Ciociaria, prove tecniche di Democrazia Cristiana

Le alleanze trasversali che si stanno componendo con sempre maggiore frequenza in provincia di Frosinone non sono un inciucio. Ma il risultato di una politica ormai in fase di cambiamento. Generazionale. Che potrebbe creare la Democrazia Cristiana 3.0

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

 La Democrazia Cristiana è stato non un ma il Partito politico italiano che ha guidato il Paese accompagnandolo dalle macerie del Dopoguerra alla potenza industriale per poi collassare nella fine della Prima Repubblica. La DC ha avuto un ruolo cardine in mezzo secolo di storia nazionale. E anche dopo il suo scioglimento, la classe dirigente che aveva creato ha contribuito alla crescita delle formazioni politiche della Seconda Repubblica. 

Sotto questo aspetto, la Democrazia Cristiana può essere considerata un Partito-Stato: governando per così tanto tempo ha avuto modo di collocare i suoi uomini in tutti i punti chiave della gestione del Paese: in quel deep State che ha consentito all’Italia della Seconda Repubblica di andare avanti nonostante la sua classe politica. Fatta spesso di seconde e terze linee che ai tempi della Dc avrebbero al massimo potuto fare la questua per festa dell’Amicizia.

Se il primo è il Non Voto

Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica

In questo modo, la Dc è stata anche un Partito – società: capace di avere gente in grado di dare risposte su qualsiasi tema. Risolvendo problemi, facendosi carico di situazioni umane. Non necessariamente osservando le regole e rispettando le file, creando anche disparità e favoritismi: i numeri dicono che per cinquant’anni gli elettori l’hanno votata (in alcune fasi, turandosi il naso) al punto da farla risultare sempre il primo Partito.

La Democrazia Cristiana è durata così tanto anche per la sua capacità di adattamento: ha costruito coalizioni variabili nel tempo, talvolta in contraddizione tra loro. Ha così interpretato la società nelle sue diversità, nelle sue dimensioni locali, nella sua complessità. Il punto nodale è proprio questo: nelle dimensioni locali.

C’è proprio quella mancanza di interpretazione ora alla base dell’immensa percentuale di astensionismo: gli elettori che restano a casa lo fanno perché non vedono più un Partito che li sappia rappresentare. E per questo sia capace di mobilitarli. L’astensionismo in ogni competizione elettorale, sta diventando un fenomeno sempre più esteso e sempre più preoccupante: alle ultime Regionali del Lazio ha votato poco più di un elettore su 3; alle Politiche dell’autunno ’22 un elettore su 3 è rimasto a casa; alle Europee di 5 anni fa, nel Lazio ha votato circa la metà degli aventi diritto.

ElezioniAnno% Votanti
Regionali Lazio202337,20
Camera Lazio Sud202262,09
Camera Lazio Nord202265,82
Senato Lazio Sud202263,53
Europee Lazio201953,32
Europee Ita Centro201956,09

I dati delle Politiche del 2022 mostrano come la coalizione di centrodestra che ha ricevuto più voti e che ha la maggioranza parlamentare ha raccolto in Italia il consenso di poco più di 1 elettore su 4. È stato invece il “Partito del non voto” l’opzione più comune in quella tornata elettorale, rappresentando la scelta di quasi il 40% del corpo elettorale. A partire dalle elezioni del 1979 l’affluenza alle consultazioni parlamentari ha subito un progressivo e quasi continuo calo che l’ha portata dal 93,4% del 1976 al 63,8% del 2022.

La risposta dalla Ciociaria

Germano Caperna

Tranne rare eccezioni, nessuno schieramento è riuscito a governare per due mandati consecutivi. Gli analisti dicono che è normale: per vincere le elezioni si strilla dai palchi, si delegittima l’avversario, si promette qualsiasi cosa per accarezzare la pancia della gente. Mentre nella Prima Repubblica c’erano politici così autorevoli da governare quelle pance.

Una volta arrivati al potere non si è capaci di mantenere le promesse fatte sui palchi. Sarebbe impossibile per chiunque: a parlare sono i numeri di un Paese che è cresciuto sul debito. E non ci sono bacchette magiche con cui dare risposte alla povertà, la mancanza di lavoro, la Sanità sempre meno efficace, l’Ambiente sempre più inquinato. 

Un conto è promettere, un conto è fare. Ecco quindi che di fronte alla crisi di referenzialità stanno prendendo corpo sempre di più le aggregazioni trasversali. Che mettono insieme realtà così lontane politicamente da obbligare ad ammainare i simboli. Come accaduto un anno fa a Ferentino dove il Dem Piergianni Fiorletta è stato eletto sindaco a furor di popolo sostenuto da Fratelli d’Italia e Lega. A Sora il socialista Roberto De Donatis venne eletto da una Piattaforma civica con Pd, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Oggi la città è governata da Luca Di Stefano che è appoggiato dal Pd nonostante sia stato capogruppo della Lega nella consiliatura precedente.

A Pontecorvo Anselmo Rotondo di Forza Italia è sostenuto anche da elementi Dem. Ad Aquino il sindaco FdI Fausto Tomassi ha come presidente d’Aula Pietro ferone dirigente provinciale del partito Comunista. A Veroli, Germano Caperna è candidato sindaco con il sostegno di centrosinistra e centrodestra.

Nessuno parli di inciucio

Millennials (Foto © DepositPhotos.com)

Nessuno li definisca inciuci. Perché non lo sono. Nemmeno si pensi che i Partiti abbiano “timore” a presentarsi ai cittadini con la propria bandiera. Sono modi intelligenti di aggregare le idee e le buone politiche amministrative, senza mortificarle con l’ideologia dei Partiti. In pratica: si punta sugli uomini e sulle donne, sui programmi amministrativi e non sulla vecchia logica politica della contrapposizione sinistra-destra-centro. Che nei Comuni e nel 2024 non ha più tanto senso.

Queste logiche sono vecchie e l’elettorato le sente distanti. Specialmente i giovani, i Millennials o Generazione Y. A differenza dei loro padri che andavano tutte l mattine all’edicola del paese per comprare una copia de L’Unità o Paese Sera (se di sinistra), oppure Il Tempo o Il Secolo (se di destra) ai millensians non interessa di che colore politico è un candidato. Guardano alla sostanza del suo programma. E l’attenzione agli allevamenti sostenibili, al latte di soia o di mais, alle microplastiche, fanno più differenza di una maglietta politica rossa o nera.

Interessa che le strade siano pulite, che il sistema dei trasporti funzioni, che ci siano luoghi di aggregazione, che ci siano giardini curati, che si possa fare sport nelle strutture pubbliche, che si tuteli l’ambiente, che ci siano eventi culturali. Che poi tutto questo lo faccia, la destra o la sinistra, per loro è un corollario.

È un Paese per giovani

Greta Thunberg (Foto: Marco Cremonesi / Imagoeconomica)

È il rinnovamento che si sta facendo strada: quello di una generazione che non guarda la tv generalista, non compra i giornali in edicola, guarda on demand, compra solo on line, è sensibilissima al carbon free ed al circular. Temi che per un buon 80% i genitori nemmeno conoscono. Anzi, la loro generazione è quella che bollò Greta Thumberg come una gretina e negarono l’emergenza climatica.

Le nuove chiavi interpretative sono già una realtà. Per questo in Ciociaria si sta assistendo a casi emblematici come quelli di Ferentino e Veroli: si assisterà sempre di più in futuro a proposte amministrative ampie e non a coalizioni di Partito tradizionali. Un percorso che ormai sembra ineludibile per chi si propone di governare le città della provincia di Frosinone. Chi ha la legittima aspirazione di fare il Sindaco, deve cominciare a studiare su nuovi testi. Mettendo in cantina (senza però buttarli) quelli vecchi.

I Segretari provinciali e comunque i massimi referenti dei Partiti lo hanno capito perfettamente. E si stanno muovendo di conseguenza almeno lì dove è realisticamente possibile farlo. Una proposta plurale e non meramente identitaria. Una Democrazia Cristiana 3.0? Se non lo è, le somiglia molto.