Top e Flop, i protagonisti di sabato 23 marzo 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 23 marzo 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 23 marzo 2024

TOP

MARIO ABBRUZZESE

Mario Abbruzzese

Ha voluto fortemente sentire il calore della sua città, e non solo per motivi elettorali. Mario Abbruzzese sa benissimo che la sua mission non è solo quella di lanciare “l’Europa dei territori”. No, il candidato di Cassino per le Europee in quota lega sapeva che se di quei “territori” non si fosse sostanziata la massima espressione del suo vissuto, politico e personale, tutto sarebbe stato incompleto.

Perciò Abbruzzese ha riunito all’Aula Pacis della sua città i simpatizzanti, i sodali, gli amici, gli stessi curiosi. Per lanciare loro un messaggio e per tornare a casa a sua volta con un messaggio. Quello per cui la sua avventura elettorale ha un senso perché è perfettamente equalizzata tra ciò che Abbruzzese sente e ciò che Abbruzzese disegna. Lo ha fatto con un parterre del Carroccio di quelli della grandi occasioni.

Carroccio e Cassino

Con il deputato ed ex sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, con l’assessore regionale all’Urbanistica, Pasquale Ciacciarelli. E con la capo gruppo della Lega in Regione Lazio e candidata all’Europarlamento, Laura Caltagirone. Assieme a loro anche l’europarlamentare Cinzia Buonfrico e i consiglieri provinciali Andrea Amata e Luca Zaccari.

Il nodo che è stato affrontato ieri all’Aula pacis è stato quello, grosso, di come avvicinare i territori ad una Bruxelles spesso lontana, iconica e non sempre di cose positive. Da questo punto di vista la linea di Abbruzzese sposa perfettamente quella del partito, nel senso che punta a ridurre quelle distanze esattamente con lo strumento di un voto utile.

Utile perché settato su una persona che dei territori conosce ogni piega e che dal piano soggettivo dei territori non scende mai. Lo aveva detto e lo ha ribadito: “È essenziale ricordare che il cuore dell’Europa non risiede solamente nelle sue istituzioni, ma anche nelle identità, nei territori e nelle comunità”.

Farsi specchio di istanze

Quelle cioè “che compongono il mosaico culturale e sociale del nostro continente. L’Europa non può e non deve essere una realtà distante e astratta. Ecco perché Abbruzzese quello aspira a diventare.

Lo specchio riflettente delle realtà locali. Specchio che senza luce distorta porti le istanze dove ogni istanza tende a stemperarsi nella palude dei legiferati e delle questioni di massimo sistema.

Un calcio all’astrattismo.

AMEDEO CHIACCHERI

Domani cadrà uno di quegli “anniversari” che non sono solo tristi, ma che hanno una presunzione aggiuntiva. Quella cioè di essere rappresentazioni temporali fisse di ciò che la memoria deve riconsegnarci come popolo. Nel caso dell’eccidio alle fosse Ardeatine c’è poco da fare: tra le pieghe di quelle ore convulse piegare ai voleri del nazifascismo ci sono troppe cose.

E nel frattempo di cose ne sono successe troppe altre per non mettere l’Italia tutta in sintonia con il modo giusto di commemorare quel massacro. E da esso trarre insegnamento con un “mai più “ che mai come oggi non può e nn deve essere retorico. Ecco perché Amedeo Ciaccheri ha fatto benissimo a mettere in piedi “335 semi che germogliano ancora”.

Di cosa si tratta? Di un evento commemorativo in occasione degli 80 anni dall’Eccidio. A volerlo il Municipio Roma VIII di cui Ciaccheri è presidente. Si tratta di un corteo al quale parteciperanno le scuole del territorio, le associazioni di quartiere, ANED, ANFIM e ANPI. Il serpentone andrà a snodarsi lungo le principali strade del municipio, da piazza Sant’Eurosia per raggiungere il sacrario delle Fosse Ardeatine.

Laboratori ed allestimenti
Amedeo Chiaccheri

E durante questa settimana sono stati organizzati laboratori creativi ed allestimenti. Dalla scuola popolare Sciangai fino ad oggi prossimo presso l’Approdo Porto culturale sicuro è stato tutto un fibrillare di iniziative a corredo di quella madre. Ciaccheri l’ha spiegato bene, anzi, benissimo, il senso dell’iniziativa.

“Per gli ottant’anni delle Fosse Ardeatine il nostro Municipio, che negli anni si è contraddistinto per i percorsi per la Memoria, rilancia ancora una volta il corteo”. Un corteo “che ormai storicamente ricorda l’eccidio e i martiri attraversando le strade di Garbatella e Tor Marancia”.

E ancora: “Come negli anni passati, le scuole saranno le protagoniste di questa manifestazione insieme alle associazioni della memoria e ai singoli cittadini”. Perché la scuola è centrale per la memoria. E Perché ci sono lezioni il cui amarissimo pegno non va dimenticato. Mai.

La memoria coltivata.

ROCCO LANCIA

Rocco Lancia

Poche settimane fa, il 2 marzo, aveva inaugurato in quel di Veroli una splendida mostra dedicata ai Miti Italici. Il vernissage messo in piedi dal pittore frusinate Rocco Lancia aveva immediatamente scoperto le carte del suo autore. Lancia è bravo ed ha messo la sua bravura a traino della mostra allestita nel vicino palazzo Campanari ernico, quello diventato museo nazionale.

La mostra è intitolata ai Popoli Italici e sa facendo pienoni praticamente quotidiani. Bello il tema di ispirazione, bello quel che lo stesso ha partorito al Chiostro di Sant’Agostino e bravo Lancia, bravo davvero: tutto pacifico.

Ma dove sta l’upgrade? In quello che Lancia ha deciso di mettere “in scena” oggi alle 16.00, sempre al chiostro che ospita i suoi policromi capolavori. “Influenzato dall’Athena Nera di Bernal”, il pittore ha deciso di proporsi come una sorta di anti-generale Vannacci. Ed ha deciso di farlo con un’iniziativa a metà strada tra arte in purezza ed etica.

Vannacci ti sfido sul mio “terreno”
Roberto Vannacci (Foto: Andrea Apruzzese)

Come? Dipingendo “dal vivo” una modella di colore ed aggiungendo un’opera a quelle che già illustrano i Miti Italici, come Gratilla o Marica. Verrà inscenato un live painting “ItalianAfrica” durante il quale il pittore dipingerà dal vivo una tela con sfondo una cartina dell’Africa, ritraendo una ragazza con origini etiopi ma di nazionalità italiana.

Lancia ha quindi deciso di farlo usando l’endiade Africa-Italia in maniera volutamente provocatoria per dimostrare il suo dissenso contro le note tesi del militare-scrittore prossimo a correre per le Europee 2024.

Per Lancia l’arte è ponte e non muro. Perciò ci sono momenti in cui le performances oltre che dare bellezza al mondo, devono anche provocare e stimolare le coscienze di chi per il mondo ci cammina. Ecco perché, dopo che Vannacci aveva dubitato dell’italianità di Paola Egonu in virtù del suo colore, il pittore di Frosinone ha deciso di lanciare il suo, di messaggio.

Dipingerà quindi una figura con i connotati e l’attribuzione di “divinità italica” ma con la pelle nera. Per dire, anzi, urlare che l’arte non è solo il vuoto contenitore di cose belle ma comode.

No, l’arte è anche un argine a quando nel mondo le cose prendono una brutta piega. Un argine che si fa risposta. Forte.

Lancia… la sfida.

RICCARDO DEL BROCCO

Riccardo Del Brocco su Rai Regione

Il segreto del jujitsu sta tutto nell’antica filosofia giapponese: basata su arte, tecnica, pratica, meditazione, flessibilità. Solo loro potevano sviluppare una micidiale arte marziale fondata sul concetto “Il morbido vince il duro“. Non importa quanto tu sia alto, piazzato, strutturato: nel jujitsu la forza proviene anche dal proprio avversario, nell’ultimo istante dell’attacco subìto si fa in modo che l’avversario trovi davanti a sé il vuoto e si prenda la sua energia usandola a proprio vantaggio.

Non è dato sapere se l’assessore all’ambiente di Ceccano Riccardo Del Brocco sia un frequentatore di palestre delle arti marziali; in proposito girano leggende, mai smentite ma nemmeno confermate. Certo è che abbia imparato ad usare la micidiale arte del jujitsu in politica e nel suo settore.

Da alcuni giorni stanno comparendo sulle sue pagine social una serie di ‘card’ cioè di foto accompagnate da un brevissimo commento. In che modo Riccardo Del Brocco sta sfruttando a proprio vantaggio l’energia degli altri? Prendendo concetti del tutto distanti dal suo mondo e dal suo pensiero ma che vanno a confermare le posizioni da lui sostenute in tema di Ambiente ormai da tempo. Ed alle quali in tanti non credevano. Un paio di esempi?

La prima bordata: basata su un dato di ArpaLazio e sulla sua grafica, accompagnata dalla frase “A Ceccano nessuno sforamento del 29/2 con l’arrivo del clima più mite. Confermata la nostra tesi sui riscaldamenti domestici”. È un’antica battaglia dell’assessore: l’inquinamento è dovuto alle caldaie di casa troppo vecchie e poco manutenute, non alle auto; pertanto i blocchi del traffico sono una misura debole per contrastare le smog.

Secondo colpo: basato su un titolo di Repubblica: “Stop alle caldaie. Il salto di classe con pannelli e pompe di calore”. Il commento dell’assessore: “Confermata la nostra tesi sul falso problema del traffico”.

Non convenzionale, basato sulla forza degli argomenti avversari, schivati e sfruttati a proprio favore: si chiama Jujitsu.

L’assessore in kimono.

FLOP

MATTEO PIANTEDOSI

Matteo Piantedosi, prefetto di Roma (Foto Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

La storia ormai trita ma non ancora risolta della città di Bari pesa come un macigno, e non in punto di forma di ciò che ha allestiti istituzionalmente Matteo Piantedosi. E’ vero, il ministro dell’Interno non ha fatto altro che seguire l’usta buona di un dovere assoluto.

Come pur è vero che in queste azioni di verifica sulle municipalità italiane in odor di mafia nessuno ha mai badato al colore politico di chi amministrava. Si è andati a guardare se ci fossero o meno i presupposti per un trasparente governo della Cosa Pubblica.

C’è però un fatto secondo ma non secondario, anche al netto della polemica imbastita dal centrosinistra. La decisione di inviare la commissione è stata presa dal Viminale, è vero. Ma è anche vero che l’input a ché quell’organismo si mettesse in moto è venuto da alcuni parlamentari di centrodestra.

Gli arresti di febbraio
Antonio Decaro (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Di cosa parliamo? Proviamo a capirlo: il 26 febbraio a Bari, la Bari del sindaco Antonio Decaro, c’erano stati degli arresti. Erano lo step cautelare dell’inchiesta Codice interno “che ha disvelato un presunto sistema di voto di scambio politico-mafioso alle elezioni comunali del 2019.

Le infiltrazioni mafiose avrebbero presuntivamente pervaso anche l’azienda municipalizzata del trasporto urbano, l’Amtab. Lì si era andati di amministrazione giudiziaria per un anno. Dal Viminale poi è partita un’ispezione in Prefettura a Bari. Questo perché pare che una “funzionaria si rivolse ad un indagato vicino al clan per riavere l’auto che le era stata rubata”.

E tra gli indagati ci sono anche Carmen Lorusso, consigliera “eletta con il centrodestra e poi passata nella maggioranza di Decaro”. Con lei suo marito Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale. Insomma, i presupposti ci sono. Tuttavia appare debole la linea per cui il Viminale vorrebbe sciogliere un’amministrazione che, tecnicamente, con quei fatti non c’entra nulla.

Le parole del ministro
Matteo Piantedosi

Piantedosi ha detto: “Questo governo ha dichiarato guerra alle mafie e non certo agli amministratori locali. Capisco l’amarezza del sindaco di Bari, ma il nostro governo da quando si è insediato ha già sciolto 15 Comuni in prevalenza di centrodestra. A parte l’excusatio non petita resta il dubbio grosso.

Ci sono davvero i presupposti per agire organicamente sull’intero sistema complesso amministrativo del capoluogo pugliese dove si rinnoverà il Consiglio Comunale a giugno? E se la Commissione arrivasse a decidere per il commissariamento, è giusto che il voto slitti di 18 mesi?

Questo contando che Bari è presidio dem e che con il suo malaffare presunto il Pd e l’amministrazione nel suo insieme avrebbero avuto a che fare per singola, ipotetica fiata rappresentata da una “confluita” a maggioranza?

Nessuno difende anche solo l’odor di mafia con la scusa delle singolarità delle sue epifanie, sia chiaro come il sole. Tuttavia forse mai come un questo caso sarebbe meglio affidare tutto alla chirurgia della magistratura.

Di certo Piantedosi, funzionario integerrimo, non ha assecondato alcun “gioco” politico. Ma altrettanto certamente ha aiutato chi avrebbe voluto che quel gioco non emergesse a prescindere.

Magari non era il caso.

SIMONE PILLON

Simone Pillon (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Come accade abbastanza sovente ha fatto tutto lui: lui che è stato giudice, Pm e “secondino” di un ragionamento analitico difficile da confutare, ma lui ci è riuscito. Simone Pillon non è uno che ha sempre e solo torto, questo va detto. E’ un conservatore, ortodosso ed è una persona loquace per la sua parte “buona ma sua”.

E’ spesso urticante nelle sue convinzioni più avverse alle vie del mondo per la parte “sua ma meno buona”. Stavolta però Pillon ha deciso di andare contro un costrutto che davvero è inattaccabile. E’ quello con il quale dalla Consulta è arrivato un monito, l’ennesimo, a che la Legge non preceda (più) il legiferato.

Nel 2019 e sul fine vita una sentenza disse cosa andava fatto ma il Parlamento ancora non ha detto la sua. C’era la scusa del Covid che sarebbe arrivato, ma non dura per sempre.

Il che è un chiaro sintomo di democrazia malata e di politica patogena perché arretrata. Il monito della Corte Costituzionale ha scatenato le considerazioni di Simone Pillon. Su cosa? Sull’ultimo “sollecito” del Presidente della Corte Costituzionale Augusto Antonio Barbera nel corso della relazione annuale al Presidente della Repubblica, in ordine a fine vita e figli di coppie gay.

Il sollecito di Barbera
Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale

Ecco cosa ha detto Pillon: “Con tutto il rispetto, mi hanno insegnato che la Consulta giudica la costituzionalità delle leggi, il Parlamento le fa, e decide quali e quando”. E ancora: Dettare agenda e contenuti ad un altro potere dello Stato non è compito della Corte. Pena la morte della democrazia rappresentativa”.

Eppure Barbera era stato chiaro: “In un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri, al rigoroso rispetto delle decisioni delle magistrature deve corrispondere l’altrettanto rilevante rispetto delle decisioni delle sedi parlamentari. Che sono “espressione della sovranità popolare”. Insomma, il preambolo già diceva tutto. La Relazione di Barbera ha auspicato poi “un intervento del legislatore” che dia seguito alla sentenza Cappato “sul fine vita”.

E poi un intervento “che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”. La Consulta deve rispettare l’ampia sfera di discrezionalità del legislatore nell’attuazione delle politiche. Delle quali il Parlamento risponde direttamente agli elettori”.

L’inerzia legislativa persistente

E tuttavia “a fronte di una persistente inerzia legislativa, la Corte non può comunque rinunciare al proprio ruolo di garanzia. Che include anche il compito di accertare e dichiarare i diritti fondamentali reclamati da una ‘coscienza sociale’ in costante evoluzione”.

Come a dire “noi verifichiamo le leggi fatte, ma dobbiamo anche sollecitare leggi che precedano le nostre sentenza, sennò il meccanismo si inceppa. Non ci piace ma è la politica che deve accelerare, non noi che dobbiamo arretrare”. Tutto chiaro, talmente chiaro che per Pillon chiaro non è.

O rifletti o taci.