Zola, il presidente di pietra che rischia di finire bruciato

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Il presidente è rimasto solo, con una tanica di benzina in mano ed un cerino nell’altra: se quello che ha acceso sia un rogo purificatore, come i fuochi che vengono innescati ogni anno sui terreni per bonificarli, solo il presidente del Cosilam Pietro Zola può saperlo. L’unico dato certo è che le fiamme ci sono e ogni giorno che passa rischia di perderne il controllo.

LA PREMESSA TECNICA
Il Cosilam è il Consorzio per lo Sviluppo del Lazio Meridionale. Nato negli anni del governo regionale di Francesco Storace su pressione dell’allora potentissimo assessore Anna Teresa Formisano, si occupa delle aree industriali nel sud della provincia di Frosinone. Il suo business è la gestione dei depuratori al servizio delle imprese, riceve un canone d’affitto da ogni fabbrica: nel suo impianto di depurazione lavora poco meno di 3 milioni di metri cubi di acque industriali; produce energia elettrica su un parco fotovoltaico realizzato su una superficie di 4.500 metri quadrati. I suoi conti sono stati per tantissimo tempo in profondo rosso: 1) perché – per scelta politica – le fabbriche pagavano una tariffa di depurazione molto bassa; 2) perché il Consorzio Asi di Frosinone (quello che fino alla nascita del Cosilam gestiva le aree industriali di tutta la provincia) non ha voluto cedergli i suoi depuratori che si trovano nel Cassinate e soprattutto quello al servizio di Fiat, con tutti i relativi incassi; 3) perché è stato necessario rivolgersi alle banche per costruire il proprio depuratore di due ettari ed il parco fotovoltaico; 4) perché la politica ha parcheggiato in quegli uffici più persone di quelle che i conti consentivano di ammortizzare. Risultato: un buco milionario, coperto con maxi prestiti delle banche popolari del Frusinate (ha acceso due ipoteche sugli immobili, a garanzia dei soldi prestati) e del Cassinate (ipoteca di terzo livello sugli immobili).

LA PREMESSA POLITICA
Ai tempi d’oro il Cosilam ha gestito robuste gare d’appalto: per realizzare depuratore e parco ma anche per coordinare i milioni piovuti dal governo regionale di Piero Marrazzo (Francesco De Angelis Assessore all’Industria e Mario Abbruzzese dominus del Cosilam) attraverso la legge 42 per il rilancio dell’indotto metalmeccanico, costruendo il Polo Logistico al servizio dello stabilimento Fiat Chrysler Automobiles. Tutto questo lo rende un centro di potere economico e politico. I cordoni della borsa e le redini del potere sono state sempre saldamente in mano alla politica, fino a qualche anno fa quando poi gli industriali hanno scavalcato i politici e ne hanno preso il posto ignorando le indicazioni di Partiti sempre più deboli. Al timone del Cosilam arriva l’economista Raffaele Trequattrini dell’Università di Cassino assistito da alcuni imprenditori tra cui Danilo Zola responsabile di Confindustria per il Cassinate e figlio dell’attuale presidente.

L’ELEZIONE DI ZOLA
All’elezione dell’attuale presidente Pietro Zola si arriva nei mesi scorsi, in un clima di spaccatura tra i Partiti (è al culmine la rottura tra l’ex parlamentare Ue Francesco De Angelis ed il senatore Francesco Scalia, Forza Italia svolge la funzione di ago della bilancia a seconda delle sue convenienze) e di ricomposizione con gli industriali. Il presidente di Confindustria Frosinone Davide Papa mette all’incasso la cambiale politica che nei mesi scorsi gli aveva firmato il presidente della Camera di Commercio Marcello Pigliacelli e rivendica il diritto di proporre il nome del nuovo presidente. Il nome proposto è quello di Pietro Zola, self made man che dal nulla (era un semplice dipendente) ha creato una solidissima realtà nel settore della lavorazione dei marmi: Pigliacelli lo sostiene e trascina il sistema delle imprese a coalizzarsi. L’ala Pd di De Angelis appoggia la candidatura perché nel programma c’è la soppressione del ruolo di Direttore Generale: quel ruolo è saldamente nelle mani di Nino Gargano, eminenza grigia del potere democristiani dagli anni Ottanta, fedelissimo del senatore Scalia. E in caso di vittoria di Zola dovrà essere decapitato.

IL TERRENO MINATO
Pietro Zola prosegue il piano di risanamento avviato dal professor Raffele Trequattrini. Riorganizza, razionalizza, risparmia, non prende un centesimo e non risponde alla politica. Ma non innova: vive di rendita sui progetti ereditati. E non fa in tempo a ghigliottinare il direttore generale: nel momento in cui Zola veniva eletto, Nino Gargano finiva in ospedale a causa di un malore. Una volta ristabilitosi è rientrato al lavoro. E Zola ha avviato l’iter per disfarsene. Ma poco alla volta si è trovato sempre più solo. Non isolato ma solo: nessuno o quasi dei vecchi sostenitori gli ha voltato le spalle, ma ad un certo punto hanno smesso, uno alla volta, di andare alle riunioni in cui si decide. Perché? Una fonte sostiene che sia per un cavillo della legge 264/91 che disciplina la responsabilità degli amministratori: hanno saputo che non sono coperti se provocano un danno all’ente a causa di una scelta sbagliata. E la richiesta di eliminazione del direttore generale è un terreno minato. Sull’eliminazione di Nino Gargano si rischia molto per una serie di motivi. In ordine sparso: nella sua ultima conferenza stampa da presidente, Raffaele Trequattrini mise il dito nella piaga: in sostanza disse «Mi attaccano perché non voglio licenziare il direttore Gargano. Ma non ho nulla da addebitargli. Mi dicono che c’è un buco nei conti: ma se deve esserne considerato responsabile allora deve essergli riconosciuto anche il merito di averlo sanato perché il trend è stato invertito ed il prossimo bilancio si chiuderà in pareggio». Inoltre, nessuno dei consorzi industriali operativi in Italia non ha un Direttore Generale. E poi Gargano ha un contratto blindato: lo stesso professore Trequattrini disse di avere chiesto un parere a diversi suoi colleghi di Giurisprudenza e tutti gli avevano detto che c’era il fortissimo rischio di perdere una eventuale causa di lavoro. Il rischio di un’azione di responsabilità a carico di chi ne votasse la cacciata è alto, la copertura delle assicurazioni in base alle 264/91 è alquanto difficile.

LA TANICA DEL PRESIDENTE
Ma Pietro Zola è di indole paragonabile alla durezza delle pietre che lavora e rifornisce agli architetti di mezzo mondo. Resistente, impermeabile, più incline a rompersi che a piegarsi. E allora è andato avanti per la sua strada. Nei giorni scorsi ha messo a punto una relazione sulla situazione contabile trovata nel Cosilam. Chi l’ha letta assicura che contiene severissime riserve sulla condotta tenuta dal professor Trequattrini e dal sindaco di Cassino Giuseppe Golini Petrarcone nel periodo in cui anche ha guidato anche il consorzio industriale: rilievi gravi ed al limite della cattiva gestione. A chi gli ha fatto notare «Pietro, guarda che con Trequattrini era in Consiglio d’Amministrazione anche tuo figlio Danilo, rischi di coinvolgerlo…» il presidente pare abbia risposto «Paga chi ha sbagliato: chiunque». Ma quella relazione appicca un incendio ben più grosso di quello acceso dalla decisione di eliminare il Dg.

LA REAZIONE DI PETRARCONE
Peppino Petrarcone non gradisce né quella relazione né che si insinui una sua mala gestione. Lui che rappresenta il socio di maggioranza relativa (il Comune di Cassino possiede il 17,26% del capitale sociale) prende carta e penna e manda il preavviso di sfratto a Zola: «Non credo che il compito di un presidente debba essere quello di cercare colpevoli all’interno dell’Ente, ma quello di proporre delle idee di sviluppo per tutto il settore industriale del territorio. Allo stesso tempo deve rispettare il piano di risanamento approvato dall’assemblea dei soci che, al momento, ha già dato dei risultati incoraggianti sull’ultimo bilancio. Scelte, ricordo, che vengono da lontano. Se crede in questo progetto bene, altrimenti può tranquillamente cedere il passo». Tradotto: “Il piano di risanamento lo abbiamo fatto con Trequattrini e sta funzionando, se non ci credi prendi le tue cose e tornatene da dove sei venuto.

Su quali cifre si basa Petrarcone? Queste: al 31/12/2014 c’era un buco di 1,950 milioni di euro, al 31/12/2015 il buco è stato coperto per l’80% ed sceso a 390mila euro; con gli aumenti delle tariffe a carico delle imprese che scatteranno il prossimo aprile si prevede che al 31/12/2016 il Cosilam avrà i conti risanati e sarà in attivo.

L’incendio inizia ad allargarsi e Petrarcone allarga il fronte: «Su questa posizione, così come su tante altre da quanto mi risulta, il presidente Zola non ha condiviso con i soci». Mette in dubbio la validità delle sue decisioni: «Nel Consiglio d’Amministrazione non c’è quasi mai l’unanimità nel prendere le decisione. Appare evidente che c’è uno scollamento nel gruppo dirigente del Cosilam». E se non fosse chiara la mission che gli è stata affidata, Petrarcone ricorda a Zola «Il compito affidato a questa governance è chiaro e passa per il rilancio dell’automotive così come di tutti gli altri settori produttivi del territorio. Quest’opera di rilancio deve avere ben altri basi e non pensare unicamente al licenziamento del direttore generale che, tra l’altro, comporterebbe un esborso di denaro molto più alto dell’attuale stipendio di Gargano che, ricordiamo, è molto al di sotto dei compensi dei direttori generali degli altri enti equiparabili».

IL RETROSCENA ELETTORALE
L’incendio ha innescato una serie di sospetti nelle file di Petrarcone. Il sospetto più grave è che sia stato acceso in vista della prossima tornata elettorale a Cassino, nonostante l’endorsement fatto dal presidente Pigliacelli subito dopo la decisione di Petrarcone d’appoggiare l’elezione di Zola: «Se abitassi a Cassino voterei Petrarcone per il senso di responsabilità che ha dimostrato in questa occasione» aveva detto Pigliacelli, schierando così il sistema delle imprese. Poi, la scoperta che una nuora di Zola, si sostiene, sarebbe tra i candidati nelle liste di Marino Fardelli che si contrappone alla rielezione di Petrarcone, non ha fatto altro che gettare altra benzina sul fuoco.

IL GIORNO DEL GIUDIZIO
Il giorno del giudizio sarà il 4 marzo. Quel giorno si riunirà l’assemblea dei soci: e voterà i punti all’ordine del giorno. Se Pietro Zola metterà in discussione la cacciata di Nino Gargano rischia di ritrovarsi senza una maggioranza. E di doversene andare. Al sistema della politica farebbe solo un piacere: si ritroverebbe tra le mani una presidenza da dover assegnare, un incarico ed un ruolo chiave utilissimo per calmierare la situazione politica a Cassino in vista delle prossime elezioni, creando nuovi equilibri intorno alla maggioranza uscente. Un piacere che Zola non intende fare: lui uscirà dal Cosilam solo dopo avere portato a termine la sua missione: risanarlo e depurarlo dalla politica. Costi quello che costi. A rischio di restare bruciato.