Top e Flop, i protagonisti di sabato 10 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 10 febbraio 2024

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 10 febbraio 2024.

TOP

GIORGIO DI FOLCO

da sx Natale, Di Folco, Borraccio, Sebastianelli e Langiano

In un mondo che premia doverosamente la strategia ogni tanto andrebbe ricordata la coerenza. E sì, anche la coerenza “forzosa” di chi solo a quella si può aggrappare, magari perché l’avverbio “solo” vicino alla parola coerenza ci sta malissimo. Giorgio Di Folco, al secolo mainstream Giorgio Pistoia, è personaggio scomodo. Può piacere o meno quel che dice e può aggradare o meno quel che fa, ma qui il tema è un altro.

Il tema è che se decidi di candidarti alle Primarie del centro destra di Cassino e poi le Primarie te le trovi briscolate da sotto il naso in corso d’opera (e con Fdi che legittimamente allunga il brodo su Buongiovanni mezzo mastice) forse un filino di ragione nell’incazzarti ce l’hai. Il principio è (o dovrebbe essere, qui si va di iperbole) quello giuridico del Tempus Regit Actum: che più o meno significa che non si cambiamo le regole del gioco a partita già cominciata. O se si cambiano lo si decide tutti insieme e non ti ritrovi davanti al fatto compiuto.

Gli studiati non storcano il naso: ovvio come la politica (quasi sempre per fortuna e principio di opportunità) sia l’esatta negazione di questo mantra. Ovvio che bisogna battere Enzo Salera, servono quadre provinciali e che quindi si debba trovare la crasi migliore nel composito (e rissoso) panorama cassinate. Ed ovvio perfino che Giuseppe Sebastianelli, l’unico rimasto con Pistoia “a ballare l’hully gully”, sia un altro “capitano coraggioso” che ha scelto di (con)correre comunque in purezza.

La mission: battere Enzo Salera
Arturo Buongiovanni

Cioè il 18 febbraio per le primarie “cioncate” dalla nuova possibilità di inutilizzarle ed inertizzarle in corso d’opera, ma non silurate. Però Sebastianelli è un politico navigato. E per lui la coerenza (indubbia) e perfino l’indignazione (comprensibile) sono moneta di spendita più facile in un futuro quadro strategico. Pistoia no: lui è tizio di strada, è uno che ha deciso di provarci, che ha (anch’egli) raccolto firme, si è affittato un camper, che ha messo sul piatto spese, tempo, energie, speranze, modelli di approccio e piani di battaglia.

Che ha parlato con gente e che ha voluto provare sulla sua pelle l’insidioso meccanismo della democrazia diretta. E in un mainstream che del video-maker ha per lo più rimandato le sue “spigolosità”, oggi per come la si vede qui Pistoia è comunque l’esempio perfetto di una cosa cruciale. La buona fede della base messa in angolo dalle trappole delle cime o degli altopiani. Trappole buone ed a volte necessarie, perché battere Salera non sarà una passeggiata, ma comunque bizantine, qualunque sia la pezza che ad essi si voglia mettere.

Ma il senso della democrazia è che tutti hanno il diritto di provarci, e tutti hanno il dovere di dire funzionalmente bravo a chi ci sta provando comunque. Comunque la si pensi sul resto e qualunque lettura tattica si possa avere dello scenario. Provarci malgrado i compromessi, che della democrazia a volte sono il giusto sale, altre il troppo pepe.

Ma se comandano sempre gli chef come fai a valorizzare i paninari in un mondo che mangia più panini che foie-gras?

Questione di menu.

LUCA DI STEFANO

Francesco Rocca e Luca Di Stefano

Ha firmato la convocazione del Comitato per la Ripresa e lo Sviluppo Sostenibile. È il nuovo organismo che ha messo in cantiere il giorno degli Stati generali alla presenza del governatore Francesco Rocca. È lo strumento con il quale aiutare la Provincia a tracciare una rotta per la crescita del Territorio, ascoltando le esperienze e le esigenze di aziende gradi e piccole, artigiani, sindacati, banche e tutti gli artefici dell’economia locale.

Il Comitato nasce dal documento presentato il giorno degli Stati Generali. Che ha tracciato una fotografia cruda ma realistica dell’economia territoriale. Segnata da grandissime potenzialità che però hanno bisogno di risposte efficaci sul piano burocratico e normativo per poter affrontare le sfide dei prossimi anni. (Leggi qui: L’orgoglio di un territorio che non si arrende).

A quella giornata si era arrivati senza rulli di tamburi e senza fanfare. Alla soluzione del Comitato per la Ripresa e lo Sviluppo Sostenibile si è arrivati quasi a sorpresa: il presidente ha firmato gli atti costitutivi poche ore prima della seduta di insediamento del nuovo Consiglio provinciale, nato dalle elezioni dello scorso dicembre. Avrebbe potuto farlo prima: ha avuto la sensibilità di aspettare il nuovo assetto e la squadra che sarà con lui per i prossimi due anni. Non era dovuto.

Ora si arriva al varo. In un momento nel quale la situazione Stellantis e quella Valeo / Tecnobus vanno a confermare proprio i contenuti di quel documento. La multinazionale franco italiana dell’auto ha investito su Cassino Plant e qui farà la prossima generazione di auto premium elettriche. ma il quadro generale del comparto è del tutto differente da quello di vent’anni fa. Valeo sparisce ed al suo posto arrivano i bus elettrici di Tecnobus, rilevando anche la forza lavoro.

Sono segnali di un territorio che vuole andare avanti e ne ha le potenzialità. Ma chiede norme chiare, semplici e snelle. Al Comitato il compito di aiutare il presidente Luca Di Stefano ad individuare dove intervenire e con quali modifiche.

In silenzio, senza grancassa, per il territorio.

FLOP

ADOLFO URSO

Adolfo Urso (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Bravissimo a chiedere indietro i “resi” alle imprese che stiano poco e male in Italia (leggasi anche Stellantis) e un po’ meno bravo a mettere in campo iniziative concrete per arginare un’emorragia. Quale? Quella, su cui Adolfo Urso finora non è stato aquila, degli esercizi commerciali nei centri storici. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy farebbe bene ad avviare il “plotting” di quello che gli suggeriscono certe statistiche.

Anzi, che glielo urlano, a dire il vero. Come quella che fonda su dati raccolti da Confcommercio. La situazione l’ha spiegata fin troppo bene una analisi sulla “Demografia d’impresa nelle città italiane”. E’ stata realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne.

Parla di una vera e propria “strage di negozi (…) che si è consumata negli ultimi anni, svuotando soprattutto i centri storici sia la Centro Nord che al Mezzogiorno”. Lo ha messo bene in concetto La Stampa. E cosa starebbe accadendo? Che tra crisi planetarie di rango massimo e proliferazione dell’e-commerce in Italia le botteghe stanno morendo.

Due modi di acquistare ma “sbilanciati”
Guido D’Amico

Il dovere di mettere a regime i due mood era stato richiamato anche dal Presidente di Confimprese Italia, Guido D’Amico, ma finora ai piani alti del ministero retto da Urso si è mosso pochino. Sd essere spazzato via è stato “più di un terzo dei negozi di libri e giocattoli, di mobili e di ferramenta ed un quarto dei negozi di abbigliamento”.

Qualche numero: “Tra il 2012 e il 2023 in Italia sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante. A crescere sono state invece le attività di alloggio e ristorazione (+9.800). Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi si riducono le imprese italiane (-8,4%) e aumentano quelle straniere (+30,1%). Sono dati di lucine ed ombre grosse, e dicono al di là di ogni ragionevole dubbio una cosa.

Che bisogna attrezzarsi per tamponare questa emorragia monstre, perché l’Italia è (anche) un paese di vecchi che sanno (o vogliono, o dovrebbero poter) comprare nei negozi come loro sanno che i negozi sono. Ed invece il tessuto commerciale all’interno dei centri storici langue o evolve verso prodotti non settati. Con un effetto spiegato da Confcommercio.

“La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio nei centri storici rende sempre più preoccupante il fenomeno della desertificazione commerciale delle nostre città”. E se Urso che ha responsabilità a timing ristretto ma comunque oggettive, tiene al Made in Italy e lo ha come mission istituzionale farebbe bene a non limitarsi ad una gestione identitaria del suo ministero. Quella è abbacinante per molti, ma non utile per tutti.

La minestra (riscaldata) del ministro.