Stellantis, Cassino non rischia ma gli altri si

Carlos Tavares avverte che senza incentivi gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano potrebbero essere a rischio, a differenza di Cassino Plant, più solido a medio-lungo termine. Il braccio di ferro con il governo italiano è all'inizio. Urso: "Pronti a discutere investimenti diretti in Stellantis ma solo se entriamo in società”.

Cassino Plant non rischia. Mirafiori e Pomigliano invece si. Il Ceo di Stellantis Carlos Tavares lo ha fatto capire senza troppi giri di parole. L’Europa s’è messa in testa di fare le auto elettriche anziché quelle a carburante tradizionale ed ora il principale player nel Paese presenta il conto: senza incentivi le macchine non si fanno. Perché non ci si sta dentro con i costi.

Il messaggio di Tavares arriva con una scelta dei tempi non casuale. Il Ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha appena annunciato i 950 milioni di incentivi per le auto ecologiche. L’uomo al timone di Stellantis risponde con un’intervista rilasciata al canale finanziario Bloomberg dicendo che il mercato italiano «è troppo piccolo» e questa è una «diretta conseguenza del fatto che il Governo non incentiva l’acquisto di veicoli elettrici».

Senza soldi, per Tavares sarebbero a rischio gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano, dove oggi si producono la Fiat 500 elettrica, la Maserati GT e GC, la Fiat Panda, l’Alfa Romeo Tonale ed il Dodge Hornet. Non si impressiona il ministro e manda a dire che lo Stato è pronto ad entrare nel capitale della società se Stellantis lo chiede.

Cosa si sono detti

Carlos Tavares

Nell’intervista a Bloomberg Tavares dice che “l’Italia dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel Paese. Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia“.

Adolfo Urso manda a dire “Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis, ce lo chiedano“, afferma il ministro dopo il tavolo automotive convocato per illustrare il nuovo piano di incentivi da 950 milioni di euro. Una provocazione quella del ministro perché il governo non avrebbe alcuna intenzione di entrare davvero nell’azionariato di Stellantis. E dopotutto neppure Exor ha mai manifestato alcuna ipotesi di cedere quote (oggi la holding degli Agnelli è il principale azionista della casa italo francese con il 14,2%).

L’ipotesi piace però alla segretaria del Pd Elly Schlein. “Tavares ha lanciato una sfida, il governo la raccolga e non faccia cadere la provocazione dell’ad di Stellantis. Si prenda sul serio l’ipotesi di una partecipazione italiana a Stellantis che bilanci quella francese“. Anche il leader del M5S Giuseppe Conte l’apprezza e chiede al ministro Urso di “non fare solo chiacchiere e di trattare l’ingresso dello Stato in Stellantis”.

Chi rischia e chi no

A rischiare è lo stabilimento di Pomigliano d’Arco nonostante sia la struttura che in questi anni ha dimostrato la maggior flessibilità. Le linee del Giambattista Vico (un tempo Alfasud) sono state capaci di produrre vetture di altissima qualità e di segmenti molto diversi. Con il declino di Cassino Plant (destinato a tornare centrale una volta che saranno terminati i lavori di adeguamento delle linee alla nuova piattaforma Stla Large) l’impianto di Pomigliano è diventato la punta di diamante del Gruppo in italia. Lavora a pieno regime occupando 4mila addetti. Nel 2023 dalle sue linee di produzione sono uscite 215mila auto e per il 2024 la stima di produzione è pari a 255mila.

A Mirafiori il 5 febbraio è atteso da Parigi Stefan Dubs. È il potentissimo capo degli stabilimenti europei. Nessuno è disposto a scommettere che porterà buone notizie.

Cassino Plant invece è centrale nelle prospettive a medio e lungo termine di Stellantis. Vero è che dallo scorso dicembre e fino a metà gennaio è stato chiuso. Ma altrettanto vero è che la chiusura non era per crisi ma per montare le nuove linee dalle quali nasceranno le vetture del ricco segmento Premium. In 5 anni Cassino Plant ha ricevuto 1 miliardo per rifare completamente Verniciatura e Stampaggio. Soprattutto ha una centrale elettrica capace di assicurare la fornitura di energia a costi ben diversi da quelli di un tempo.

Era uno dei punti deboli indicati da Tavares appena messo piede a Cassino dopo il suo insediamento: il costo dell’energia e la fiscalità. I nodi sono venuti al pettine.

La Regione Lazio al Ministero

Roberta Angelilli (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

Accogliamo con grande soddisfazione l’impegno del Ministro Urso nel promuovere attivamente il settore dell’automotive attraverso il tavolo permanente al Mimit nel corso del quale è stato presentato il piano incentivi 2024 del governo” ha detto Roberta Angelilli, vicepresidente della giunta regionale del Lazio e assessore allo Sviluppo economico.

Angelilli ha anche evidenziato le significative opportunità legate ai fondi europei e dall’iniziativa Industria 5.0 “che possono rappresentare un sostegno prezioso per il settore automobilistico italiano. Abbiamo incoraggiato il Ministro Urso a continuare il dialogo a Bruxelles“.

Restiamo in attesa di conoscere esattamente sul piano concreto i dettagli precisi del piano di sviluppo dello stabilimento di Cassino” ha concluso Angelilli, ricordando che l’incontro è stato anche l’occasione per sottolineare la strategicità dello stabilimento di Piedimonte San Germano. A fine mese ci sarà la presentazione dei lavori del tavolo, con un focus specifico proprio sullo stabilimento del Cassinate“.