Ceccano – Elezioni, firme inchiesta chiusa

RAFFAELE CALCABRINA per CIOCIARIA EDITORIALE OGGI

Irregolare la raccolta di firme per la presentazione delle liste alle ultime elezioni comunali di Ceccano. Sarebbero 19 le liste sulle 28 presentate a contenere dei vizi procedurali. Lo dice, mettendo nero su bianco le accuse a cinque consiglieri provinciali, la procura di Frosinone che ha chiuso le indagini svolte dalla digos a seguito delle denunce presentate dal Movimento 5 Stelle.

Ai cinque indagati, Gianluca Quadrini di Arpino, difeso dall’avvocato Edoardo Cacace, Antonio Cinelli di Monte San Giovanni Campano, Gianni Bernardini di Ferentino, Andrea Velardocchia di Cassino e Alessandro D’Ambrosio di Cassino, difesi d’ufficio dall’avvocato Sandro Di Meo, è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari coordinate dal pubblico ministero Barbara Trotta.

A Quadrini è contestato il falso ideologico, con l’aggravante di aver commesso il fatto su atti facenti fede fino a querela di falso. Questo perché – sostiene la procura – in qualità di consigliere provinciale, avrebbe attestato falsamente che le firme apposte dagli elettori sottoscrittori di ben nove liste (più altre cinque poi non presentate) a sostegno delle candidature erano state apposte in sua presenza, come prescrive la legge. Al consigliere è contestato anche il fatto di aver attestato falsamente che la firma apposta sul modulo di accettazione della candidatura era di un candidato che ha disconosciuto la firma. Anche per Cinelli, Velardocchia e Bernardini l’accusa è di falso ideologico aggravato, per aver, sempre in qualità di consigliere provinciale, attestato falsamente che le firme dei sottoscrittori di rispettivamente quattro, tre ed altre tre liste a sostegno delle candidature erano vere e autentiche e apposte in loro presenza quando invece i sottoscrittori hanno dichiarato che le firme non erano state lasciate alla presenza dei pubblici ufficiali. L’altra accusa per Bernardini si riferisce a un modello di accettazione di una candidatura, attestato da Bernardini come avvenuto in sua presenza il 31 maggio da un candidato, il quale ha affermato di aver firmato il mese precedente. Infine a D’Ambrosio è contestato l’aver accertato come vera e autentica e apposta in sua presenza (quando così per l’accusa non è stato) la firma del sottoscrittore di una lista.

Per le indagini sono stati ascoltati i cittadini che hanno firmato per le liste, i quali, in diversi casi, avrebbero confermato le accuse sulla non regolarità della raccolta delle stesse in particolar modo con riferimento alla contestualità tra firma e attestazione. Dal canto loro gli indagati si dicono tranquilli e sicuri di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati.

Ora, il movimento 5 Stelle sta valutando la presentazione di un ricorso al Tar per chiedere l’annullamento della proclamazione degli eletti.

DENISE COMPAGNONE PER IL MESSAGGERO

A nemmeno venti giorni dalla chiusura delle urne è già bufera sulle elezioni comunali di Ceccano. Il sostituto procuratore della Repubblica di Frosinone Barbara Trotta ha chiuso le indagini preliminari relative alle presunte irregolarità nella raccolta delle firme di sottoscrizione alle liste elettorali per le scorse Comunali di Ceccano, indagini che erano partite dalla presentazione in Procura di esposti da parte del Movimento Cinque Stelle di Ceccano e da Romano Misserville, presentatore della lista “Ceccano d’Argento” a sostegno del figlio Filippo.

Martedì la Trotta ha comunicato l’avviso di conclusione delle indagini a cinque consiglieri provinciali: Gianluca Quadrini, Antonio Cinelli, Gianni Bernardini, Andrea Velardocchia e Alessandro D’Ambrosio. A tutti viene contestato il reato di «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici».

Nello specifico, secondo la Trotta, ognuno dei consiglieri in questione «con più azioni consecutive di un medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi nella sua qualità di consigliere della Provincia di Frosinone e nell’esercizio delle sue funzioni attestava falsamente che le firme apposte dagli elettori indicati come di seguito, sottoscrittori delle liste di seguito indicate (…), erano vere ed autentiche ed erano state apposte in sua presenza dai predetti elettori da egli identificati con il documento (…), atteso che le persone di seguito indicate sottoscrivevano le liste non dinanzi al predetto pubblico ufficiale». E sotto, per ognuno dei consiglieri, vi è un elenco più o meno lungo di nominativi di cittadini, con le relative liste di riferimento, che agli inquirenti hanno dichiarato di non saper riconoscere i consiglieri che hanno autenticato le firme, o indicato date diverse per l’apposizione della propria firma rispetto a quelle comunicate dai consiglieri o addirittura affermato di non riconoscere la propria firma. Sono complessivamente 19 le liste coinvolte sulle 28 totali che hanno preso parte alla competizione elettorale a sostegno di ben otto diversi candidati a sindaco. Ora gli indagati e i loro difensori hanno facoltà, entro il termine di 20 giorni, di presentare memorie e depositare documentazione o presentarsi per rilasciare dichiarazioni al pm. Tutti, già in passato, avevano affermato di aver portato avanti con regolarità il loro lavoro, nel mese di aprile, in occasione della vidimazione delle firme di sottoscrizione.

Ieri Cinelli l’ha ribadito: «Per quanto mi riguarda è tutto regolare. Sono pochissime le firme contestate, dimostrerò la verità nel corso del dibattimento».

Potrebbero arrivare però, nel frattempo, anche ripercussioni sull’ esito elettorale. Le parti offese, infatti, gli attivisti del M5S e Romano Misserville, hanno 60 giorni di tempo dalla proclamazione degli eletti (e quindi dallo scorso 17 giugno) per presentare ricorso al Tar del Lazio chiedendo l’annullamento del procedimento elettorale.

Il neo sindaco Roberto Caligiore che domani, con la prima seduta di Consiglio comunale, si accinge a varare ufficialmente la sua Amministrazione, su questa vicenda è tranquillo: «Abbiamo fiducia nelle giustizia» ha detto ieri.