Ecce homo: Delpini spiega Berlusconi tra fiducia e fede

L'omelia del cardinale Delpini: capolavoro di equilibrio e morale cristiana. Senza pregiudizi, senza sconti. Perché alla fine è l'uomo che si presenta a Dio

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Il compito più arduo è toccato a lui, perché a ricordare dal pulpito Silvio Berlusconi ieri non è salito alcuno se non lui. Non perché il leader di Forza Italia non avesse cari, amici o sodali che di lui avrebbero detto “mirabilia”, ma perché a condensarle tutte ci ha pensato l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, celebrante in Duomo dei funerali di Stato dell’ex premier, dell’imprenditore, del presidente di calcio, del politico.

E dell’uomo, con una chiave di lettura universale e profonda che ha messo a crasi tutte le anime del Cavaliere. E che nel farlo è riuscito in una cosa da grande maestro temporale: parlare di Berlusconi senza scansarne le contraddizioni e farlo senza la paura di mettere sotto egida di etica una figura pur così controversa.

L’omelia agile ma profonda

Mario Delpini (Foto: Clemente Marmorino © Imagoeconomica)

Un’omelia agile, tutto sommato breve ma pesantissima, quella di Delpini. Ieratica e terrigena al tempo stesso che ha voluto guardare in faccia la vita di un uomo che ha derogato dalla beatificazione laica almeno tante volte quante ci è andato vicino.

Era difficile. E per avviare quelle parole Delpini si è affidato alla chiave di volta più alta, quella che dalla fiducia di tuoi simili porta alla fede in chi dovrà pesare il tuo operato: “Ecco l’uomo”. Parlare dell’umanità di Berlusconi significa mettere in moto un meccanismo doppio: da un lato asseverare la sua vicinanza alla gente e dall’altro sottolineare abilmente quanto essa fosse stata una scelta precisa e non certo l’effetto fisiologico di una miseria che egli non conobbe mai. Ecco spiegati dunque, decifrati in senso tenue e per nulla inverosimile, quei desideri che in altri ed in quel contesto magari sarebbero stati più terragni: di “vita, di amore, di felicità”.

Un desiderio di “Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care”. La leva è la generosità arcinota e pervasiva di Berlusconi e con essa la sua empatia innata con i registri di un mondo che ha sempre saputo equalizzare e comprendere. “Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. E poi vivere e attraversare i momenti difficili della vita”.

Le contraddizioni emendate

Il funerale di Silvio Berlusconi (Foto via Imagoeconomica)

Le frasi di Delpini hanno scandito l’esistenza di un uomo che ha scelto il cimento e che dal cimento ha tratto energie: in una metafora bella che ha emendato molte delle contraddizioni di un personaggio che dell’agone pubblico ha anche corteggiato le scabrosità. “Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce”.

Poi il coraggio del Cav, quello che lo ha portato in vetta e che non gli ha mai nascosto il ticket amarissimo del prezzo di quelle altitudini. Un biglietto incenerito dalla “fiducia” con cui “credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti”.

Quello dell’insulto è stato di fatto l’epicentro concettuale di un’omelia che non doveva scadere nell’agiografia. Ma che doveva rimarcare una cosa nettissima ed inspessire l’etica di una vita da esteta: l’uomo in quella bara di mogano ai piedi dell’alto prelato ha portato la croce di chi doveva mondarsi dalla sua umanità peggiore, ma è riuscito a tenere il peso, il peso di un se stesso che nella lotta non ha dato quartiere alcuno.

E poi “sentire le forze esaurirsi, vivere e soffrire il declino e continuare a sorridere, a provare, a tentare una via per vivere ancora”. Ma di chi stava parlando Delpini? Di un capitano d’industria? Di un politico di lungo e significante corso per la Nazione? No, di un “uomo”, di una creatura che è nuda e senza vanità di fronte ad un giudizio che sarà benevolo. Perché per Delpini, Berlusconi aveva un immenso bisogno di “amare ed essere amato”, bisogno che lo portava a “cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa”.

La concessione dell’amore

Il capolavoro dialettico con cui la verve “francese” del Cav è retrocessa a tara di venia sia pur nella rigida ottica del cattolicesimo ha dato la cifra non solo dell’importanza del defunto, ma anche della bravura immensa di chi presiedeva il commiato.

Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo una concessione, una accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria”. Questo per “provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande. Amare e percorrere le vie della dedizione, amare e sperare. Ma anche amare e affidarsi, amare ed arrendersi”. Ed il desiderio di amore di Berlusconi ha trovato “in Dio il suo giudizio e il suo compimento”.

Ma dopo “ecce” c’era un “homo” che ha dato alla vita le note garrule di un’allegria tridimensionale e mai falsa che nessuno gli può contestare. E la strada verbosa di Delpini si è fatta più sicura: “Essere contento. Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini. Essere contento degli amici di una vita”. Dopo aver portato a fonte battesimale l’epicureismo cattolico Delpini ha toccato il “leit motiv” della vita del Cav: l’intrapresa.

Essere contento delle imprese che danno soddisfazione. Essere contento e desiderare che siano contenti anche gli altri. Ed essere contento di sé e stupirsi che gli altri non siano contenti. Essere contento delle cose buone, dei momenti belli, degli applausi della gente, degli elogi dei sostenitori. Godere della compagnia. Essere contento delle cose minime che fanno sorridere, del gesto simpatico, del risultato gratificante”.

La doppia lettura di Berlusconi

Silvio Berlusconi e l’annuncio della discesa in campo

L’ultima erta sdrucciola prima del sollievo della vetta è stata la più ardua. Perché ha toccato il tema che ha fatto da sempre di Berlusconi un gigante sì, ma dalla doppia lettura: “angelo” per moltissimi, “demone” per molti. Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate”. Poi l’arcivescovo è diventato keynesiano: “Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari. Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo”.

E a scanso di qualsiasi ecumenicità di giudizio che sul personaggio non poteva esserci la chiosa è stata immensa, da paciere che guarda al Cielo ma addita la terra come Platone nelle sembianze di Leonardo, come Tommaso padre della Scolastica: “Un uomo politico è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta. Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà”.

Consegnato al Giudizio

(Foto: Lorenzo Daloiso © Imagoeconomica)

Il crogiolo è arrivato un ritmo quasi insostenibile ed a consegnare al giudizio di Dio un personaggio che riceverà anche quello della Storia ma non oggi. Non nel Duomo, non con la famiglia in lacrime e Marta Fascina impietosamente ripresa in primo piano a farsele ruscellare sul viso bianco. “Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio.

E che con miglior uffici di questi non poteva incontrarlo.