Ciociaria, la bottega non apre più

Crolla il numero degli Artigiani, degli Agricoltori e dei piccoli commercianti. In provincia di Frosinone cambia il profilo di molte attività tradizionali.

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

È un mondo che cambia e scompare. L’artigianato è rimasto quasi solo un ricordo, gli agricoltori sono saliti sui trattori nei giorni scorsi per dire che così non dureranno molto. Ed anche le piccole botteghe di paese stanno facendo la stessa fine. Siamo dentro un mondo nel quale tutto è uguale e solo chi lo fa in grandissimi numeri riesce a guadagnare. È uno tsunami mosso dalle nuove abitudini, dalle comodità, dalla facilità di avere. Il prodotto unico e fatto su misura è solo per pochi.

Dopo il 2020, annus horribilis in cui è scoppiata la pandemia, il popolo delle partite Iva è tornato ad aumentare. Oggi in Italia la platea è stabilmente sopra i 5 milioni di effettivi.  Al 31 dicembre scorso si contano 5.045.000 lavoratori indipendenti e sebbene il numero sia in leggero aumento rispetto a quattro anni fa, va segnalato che rimane ben lontano dai 6,2 milioni che registravamo agli inizi del 2004.  

A comunicare questi dati è l’Ufficio studi della CGIA.

L’altra faccia della medaglia

Dopo questa notizia positiva, la Cgia ne rende nota anche un’altra. Negativa. Non tutte le categorie del lavoro autonomo godono di buona salute. Anzi. Molte professioni sono in grosse difficoltà e il loro numero sta diminuendo.

In particolare stanno scomparendo i lavoratori autonomi “classici“: come gli artigiani, i piccoli commercianti e gli agricoltori. Diversamente, sono in espansione le partite Iva senza albo od ordine professionale. Alcuni esempi di professioni non regolamentate? I web designer, i social media manager, i formatori, i consulenti agli investimenti, i pubblicitari, i consulenti aziendali, i consulenti informatici, gli utility manager,  i sociologi, gli amministratori di condominio. Sono professioni cresciute in fretta e che nessuno ha fatto in tempo ad organizzare e regolare. Sarà ancora così e lo sarà in maniera ancora più veloce. I ragazzi che sono oggi alle Scuole Medie faranno un mestiere che oggi nemmeno esiste.

Il popolo delle partite Iva, delle micro imprese ed i loro dipendenti rappresentano un blocco sociale di oltre 6 milioni di persone. Prima del Covid, produceva quasi 200 miliardi di Pil e negli ultimi 40 anni è diventato centrale in molte regioni del Paese. Una componente strutturale del nostro sistema economico, soprattutto a Nordest.

La situazione esplosiva a livello regionale

A livello territoriale “soffre” il Centro. Gli ultimi dati disponibili a livello territoriale sono aggiornati ai primi 9 mesi del 2023: dicono che il trend relativo all’andamento dei lavoratori indipendenti è in linea con i risultati riportati negli ultimi 3 anni. Anche se l’incremento dell’intera platea non ha interessato tutte le regioni.

Se nell’ultimo anno il Molise (+8,4 per cento), la Liguria (+8,2 per cento), la Calabria e l’Emilia Romagna (entrambe con il +5,6 per cento) hanno registrato gli aumenti più importanti, per contro l’Abruzzo (-4,9 per cento), l’Umbria (-5,6 per cento), il Trentino Alto Adige (-8,4 per cento) e le Marche (-10,1 per cento) hanno subito le contrazioni più significative.

La crisi dei classici

Se la platea dei lavoratori indipendenti negli ultimi anni è tornata a crescere, le attività che costituiscono il cosiddetto lavoro autonomo “classico” sono in costante diminuzione. Rappresentano quasi il 75% circa del totale dei lavoratori indipendenti presenti nel Paese. Il riferimento è alle categorie degli artigiani, dei piccoli commercianti e degli agricoltori.

Se il confronto lo facciamo tra il 2014 e il 2022 (il più esteso arco temporale che i dati Inps ci consentono di monitorare), il numero complessivo di queste tre categorie è sceso di 495 mila unità. Gli agricoltori sono diminuiti di 33.500 unità (-7,5 per cento), i commercianti di 203.000 (-9,7 per cento) e gli artigiani addirittura di quasi 258.500 (-15,2 per cento).

Il crollo del numero degli artigiani, dei commercianti e degli agricoltori ha interessato tutte le regioni. In particolare le Marche (-17,2%), il Piemonte (-15,5%), l’Emilia Romagna e il Molise (entrambe -15,1%), l’Umbria (-14,9%) e il Veneto (-14,8%).

A livello provinciale, invece, le realtà più “colpite” sono state Vercelli (-21,6%), Massa Carrara (-20,1%), Biella (-19,4%), Alessandria (-19,3%) e Rovigo (-18,3%). Tra le 103 province d’Italia monitorate, solo Napoli (+0,6%) ha registrato una variazione positiva.

Il Lazio si colloca al 15mo  posto tra le 20 regioni italiane, con 331.989 lavoratori autonomi classici nel 201, per arrivare  305.522 nel 2022. Quindi con una perdita secca, nel periodo, di -26.467 unità, che equivale al -8,0%.

I numeri in provincia di Frosinone

Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica

La Ciociaria, secondo lo studio della Cgia si piazza al 65mo posto su 103 province con – 3.482 autonomi classici nel periodo 2014-2022; laddove erano 30.579 all’inizio, per passare a 27.097 nel 2014. Perdita percentuale pari a -11,4 %.

Quello di Frosinone è il secondo peggior dato negativo del Lazio, dopo Rieti (-12.8%). Le altre province hanno registrato performance ugualmente negative, ma più contenute: Latina -10.7%; Viterbo -10.5%; Roma -6.5%.

Il dettaglio delle attività perse in Ciociaria è riassunto in questa tabella.

Posizione201420192022Variazione 2022 – 2014variazione % 2014- 2022
ARTIGIANI
7210.9899.7559.486-1.503-13,7%
COMMERCIANTI
7516.71815.75515.166-1.552-9,3%
AGRICOLTORI
182.8722.7522.445-427-14,9%