Il destino di Gloria: non una donna morta ma un fantasma che doveva sparire

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

di Lidano GRASSUCCI
direttore resposanbile

 

 

Mica tutte le morti sono eguali, alcune sono meno eguali degli altri, sono da celare, sono da giustificarci nascondendo. La ragazza trovata morta sulla 156, aveva 23 anni. E’ morta pestata di botte, è morta tempo dopo le botte ricevute, pensate il dolore. Chi l’ha portata lì, veniva da Nettuno, non l’ha portata in ospedale, perché in questo posto mica tutti hanno “diritto” all’ospedale. La ragazza era una prostituta, lei non meritava le accortezze degli altri. Se qualcuno accusa un lieve dolore ha “diritto” all’ospedale, alla preoccupazione, ad evitare il dolore. Lei no, lei era nel “contratto della sua vita” l’opzione che doveva soffrire.

 

Avrà detto di star male, stava male, ma doveva “non farsi vedere”, doveva essere quel che era sempre stata un fantasma lungo una strada. La ragazza aveva 23 anni, una vita non certo in discesa, ma questo non cambia, nessuno ha pensato di prendersene cura. Anche chi l’ha accompagnata non vedeva l’ora di far tornare il fantasma nel suo niente. Naturalmente quel fantasma è qualche cosa per tempi effimeri, per piaceri piccolo borghesi facili, per sfogare frustrazioni piccole piccole.

 

Ma lei è morta di botte, ma è anche morta di condanna civile, non doveva esistere fuori dalla sua strada per quelle ore che nella strada “compariva”, poi spariva per un tempo breve, per ricominciare. E’ morta per mano di cane assassino, ma è morta un poco anche per la nostra ipocrisia di “credere nei fantasmi”. Invece era di carne ed ossa, quella carne lacerata di botte, quelle ossa spezzate di botte. Perché non all’ospedale lì vicino a Anzio, al Goretti a Latina, o…

 

Ma non meritava andava celata, celata a tutti, tranne quando era il fantasma destante qualche desiderio.

 

Direte, è storia di balordi. Certo, è storia torbida, malata, ma le storia non sono candide mai. Lei è stata uccisa da ignobili assassini, magari gente che le mostrava affetto, ma è stata ignorata da tutti noi, non aveva diritto all’urlo, come una vita prestata al vivere senza diritto a vivere.

 

Non entro nel merito delle indagini, non esprimo giudizi sulla verità che verrà, leggo i racconti dove nessuno ha sollevato il problema del suo diritto a essere “essere vivente” e non fantasma di desideri.

 

Fa freddo, la sua morte non cambia niente e nessuno griderà al femminicidio, al dolore ingiusto, come se per lei la giustizia fosse non negata, ma neanche prevista.

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