Il terrorismo e la paura dell’altro

Vi sono momenti nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”: lo scriveva Oriana Fallaci nell’articolo La Rabbia e L’Orgoglio, all’indomani dell’11 settembre 2001, giorno dell’attentato alle Torri Gemelle. Aveva una sua idea precisa sull’Islam e l’ha espressa.

Oggi, all’indomani dell’attacco terroristico a Parigi, bisogna interrogarsi perché a quattordici anni di distanza quell’odio è addirittura cresciuto. Perché la tesi dei dialoganti è “non si può confondere l’Islam con il terrorismo, non si può dire che 2 miliardi di persone vogliono la fine dell’Occidente”. Ma c’è pure chi sostiene che “intanto tutti i terroristi sono islamici”.

Anche in provincia di Frosinone è venuto il momento di porsi il problema dell’integrazione e non sarebbe male se il tema venisse affrontato nelle scuole. Ci sono pochi stranieri? E pochi di religione islamica? Non fa niente. Non ci si può limitare a gestire l’emergenza dei migranti oppure a dividersi tra favorevoli e contrari se i rifugiati politici alloggiano in un posto oppure in un altro. La paura si genera e si alimenta quando non si conosce e l’uomo ha paura delle novità, ha paura del confronto, ha paura di dover ammettere che magari la colpa non sta tutta da una parte.

Intendiamoci: attentati come quello di Parigi vanno condannati e basta. I terroristi hanno ucciso in nome di Allah: questo è un dato di fatto, non può essere negato. Colpire stadi, ristoranti, teatri, pizzerie vuol dire colpire al cuore lo stile di vita occidentale.

Gli islamici non si sono integrati? Può darsi. Ma perché?
E’ arrivato il momento di riflettere nel nostro piccolo su quello che succede quotidianamente. Se delle persone in fuga da posti dove uccidere e sterminare è all’ordine del giorno hanno diritto all’accoglienza. Se l’essere confinati nelle periferie urbane può essere una soluzione. Se la povertà può alimentare una distorta volontà di reagire, che poi sfocia nella violenza.

Magari ci si può interrogare perfino su come l’Occidente ha gestito le cosiddette Primavere Arabe, se magari l’obiettivo vero era soltanto quello di abbattere dei regimi sanguinari. Sostituiti però da altre entità ancora più sanguinarie.

O, già che ci siamo, porsi qualche domanda sul fatto che la risposta militare (i bombardamenti in primis) non ha prodotto… pace. I nostri ragazzi dovrebbero essere messi nella condizione di sapere, di conoscere, di confrontarsi, di farsi un’opinione. Partendo dal presupposto che i fatti di Parigi sono imperdonabili davvero. Forse però il punto essenziale è il valore della Vita. Per l’Occidente è sacro e quindi si ha paura delle stragi, della morte.

La disfatta Usa in Vietnam fu accelerata da un’opinione pubblica terrorizzata per i tanti ragazzo che tornavano avvolti in una bandiera a stelle e strisce. Certamente per un kamikaze il valore della vita è pari allo zero. Ma sarà soltanto perché spera che davvero nell’aldilà sarà in un paradiso circondato da vergini? Scrisse Oriana Fallaci: “Quella Montagna che affoga nell’analfabetismo (nei paesi mussulmani la percentuale dell’analfabetismo non scende mai al di sotto del sessante per cento), sicché le “notizie” le attinge solo dalle vignette dei disegnatori venduti alla dittatura dei mullah e degli imam”.

L’unica risposta vera è la conoscenza. Informiamoci.
E’ la prima cosa. Noi italiani ci siamo sempre indignati quando si diceva (e si dice ancora) che eravamo tutti mafiosi. Non è così ovviamente.

Questo per dire che alla fine… gli altri siamo noi.