A chi conviene l’incendio Vdc

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

 

di Franco DUCATO
Conte del Piglio (ma non) in Purezza

 

 

 

C’è qualcosa di profondamente metaforico nell’incendio che ha distrutto parte dello stabilimento della ex Vdc di Anagni.

Le fiamme non hanno solo rovinato parte di uno stabilimento che, per decenni, è stato il cuore dell’industria cittadina e simbolo di lavoro in tutta la provincia di Frosinone. Hanno anche messo una pesante ipoteca sulla possibilità di rinascita della zona.

A chi è convenuto quell’incendio? Proprio ora che il Consorzio Asi era riuscito a riappropriarsi della struttura. Adesso che l’ex Vdc stava diventando il centro di un piano di rilancio per l’intera area. Nel momento in cui Asi stava decidendo come assegnare l’immobile: alla migliore offerta economica o al migliore progetto di recupero degli ex dipendenti.

Cosa dovrebbe pensare oggi un imprenditore disposto ad investire sulla struttura? Che, come minimo, si va a cacciare dentro un ginepraio senza via d’uscita. In cui nulla è certo, nulla è come dovrebbe essere. Perché è palese; le fiamme arrivano quando si sta per far partire il bando per provare a riconvertire la zona. A darle un nuovo futuro.

Quando sembra che le cose possano ripartire, qualcosa, o qualcuno, si incarica di fermarle.

Come se la possibilità di operare secondo le regole qui fosse preclusa. Come se tutto dovesse essere sempre decadenza ed arbitrio.

In fumo ci va però anche altro. La credibilità di una classe dirigente che per anni sulla Vdc non ha saputo dare risposte. A partire dai Governi nazionali (se ne sono alternati di centrosinistra e centrodestra) che per non irritare gli investitori indiani furono a lungo sordi alle grida di disperazione che si alzavano da Anagni, prima che fosse troppo tardi.

Le crisi industriali si affrontano prima che un’azienda sia decotta. Se la crisi Vdc fosse stata aggredita prima, se le risposte fossero state fornite in tempi utili, se non ci fossero state troppe passerelle, oggi la Vdc non sarebbe quello che è. Terra di nessuno. In cui tutti pensano di poter fare quello che vogliono.

Ma il fumo è anche quello vero, non metaforico. È quello nero ed inquinante che oggi ha invaso Anagni. Uguale a quello che nel 2013 si sprigionò dalla ex Snia. Un fumo che ci ricorda come la nostra zona abbia percentuali inaccettabili di gravi malattie. Figlie di anni di scambio scellerato tra sviluppo e salute.

Sciascia nel 1988 parlava, a proposito di Palermo, come di una città “irredimibile”. Un termine che, purtroppo, comincia ad essere adatto anche alla nostra terra. Che è diventata ormai, per citare un libro di Benedetto Croce, “un paradiso abitato da diavoli”

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