Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 26 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 26 aprile 2023

TOP

ROBERTO AMMATUNA

Roberto Ammatuna

Entriamo ufficialmente nella stagione in cui il meteo si fa servitore non solo della nostra voglia di mare, ma anche di miserie umane su cui riflettiamo molto ma agiamo poco. Con la primavera inoltrata la questione migranti è il cardine esatto di tutti i dolori che essa porta, delle rotte che quei disperati seguono e di quelle che segue il governo attuale per arginarle. Loro e le miserie che portano.

Dopo aver messo a rodaggio lo stato di emergenza, l’esecutivo ha creduto di calmierare il problema. Tuttavia c’erano cose che andavano dette e dette bene. Ci ha pensato Roberto Ammatuna a farlo. Lo ha fatto come sindaco di Pozzallo, dove i migranti arrivano. Ma soprattutto come sindaco e basta, uno cioè che vede i galloni del Viminale solo quando il Viminale non serve o serve poco.

Per lui l’emergenza sui migranti è un “pannicello caldo” e le sue sono idee chiare: serve una “missione Ue di coinvolgimento nell’accoglienza”. Nulla a che fare con un “misura spot”, un “pannicello caldo che non serve assolutamente a nulla”. Ecco il suo giudizio dopo poco più di una settimana dal legiferato: “Mi sembra che si stiano avvitando su se stessi per cercare di porre rimedio a una situazione che giorno dopo giorno si fa sempre più drammatica. Non si affrontano così temi importanti”.

Per Ammatuna bisogna guardare all’Europa delle collaborazioni e stringere accordi seri “con i Paesi nostri amici, non certo con quelli di Visegrad. Occorre una missione europea tipo Mare Nostrum per cercare di coinvolgere gli altri Stati nell’accoglienza. Purtroppo, però, di questo non c’è traccia, quando andiamo nei tavoli europei non abbiamo la forza necessaria a porre il tema”. Si, ma allora dal governo hanno sbagliato? No, è solo un problema di prospettiva.

Che loro non hanno: “Dalle comode poltrone romane si può pontificare ma poi a doversi sbracciare sono i territori. Oggi il rapporto tra i Comuni e il Viminale non esiste più”.

Sindaco nel midollo.

MARCO ATTURA

Marco Attura

Deve esserci un clima particolare sui monti di Acuto. Perché da quelle altitudini hanno preso il largo chef stellati del rango di Salvatore Tassa, deputati al Parlamento come Nazzareno Pilozzi, filologhe raffinatissime come Augusta Acconcia Longo che sul campo del bizantinismo italiano pochi rivali ebbe. Lì ebbe i suoi natali Mafalda Molinari che, come tradisce il cognome, di sambuca ne comprendeva e fu la prima donna manager in un Paese che da poco aveva svestito l’orbace.

A questo incompleto elenco deve aggiungersi il virtuosismo del maestro Marco Attura. Anche lui di Acuto. E che nelle prossime debutta al Teatro dell’Opera di Tirana, dirigendo l’orchestra per il capolavoro in tre atti “Samson et Dalila” di Camille Saint-Saëns.

Giovanissimo, può vantare una formazione con pochi rivali: ha affinato il suo talento a Bologna, Münster, Spoleto ed all’Accademia del Teatro alla Scala di Milano. A soli 23 anni faceva volteggiare la bacchetta dal podio del Teatro degli Industri e le sue registrazioni vengono diffuse da Sonzogno e Universal.

A Tirana, per sottolineare l’attaccamento al territorio, andrà la Provincia di Frosinone. Restio ai riflettori in qualunque meridiano, il presidente Luca Di Stefano ha benedetto la missione del consigliere Luigi Vacana che andrà con il professor Biagio Cacciola. “Con Marco Attura ci sarà simbolicamente tutta la Ciociaria” ha evidenziato il presidente.

Ciociari da esportazione.

FLOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni all’Altare della Patria

Premessa neutra: non esiste al mondo un solo leader politico che non paghi pegno all’usura dell’esercizio del potere: di qualunque tipo sia la rappresentanza che esso incarna o la delega che esso rappresenti. Questa premessa va fatta e fatta bene perché con il tempo ci siamo convinti che tutti i “capi” che ci capitano siano dei bugiardi che fanno l’esatto contrario di quello che avevano detto in campagna elettorale.

I social ci aiutano ad esibire i “memento” delle cose su cui i leader cadono in contraddizione. Ed alla fine ci sentiamo tutti popoli traditi dal Giuda di turno. Non è così, non è mai stato così e non sarà mai così. Semplicemente i leader politici sono molto di più di quello che dicono. Ed i problemi che trovano sono molti di più di quelli che credevano avessero affrontato. Per lo più in buona fede.

Ovviamente però ci sono anche le circostanze empiriche in cui quando un leader ha il respiro corto si vede e non c’è utente social medio che tenga. Lì le sbavature si vedono e vanno giustamente rilevate. Sbavature come quelle che Giorgia Meloni sta incasellando sulla questione migranti. In pillole la Meloni ha: appaltato il tema ad una ideologia pregressa inertizzata e blanda ma comunque immanente nel suo Partito. Che con il tema ha un approccio “ruvido”.

Permesso ad un ministro dell’Interno che è di fatto flabelliere di Matteo Salvini di diventare un arcigno rottweiler con i migranti ed un pacioso pechinese con via Bellerio. Legiferato e fatto legiferare sul tema in maniera “borbonica”, con un “facite ammuinacioè che in realtà non ha risolto nulla se non mettere in casella il nevrile concetto di “emergenza”. Non è andata a Cutro ad onorare i morti. E soprattutto, sbavatura delle sbavature, non è andata a Bruxelles a svegliare i vivi.

E a dire tornando a casa con un deliberato ampio che il problema è davvero di tutti e che tutti se ne devono prendere una fetta, senza proclami e dichiarazioni spacciati per successi.

Veronica Alfonsi, che è ovviamente “di parte” in quanto presidente di Open Arms Italia, non avrebbe potuto dirla meglio dopo l’ok del Consiglio dei ministri alla dichiarazione dello stato di emergenza sull’immigrazione: “La verità è che al di là degli slogan o dei presunti blocchi navali, ci sembra che regni un gran caos e che questo Governo non abbia la competenza per gestire gli arrivi sul nostro territorio”.

E’ un provvedimento che viene preso in caso di calamità naturali o crisi umanitarie”. E che soprattutto non dà soluzioni, ma certifica il grado di attenzione sul tema. Ma solo per dire che attenzione c’è. Non per fare in modo che l’attenzione frutti.

Migrante delle soluzioni.

FRANCESCO RUGGIERO

Francesco Ruggiero con il movimento giovanile Progresso Fabraterno

Progresso Fabraterno, al di là di ogni convinzione ideologica, rappresenta un interessantissimo crogiolo di idee. E di confronto. Cioè merce rarissima in un tempo nel quale i quotidiani sono al loro minimo storico ed il principale veicolo d’informazione è la timeline di Facebook: come a dire che al posto del Corriere della Sera o dell’Ansa si prende per buono ciò che hanno detto al mercato o al lavatoio.

A Ceccano invece, i ragazzi di Progresso hanno il gusto del dibattito. E lo alimentano in maniera continua. Con un punto di partenza che non è neutro: ma proprio questo rende ancora più apprezzabile la cosa. Perché non ha la pretesa di proporsi come verità assoluta e nemmeno terza. È di radice progressista e lo dice evitando ogni ipocrisia: altra anomalia in un tempo di indifferenti e disimpegno.

Fatto in premessa l’elogio dell’impegno, ora l’associazione presieduta da Francesco Ruggero ha il dovere morale di fare chiarezza su quanto accaduto il 25 aprile a Ceccano. Perché la storia della mancata esecuzione di Bella Ciao, con la banda musicale costretta a suonarla in maniera quasi carbonara deve essere definita in ogni dettaglio. E portare il sindaco Roberto Caligiore a pubbliche scuse, se è vera la versione di Progresso; oppure portare Progresso a ritirare le sue accuse se è vera la versione del sindaco. (Leggi qui: Da Cassino a Ceccano il 25 aprile delle polemiche).

Perché è chiaro che delle due versioni, una sola è vera. Progresso scrive che Non è stata data la possibilità di suonare Bella Ciao. Gli stessi componenti della banda hanno considerato di natura prettamente politica questa proibizione, dal momento che il sindaco ha posto il veto“. Il sindaco nega. Per lui risponde il maestro Adamo Bartolini direttore della banda: “Nessuna protesta della banda. Come ogni anno eseguiamo un repertorio di canti risorgimentali. Bella Ciao non è mai stata in programma. Alcuni ragazzi l’hanno eseguita autonomamente a fine celebrazioni quando la banda si era sciolta“. (Leggi qui: Da Cassino a Ceccano il 25 aprile delle polemiche).

Perché se è vera la prima ricostruzione, il futuro di questa amministrazione sarebbe segnato: non ce ne sarebbe spazio in un Paese democratico ed antifascista per Costituzione. Se è vera la seconda, una retromarcia ed il chiarimento di un equivoco sarebbe l’ulteriore dimostrazione di quell’onestà intellettuale che, nella sua posizione, a Progresso Fabraterno nessuno può negare.

Chi suono e chi finì suonato?