La strada sbarrata di Salvini: Visco e Santanchè mettono ‘in crisi’ Meloni

Due spine nel fianco di Giorgia Meloni. Che finisce sotto pressione per tre cose. Il dato che se ne ricava è politico

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Lo aveva annunciato tante di quelle volte e con tanto di quel buon vecchio orgoglio pubblicistico che, una volta che è andato tutto in vacca, si è affrettato a dire che martedì prossimo tutto quadrerà in punto di norma. Il Consiglio dei Ministri da cui sarebbe dovuto uscire il nuovo e più draconiano Codice della Strada voluto da Matteo Salvini è saltato. E il leader leghista è stato costretto a contrappuntare lo stallo con comparsate televisive seriali e serali. Spot informativi in cui ha rassicurato tutti: le nuove regole vedranno luce istituzionale martedì 27 giugno e birba chi non ci crede.

Le due spine nel fianco di Giorgia

Giorgia Meloni e Daniela Santanché (Foto: Vince Paolo Gerace © Imagoeconomica)

Colpa di Ignazio Visco, di lui e Daniela Santanchè. Due spine nel fianco di Giorgia Meloni che ha “disertato” il Cdm di giovedì scorso per “impegni personali” sfuggiti alla sua meticolosa agenda. O che quanto meno, pur avendone di oggettivi, in essi ci ha visto un ottimo movente per evitare malumori agri. Un disappunto che si è portata dietro uscendo nella sua Stelvio da Palazzo Chigi con un’aria non proprio zen. Il sunto è che la premier è sotto pressione per tre cose, e se per la possibile guerriglia in Forza Italia ha in Antonio Tajani un calmiere affidabile, per le altre due ha solo grane in purezza.

Il Mes è la spina dritta di un braccio di ferro con un’Europa che la premier cerca di blandire ormai per mission depurativa, ma Salvini è la “tossina” che potrebbe avvelenarle il bibitone. La ministra del Turismo Daniela Santanchè è invece la spina curva di un caso quanto meno deprecabile che tocca un tema su cui la Meloni si era spesa in uno dei suoi proverbiali “spiegoni-spot”: il lavoro.

Nel primo caso a mettere in entropia il sistema nervoso di Meloni ci ha pensato l’uomo di punta di Bankitalia, Ignazio Visco, che ha incontrato la premier giusto prima del Cdm poi saltato. E del duetto empatico con Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo.

Imperativo finanziario

Ignazio Visco (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Per Visco il meccanismo salva Stati non è solo una necessità tecnica, ma anche un imperativo finanziario. Con il quale scongiurare che sui mercati arrivi il contraccolpo tellurico del braccio di ferro Roma-Bruxelles. Il che porta a Giancarlo Giorgetti, ministro-alfiere del no che sul tema insinua perfino dimissioni, ed a Salvini, che del Mes è il Nemico pubblico numero uno. Il dato politico è quindi che Visco è andato indirettamente a mettere Salvini esattamente in punta di strozza della Meloni su un tema che vedeva i due già contendere non proprio blandamente.

Diciamo quindi che se Giorgia Meloni avesse avuto anche un solo (e squisitamente suo) motivo personale per non presiedere il Cdm chiave per Salvini, grazie al numero uno di via Nazionale ha trovato il classico cacio sui maccheroni, cacio tanto.

Il vicepremier era stato già avvisato per telefono di non intraversarsi sul testo base, ma alla fine non ne ha avuto bisogno perché il testo non è proprio arrivato sui tavoli. Sufficiente? Sì, ma non bastevole, a contare che la Meloni ha la grana tonda di Daniela Santanchè e dell’inchiesta di Report sul suo operato come imprenditrice, roba che le fa massa critica sul fegato.

Il dato è politico

Daniela Santanché (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il dato è politico e non giudiziario, sia chiaro: in seno a Fratelli d’Italia non mancano i falchi che vorrebbero la testa della ministra dal sorriso fessurato alla Glenn Close e tra loro c’è chi soffia sulla “figuraccia” fatta fare ex post dalla stessa alla Meloni. Lei che il Primo maggio aveva varato il Dl lavoro e ci aveva sceneggiato sopra anche il famoso “video spot”. Quel solipsismo celebrativo, a contare il contrappunto delle ambiguità in pagamenti, versamenti previdenziali, cassa integrazione Covid e licenziamenti per il caso Visibilia, è oro puro nelle mani di qualunque opposizione. Schlein e Conte su una cosa sono complementari e compari a cottimo: sul lavoro, e lo scivolone della ministra li ha gasati moltissimo.

La Santanchè giura e spergiura che sono tutte “illazioni”, annuncia memorie difensive in tv, minaccia di querelare anche i passeri di casa Ranucci. E di dimettersi non ne vuole neanche sentir parlare. Perciò la Meloni ha ingoiato il secondo rospo garantista ma non quello politico e, liquidato il bilaterale con la Metsola, ha chiuso bottega per parte sua con l’aria arruffata di una poiana in cerca di conigli da artigliare.

E tra un Giorgetti da difendere ad opera della Lega ed una Santanchè da blindare ad opera di Forza Italia la premier ha chiuso una settimana da “spleen ed a Palazzo Chigi si sono viste solo le “seconde file”, con temi in agenda importanti ma non di polpa politica.

Con Tajani a presiedere ed a fare da paciere. O magari a soffiare sul fuoco, ma birba chi lo pensasse.