Voto a… perdere. Gattopardi a 5 Stelle e spettatori silenti

Un cambiamento di facciata voluto solo dai Cinquestelle. Che però nessun Partito ha il coraggio di additare come mannaia della rappresentanza. Con fronde interne del No. E con la Provincia di Frosinone in silente sudditanza all'ultimo totem dell'antipolitica.

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. La frase esatta pronunciata da Tancredi nel celebre romanzo Il Gattopardodi Giuseppe Tomasi di Lampedusa è questa. Vale a dire che soprattutto in politica è necessario cambiare tutto per non cambiare nulla.

Oggi e domani gli italiani sono chiamati alle urne per il referendum confermativo che chiede il taglio di 345 seggi parlamentari, 230 deputati e 115 senatori. Una “battaglia” soltanto del Movimento 5 Stelle, dall’inizio ad oggi.

All’inizio per aprire il Parlamento come “una scatola di tonno”. Adesso per sigillare quella “scatola di tonno” che non è stata neppure scalfita. In realtà l’obiettivo era semplicemente (come sempre) quello di una sostituzione di classe dirigente. La lotta alla Casta non c’entra nulla. Con 345 parlamentari in meno l’Italia diventerebbe il Paese fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il rapporto tra numero di cittadini e deputati. Un economista del calibro di Carlo Cottarelli ha calcolato i risparmi in soli 57 milioni di euro l’anno, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica.

Di cosa stiamo parlando? Di fumo negli occhi, di strategie politiche di corto respiro. Il Movimento 5 Stelle alle regionali non può vincere da nessuna parte, i sondaggi nazionali lo danno su percentuali che rappresentano la metà del voto del 4 marzo 2018. Alle comunali non lasciano il segno. Il Sì al referendum servirebbe però per restare al Governo del Paese, con una maggioranza parlamentare che non rappresenta più il reale rapporto di forze che c’è in Italia.

Un voto, quello sul referendum, completamente sganciato dal contesto. Un voto a perdere, qualunque sia il risultato finale. Voto per fare finta di cambiare tutto per non cambiare nulla. Gattopardi for ever.  

La rappresentanza democratica a forte rischio
Il Parlamento italiano: oggi e domani si decide il numero dei suoi componenti

Non sfugge a nessuno che con 345 seggi in meno i collegi andrebbero cambiati. Non sfugge a nessuno che spirano forti venti di sistema proporzionale. Né sfugge che da anni è in atto uno smantellamento dell’impianto politico ed istituzionale. Si è cominciato con le Province, dove non vota più il popolo sovrano. Votano sindaci e consiglieri comunali. Cioè gli addetti ai lavori. E si sta proseguendo lungo quella strada, con l’obiettivo (neppure celato) di consegnare tutto il potere nelle mani di pochi. Vale a dire delle segreterie dei Partiti, che già da tempo scelgono chi viene eletto e chi no. Con i posizionamenti, con i listini bloccati, con l’impossibilità per l’elettore di scegliere davvero.

I tempi del maggioritario sono lontani anni luce. Ma va bene così a tutti. Perché se i 5 Stelle hanno promosso il taglio dei parlamentari, gli altri Partiti si sono accodati. Con pochissime eccezioni. Incapaci di portare avanti una “battaglia” controcorrente, incapaci di sfidare il populismo e la demagogia.

Oltre i 5 Stelle, le fronde autorizzate dei partiti
Luigi Di Maio e Beppe Grillo © Imagoeconomica, Valerio Portelli

E ancora oggi, dopo che in diversi hanno trovato l’orgoglio e il coraggio di propugnare le ragioni del No, i principali partiti cosa hanno fatto? Hanno detto Sì, tifando per il No. Tollerando posizioni contrarie al proprio interno. Magari con lo scopo recondito di potersi intestare sia la vittoria del Sì che quella del No. (Leggi qui Dico Sì ma tifo No. La doppia faccia davanti al referendum).

E allora si sono moltiplicate le “fronde” autorizzate, senza che nessuno abbia sventolato neppure un cartellino giallo. Non rosso. E invece bisognava avere il coraggio di spiegare bene che il nostro impianto costituzionale si regge su una serie di pesi e contrappesi. All’interno dei quali il numero dei parlamentari è fondamentale. Magari aggiungendo che senza una riforma globale dell’intero impianto costituzionale si assesta un colpo di accetta che provocherà dei danni.

Non conterà neppure l’affluenza, perché non serve per il referendum confermativo. E siccome siamo ai tempi del Coronavirus l’affluenza potrebbe essere bassa. Con un paradosso. Che a decidere per lo stravolgimento di una parte fondamentale del nostro impianto costituzionale potrà essere una minoranza della minoranza.

Quell’assordante silenzio della politica locale
Pompeo
Il presidente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo

In provincia di Frosinone la campagna elettorale per il referendum non si è vista. Manifestazioni ridotte al lumicino, con parlamentari eletti e leader politici che sono rimasti ai margini. Al di là di pochissime dichiarazioni (il più delle volte sollecitate), nulla. Anche gli amministratori locali sono rimasti a guardare. Eppure con 345 seggi in meno e leggi elettorali blindate, è proprio la rappresentanza di territori come la provincia di Frosinone ad essere “sotto attacco”. Con la conseguenza che si restringeranno gli spazi per tutti, ad ogni livello.

È la resa della politica all’antipolitica. Non da adesso per la verità, ma ora la situazione è emersa in tutta la sua grottesca drammaticità. Si liscia il pelo all’antipolitica per farsi ridimensionare, sperando comunque di potersela cavare. Perché, come cantavano i Negrita, «L’uomo sogna di volare. E scrive sui muri “noi siamo tutti uguali». Ma prega nel buio: «La sorte del più debole… non tocchi mai a me». Invece stavolta la sorte del più debole può toccare proprio alla politica locale, che sarà sacrificata sull’altare dei big nazionali e regionali.

Nessuno però si riempia più la bocca con espressioni tipo “i poteri forti”, le “lobby”, i “potentati”. Perché è proprio con una politica debole che si lasciano spazi e praterie. Gli eletti alla Camera e al Senato potranno essere di meno. E quindi più forti. Ad essere indeboliti dal taglio in realtà saranno gli elettori

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