di non mettere centrali nucleari in Italia: la Francia le ha messe e fino a prova contraria sono i francesi ad avere comprato Fiat – Fca, non gli italiani ad avere comprato Psa – Peugeot. Allo stesso modo il Centro Sud sta pagando l’assenza di termovalorizzatori e biodigestori: che al Nord hanno e non muoiono come moscerini sul parabrezza.

È questo a metterci sul fondo della classifica, non i rispettabilissimi numeri del Sole.

Il farmacista che sa fare di conto.

LUIGI DI MAIO

Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica

Ci sono due personaggi politici in particolare, che in Italia hanno goduto di stroncature media clamorose all’atto di esordio dei loro attuali incarichi. Sono il presidente della Camera Lorenzo Fontana e l’attuale rappresentante speciale dell’Ue per la regione del Golfo, Luigi Di Maio. Quest’ultimo, in particolare, al suo ruolo ci era arrivato dopo capriole così ardite e dopo una scoppola elettorale così sonora che non concedersi almeno tre minuti di civile ludibrio sarebbe stato impossibile.

“Giggino” aveva avuto tutto in due governi ed era arrivato ad essere l’uomo di massimo rango della Farnesina, mica presidente della Pro Loco. Eppure gli era andata malissimo. Poi il paracadute Ue ed un incarico che forse aveva oscurato la capacità di autocritica di Di Maio dietro la retorica del “quanto prende”.

Eppure se si tratta di andare in autoanalisi e di andarci con direttrici a volte impietose l’ex ministro degli Esteri ed ex uomo di punta del M5s non si tira indietro. Anzi, lui “carica” di brutto.

“Gli italiani sono stati chiari nei miei confronti, alle elezioni politiche non ho superato l’1%. Quindi per me si è chiusa una fase e non penso più alla politica né per ora né per il futuro. Parole e musica sembrano rievocare quelle che disse un certo Matteo Renzi dopo scoppola omologa per portata, e sappiamo tutti com’è andata a finire. Niente remi in barca e nuove rotte “sfacciate”.

Ma a Di Maio tocca il beneficio del dubbio, anche perché anche lui a suo modo è un “rifugiato di lusso”. E le sue considerazioni sulla guerra Hamas-Israele riecheggiano antiche skill di cui forse Di Maio non era proprio a corto, non in maniera massivamente inferiore di alcuni suoi omologhi alla Farnesina, almeno.

“Quando parliamo di evitare l’espandersi del conflitto è chiaro che l’asse che passa per la normalizzazione tra Arabia Saudita e Iran è fondamentale. Quasi un impegno, il suo, come a rievocare quello che è stato e che non ha potuto essere più per un voto impietoso.

Congelato, ma scongelabile.

FLOP

Giuseppe Conte (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

GIUSEPPE CONTE

Le argomentazioni con cui Giuseppe Conte sviluppa il tema della guerra e propone la sua rotta in ordine a quella che sta falcidiando il Medio Oriente sono per certi versi ineccepibili. “Per noi questa è l’ora del coraggio, è l’ora che i governanti, e quindi l’Italia e l’Unione Europea, si assumano la responsabilità di rappresentare i valori occidentali.

Quali sono i valori occidentali a cui l’ex premier e leader del M5s allude? Qui Conte si fa quasi statista e cita cosa significhi essere europei affacciati su un balcone che dà sul cortile degli orrori umani. “Non significa proseguire guerre, significa impostare negoziati di pace”. Conte quindi sprona i governi e lo fa con un esecutivo in particolare in testa, non potrebbe essere altrimenti: quello che oggi guida Giorgia Meloni. “Questo vale per il conflitto russo ucraino e per il conflitto palestinese”.

Ecco dove Conte perde terreno pur partendo da un preambolo nobilissimo, efficace e condivisibile. In lui non c’è quell’opera di “maquillage” per cui ogni politico che affronta un tema non solo ne sposa la causa. No, ne mette a regime ed ottimizza anche l’utilità contingente per la “sua bottega”.

Conte questo non lo sa fare, non lo ha mai saputo fare ed in lui non tarda mai a fare capolino più l’oppositore interessato che il Grande Fustigatore Etico. La chiosa perciò è perfetta e in buona fede. “La pavidità della politica sulla strage che si sta consumando a Gaza è vergognosa”.

E ancora: “Oltre 15 mila morti, per buona parte donne e bambini. Bombardamenti continui, che non risparmiano abitazioni civili e ospedali. Non possiamo tacere. Non siamo noi i depositari dei ‘valori occidentali’, i supremi cultori dello Stato di diritto, i massimi difensori del diritto internazionale umanitario? Rompiamo il silenzio”.

Solo che è una chiosa che ha moltissimo di legittimo, di giusto perfino, e qualcosa di utilitaristico. Lo fanno tutti, ma gli altri si sono perfezionati, mentre Conte continua a far trapelare quel che gli serve più di quello in cui crede. A volte senza bilanciare le due cose.

Maschera bucata.

ROBERTO VANNACCI

Domani sarà ad Anagni per presentare il suo libro. Con il quale ha diviso l’Italia. Il generale Roberto Vannacci divide per quello che dice. E questo è un problema. Perché si può essere a favore o contrari alle sue opinioni e l’Italia ha affrontato una guerra civile per consentire anche ai Vannacci di sostenere le loro tesi.

Il vero problema è che il neo comandante delle forze terrestri si è iscritto d’ufficio alla lunga fila di piagnoni che in Italia viene a dirci che le cose non vanno, nulla funziona come dovrebbe ed ogni cosa andrebbe rifatta. Ormai il numero di tessera del club supera le otto cifre: milioni di iscritti. Tra i più noti ci fu il mitico Ginetto Bartali con il suo “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.

Ma le soluzioni? Chi si rimbocca le maniche ed inizia in silenzio ad impastare acqua e cemento? Nessuno. Perché l’Italia è il Paese della caccia alle streghe che puntualmente passa alla loro difesa nel momento in cui sono state catturate e messe sul rogo. Chiacchieroni e pignoni che nel momento in cui qualcuno gli tocca la comfort zone iniziano a gridare alla rivoluzione ed al ruolo dei comunisti.

Il problema non è Vannacci, non è il suo libro, non sono i contenuti di quella modesta opera letteraria. Il vero problema è che ancora una volta si vada appresso ad uno che ci viene a dire che tutto va male. Ma che si insegua come i boccaloni uno che non propone uno straccio di soluzione.

Nulla di nuovo dal fronte.