Top e Flop, i protagonisti di venerdì 25 agosto 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 25 agosto 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 25 agosto 2023.

TOP

STEFANO BONACCINI

Stefano Bonaccini

Quello con cui Stefano Bonaccini aveva lasciato il governo prima della pausa estiva in purezza era un muro. Il muro eretto dal presidente del Pd contro una sorta di “nichilismo” finale dell’Esecutivo. Di un fenomeno cioè che avrebbe portato il team Meloni a non perfezionare le iniziative concrete a favore degli alluvionati di Emilia-Romagna, Marche e Toscana. E di fatto a vanificare il merito pratico di quella iniziative.

Per Bonaccini il governo “ha ignorato ancora una volta le nostre richieste, condivise coi territori e le comunità colpite dall’alluvione dello scorso maggio”. Ma su cosa di preciso?Nessuno stanziamento per il risarcimento dei danni e conseguente indennizzo a famiglie e imprese. Stiamo lavorando ogni giorno molto e bene con il Commissario Figliuolo, ma senza le risorse necessarie non si riesce ad aiutare chi ha perso tutto e chi è in difficoltà”.

Che significa? Che la sporta delle buone intenzioni è piena e che la gerla dei fatti che dovrebbero partorire è vuota. Bonaccini lo sa, è un governante di secondo livello ed è anche uomo di punta dell’opposizione. Uomo chiave di un possibile avvicendamento al Nazareno se le Europee Targate Elly Schlein dovessero essere un flop.

Perciò ha detto: “Noi non intendiamo rimanere con le mani in mano ad aspettare. Ed avanziamo anche proposte”. Con i presidenti delle province più disastrate era partita perciò una lettera alla premier Giorgia Meloni. Lo scopo è chiederle un incontro urgente a Roma, proprio sul tema degli indennizzi e del risarcimento danni. “D’altronde, è stato il Governo, giustamente, a dire che avrebbe garantito ristori al 100%”.

E così facendo Bonaccini si è accreditato due volte, “puntando” anche sui pochi milioni finora arrivati alle zone alluvionate. Come paladino di genti che hanno patito l’orrore e come conducator di elettori che assocerebbero l’inerzia su quell’orrore ad una decisione d’urna. Decisione alle Europee.

Decisione utile per il Pd. Ma soprattutto utilissima per Bonaccini.

Mordace. E pronto.

GIOVANNI ACAMPORA

Max Biaggi con Giovanni Acampora

Il turismo del nuovo millennio è completamente diverso da quello del passato. Non è solo un viaggio per vedere una località nuova, non è solo un’occasione per rilassarsi, divertirsi e mangiare bene. È tutto questo messo insieme ed anche altro di più. Si chiama infatti turismo esperienziale. Il viaggio deve essere un’esperienza che emoziona. Ed il presidente della Camera di Commercio di Frosinone e Latina Giovanni Acampora lo sa benissimo.

Ha colto al volo l’occasione di un viaggio nelle emozioni compiuto dall’indimenticato campione di motociclismo Max Biaggi: quattro volte mondiale nella 250, vicinissimo più volte al titolo nella 500, centrato due volte in Superbike. A distanza di quasi trent’anni è tornato nella “sua” Ventotene. Ci andava da bambino e ci abitava per periodi anche lunghi. Ha rivisto i ragazzini con i quali passava i pomeriggi a giocare a pallone.

Giovanni Acampora lo ha voluto incontrare e premiare. E lo ha fatto alla presenza di Sandro Cuomo che ha lasciato Napoli per diventare isolano ormai dal ’73: è l’ex ct della Nazionale italiana di spada, olimpionico ad Atlanta ’96; ad oggi è il tecnico più titolato di tutti i tempi nella specialità.

Ha trasformato la visita in una vetrina: per l’isola, il suo turismo, il suo territorio, andando oltre i soliti schemi vacanzieri. Ha fatto capire che Ventotene può essere anche un’isola dal vivere, nella quale giocare a pallone ed avere amici, dove poter andare non solo in estate ma anche in tutti gli altri periodi dell’anno.

Navigazione a 360 gradi.

FLOP

LA SOPRINTENDENZA DI MILANO

Lo stadio San Siro quando aveva solo due anelli

La loro è una mission importante che soprattutto in Italia spesso assume toni salvifici. Però come accade con tutte le mission ci sono anche gli “ultimi sodati giapponesi sull’isola”. Archetipi cioè di un modo di fare per cui la fedeltà al mandato si fa tigna e la stessa rischia di innescasse regresso, perplessità. O più problemi di quanti non si sarebbe voluto evitare.

E’ da inquadrare in questo contesto, anche se non mancano i giudizi di assoluto favore, la scelta della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del comune di Milano. Ente che ha deciso ormai da tempo di porre il vincolo storico sullo stadio Giuseppe Meazza. Sì, esatto, il mitico San Siro e nessuno si adombri. Ovvio che per molti cuori è totem urbanistico fondamentale, cioè storia, ma ci sono altri problemi.

Ad ogni modo la Soprintendenza ha messo nero su bianco un documento di prescrizione per il quale di fatto stadio non potrà essere demolito. Ma perché lo si doveva demolire? Per consentire la costruzione di uno nuovo al suo posto. Esattamente così come da tempo avrebbero voluto il comune e le due principali squadre di calcio della città, Inter e Milan.

Il vincolo insuperabile è quello che riguarda non tutta la struttura, e qui si cade un po’ nel ridicolo. No, esso vige sul secondo anello di San Siro, ossia la parte di stadio costruita negli anni Cinquanta. Non c’è stata alcuna scossa di ritorno particolare perché Inter che Milan stanno valutando progetti alternativi da tempo per costruire due nuovi stadi di proprietà a San Donato Milanese ed a Rozzano.

Tuttavia il dato resta: ed è il dato per cui un’opera che avrebbe potuto ammodernare la seconda città Italiana e la sua capitale economica non si farà per una parte di una struttura. Parte che risale a quando Alberto Sordi girava i suoi primi film di cassetta. Alla faccia dei Repower-Eu e di mille dogmi di ammodernamento.

Ed in un paese che i vincoli di solito li applica quando in ballo ci sono cose che vanno dai Villanoviani al Risorgimento, via Roma imperiale. Un po’ è giusto ma un bel po’ è anche frustrante. E la parte che frustra gli animi decisamente prevale.

Cavillo inutile.

MARCELLO DE ANGELIS

Marcello De Angelis (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeonomica)

C’è abiura ed abiura. C’è quella del pentito, sinceramente convinto d’avere sbagliato e fermamente intenzionato a non commettere di nuovo l’errore; uno sbaglio che mai avrebbe voluto commettere ma che ormai è fatto e sta lì. Poi c’è il pentimento fatto per opportunità: un po’ come quelle di Galileo Galilei che per non finire sul rogo disse d’essersi sbagliato e che aveva ragione l’inquisizione nel sostenere che la terra fosse al centro ed il sole le girasse intorno.

Di quale natura sia il pentimento di Marcello De Angelis, responsabile della Comunicazione Istituzionale della Regione Lazio, lo sa solo lui. Ieri aveva sconfessato se stesso rinnegando le parole di una canzone scritta e cantata con il gruppo giovanile del quale faceva parte. Un brano intriso di inaccettabili concetti antisemiti presi dalla più becera retorica neonazista. Tra le altre cose aveva detto che le parole di quella canzone risalivano “ad un periodo della mia vita in cui non mi riconosco. A rileggere quelle parole oggi provo imbarazzo e orrore, così come oggi non riscriverei altre canzoni realizzate in passato“. Bene, bravo, applausi e stima per il pentito. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di giovedì 24 agosto 2023).

Poi però alza il dito l’ex deputato del Pd laziale Emanuele Fiano. Estrae una foto apparentemente innocua con la quale il 21 dicembre dello scorso anno Marcello De Angelis faceva gli auguri. Su instagram: un candelabro con un lumino acceso all’interno e un bicchiere di vino bianco accanto, accompagnati dalla frase “Meglio accendere una candela… che maledire l’oscurità… Buona fine e buon inizio”. Cosa c’è di strano?

Lo spiega Fiano che della materia è conoscitore: sua padre sopravvisse ad un campo di sterminio nazista. “Quel candelabro è uno Yule, offerto come omaggio dal criminale Heinrich Himmler ai camerati delle SS per il capodanno, lo facevano produrre da prigionieri di Dachau alla fabbrica Allach. I nazisti dovevano accenderlo il 21 dicembre per il solstizio, seguendo la passione himmleriana”. Ed il posto di De Angelis è stato pubblicato il 21 dicembre.

Solo lui sa se nel suo animo è fermamente pentito. O se – come Galileo Galilei – abbia mentito per evitare di finire sul rogo. E perdere il lauto incarico in Regione. Umanamente comprensibile. Ma Galileo lo fece per salvare la Scienza. De Angelis per molto meno.

Questioni di coscienza.