Top & Flop * Venerdì 30 agosto 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP 

MATTEO SALVINI

Ha perso (nettamente) una battaglia importante per una sorta di delirio di onnipotenza. Ma può vincere (nettamente) la guerra. Ha cominciato a farlo cambiando la “narrazione”. Sostenendo cioè di aver voluto staccare la spina perché ad un certo punto si è reso conto che sarebbe stato il Governo dei no.

Matteo Salvini

Questo perché un accordo tra Pd e Cinque Stelle era già in incubazione. Non è così, basta vedere le difficoltà che Dem e pentastellati stanno incontrando in questa fase. Ma quello che conta è che il messaggio della “Bestia salviniana” (l’apparato di comunicazione social guidato da Luca Morisi) sta passando nell’opinione pubblica. Anche perché Cinque Stelle e Pd stanno dando una grossa mano.

Ma oggi Salvini ha mandato altri messaggi: intanto disertando la riunione con Giuseppe Conte e poi facendo dire a Claudio Durigon che il Carroccio sta preparando un inferno in Parlamento. Mantenendo le 11 presidenze di commissione.

Il periodo nero è alle spalle. Adesso Matteo Salvini sta già preparando la rivincita. Alle regionali in Umbria, il 27 ottobre. Assalto alla prima roccaforte rossa. Il Capitano è tornato.

ZINGARETTI-RENZI

In questa fase il gioco di squadra sta funzionando alla perfezione. Con l’intervista al Corriere della Sera Matteo Renzi ha mandato in frantumi il governo pentaleghista. Poi ha capito che doveva lasciare lo spazio per la trattativa a Nicola Zingaretti, il segretario. E Zingaretti ha ottenuto mandato pieno e standing ovation in direzione.

Zingaretti e Renzi

Per come hanno apparecchiato la tavola, all’angolo sono finiti i Cinque Stelle. Se l’accordo salterà, se lo spread tornerà ad impennarsi, se l’Iva andrà alle stelle, la responsabilità sarà tutta del Movimento guidato da Luigi Di Maio. Ma pure da Davide Casaleggio (guru della piattaforma Rousseau) e da Beppe Grillo. Forse l’intesa tra Renzi e Zingaretti è destinata ad esaurirsi presto, ma hanno fatto vedere scampoli di politica stellare in questi giorni.

Il Pd ha disarcionato Salvini e messo all’angolo i Cinque Stelle. Gemelli diversi.

FLOP

LUIGI DI MAIO

È smarrito, spaventato, rancoroso. Vede ombre dappertutto, ha paura di misurarsi in un’alleanza con il Partito Democratico e soffre della sindrome di Stoccolma nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini.

Luigi Di Maio

Come se non bastasse, è gelosissimo del ruolo che Beppe Grillo ha voluto dare a Giuseppe Conte. Fatto sta che il capo politico del Movimento Cinque Stelle crede di impersonare il ruolo del lupo che cerca ogni scusa per potersi pappare l’agnello. Soltanto che non ha capito che il suo ruolo è quello dell’agnello. Sacrificale. Pietro Nenni insegnava che la politica non si fa con il rancore. Luigi Di Maio sta facendo tutto il contrario. Testacoda.

GIUSEPPE CONTE

Diciamo la verità: il suo unico merito, agli occhi di Beppe Grillo, è stato quello di aver attaccato Matteo Salvini al Senato. Ma il professore di diritto non è Aldo Moro.

Giuseppe Conte Roberto Fico © Imagoeconomica

La giornata di oggi lo ha bruscamente riportato sulla terra. Perché è bastato che Luigi Di Maio mettesse in dubbio l’accordo per scatenare il panico sulla scena politica e sui mercati. Poi ci ha pensato Nicola Zingaretti a rincarare la dose e a mettere in dubbio il buon esito della trattativa politica. A Giuseppe Conte non è rimasto altro da fare che rimandare tutto a domani, confidando nel solito intervento felpato del Capo dello Stato Sergio Mattarella. In realtà non è cambiato nulla.

Fino a un mese fa doveva aspettare le decisioni di Di Maio e Salvini. Ora, quelle di Di Maio e Zingaretti. Vaso di coccio tra vasi di ferro.