L’ora della verità per Tajani, il delfino che deve correre più della sua paura

Ora che il funerale terreno di Silvio Berlusconi è stato celebrato arriva il momento di prendere le decisioni strategiche per il futuro di Forza Italia. Evitando che dopo quello in Duomo ci sia anche un funerale politico.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I funerali di quelli che nella vita hanno contato tanto hanno tutti geografie ciniche, tracce evidenti non solo di cosa sta accadendo in quel momento ma anche e soprattutto di cosa accadrà dopo il rito, gli addii ed il dolore. Appare evidente quindi che nel caso di Silvio Berlusconi e al di là della indiscutibile ed umana tara di cordoglio per la sua morte esiste un più defilato ma non per questo meno netto peso lordo di una mappa politica da ridisegnare. E con essa di riequilibrare pesi e contrappesi all’interno della coalizione di destra centro. Che dell’idea originaria del Cav costituisce un lascito non proprio fedele all’originale.

Come il dottor Tersilli

E siccome Silvio Berlusconi è stato in politica ciò che per gli italiani fu Alberto Sordi per cinema e costume, un totem-collettore dei nostri peggior difetti ma umanizzati e messi a potabilità etica, vale il paragone di ciò che accadde al dottor Tersilli. Chi non ricorda “Il medico della mutua” del 1968 diretto da Luigi Zampa? Alberto Sordi è Guido Tersilli, un medico fresco di laurea a caccia di mutuati che, con arrivismo e sagacia pop, arriva a far parte della cerchia dei camici bianchi che lottano come ossessi, fin dalla sua agonia, per spartirsi le migliaia di mutuati che il dottor Bui sta per lasciare in eredità con la sua imminente dipartita terrena.

Al capezzale del dottor Bui ci arrivano tutti: medici amici, medici neutri ma interessati e perfino medici non proprio sodali con lui. E alla fine la spunta Tersilli che sceglie la via più comoda e si ingrazia la moglie di Bui, una stratosferica Bice Valori.

Ecco, in metafora di celluloide il dottor Tersilli non è di Roma ma originario di Ferentino per parte materna e risponde al nome di Antonio Tajani. Serve una “summa” di partenza e dirompente, e la coscienza infida di Tajani si chiama Elio Vito, che ha twittato: “Il centrodestra moderato non esiste da tempo, c’è la destra oggi al governo. Ma adesso non avrà più la foglia di fico del centro per nascondere le sue oscenità“.

Il pericolo da evitare

Antonio Tajani e Gianni Letta alla camera ardente di Berlusconi (Foto: Marco Ottico © Imagoeconomica)

Che significa? Che esiste un pericolo interno radicato da tempo e che all’attuale vicepremier e ministro degli Esteri conviene correre per tirare le somme sotto agli addendi di sigla Forza Italia. Gli conviene farlo prima che le sue due componenti cedano alla gravità dei due pianeti più grossi della galassia destro-centrista: Fratelli d’Italia per i governisti e la Lega per i ronzulliani.

Ma la mission di Tajani è molto meno polarizzata ed essenziale di quanto non sembri: non ci sono solo le spinte centrifughe verso l’interno, ma anche quelle centripete verso l’esterno. Ci sono quelle che portano al Terzo Polo di Matteo Renzi, uno che a reti unificate in questi giorni sta ribadendo a sazietà catodica quanto il Cav sia stato leale con lui. E quanto siano ravvisabili tangenze su tematiche chiave anche a considerare lo strappo del Patto del Nazareno sui nomi da fare al Quirinale di quei mesi ormai lontani.

Abbastanza lontani per fare storia ma non lontani abbastanza per non fare aneddoto furbo ancorché legittimo. Perciò più che un delfino a Tajani converrà essere un marlin: rapido e navigatore esperto di mari procellosi come il suo omologo ne “il vecchio e il mare” di Hemingway che però alla fine arrivò a soccombere alla tenacia di Santiago.

La trasformazione necessaria

Il funerale di Silvio Berlusconi (Foto via Imagoeconomica)

Ma rapido in cosa, sganciarsi? Tutt’altro: semmai trasformare ciò che resta di Forza Italia. E nel farlo travasarlo nel monolite futurista sognato dal suo leader. Cioè un grosso Partito di centrodestra frutto della crasi tra popolari e conservatori e “benedetto” dal Ppe. Lo scopo, urgente come non mai, è portarlo alle Europee 2024 prima che accadano due cose brutte perché radicali.

Quali? La diaspora degli iscritti verso altri lidi partitici o una imbarazzante conta singola. Che evidenzierebbe come gli azzurri siano ormai fetta minuscola di una torta troppo grande per consentire singole manovre di rilievo.

Insomma, per il numero due azzurro sarà dura e resa durissima dallo stato dell’arte di una formazione che giusto a cavallo delle ultime azioni del suo fondatore era diventato preda di un correntismo sghembo. Poi di nomine coatte e di rifondazioni di area grande. Tutta roba che di solito peppia in calderone quando i capi sono in predicato di mollare il timone. E i fattori non sono solo centrifughi e centripeti ma rispondono anche ad esigenze di “governo interno” nella fase cruciale dell’immediato dopo Berlusconi.

Il ruolo di Letta… e della cassa

Eleonora, Barbara, Pier Silvio e Marina Berlusconi con Marta Fascina (Foto: Imagoeconomica)

Ci sono gerarchie emergenziali da disegnare. E in queste avranno un posto, un peso, ed un’influenza negli assetti Marta Fascina in primis, poi i figli del Cav, segnatamente Marina Berlusconi, e l’ormeggio fatto uomo Gianni Letta. Lo “zio” è tornato centrale al punto da essere stato il solo a tenere il finestrino abbassato mentre arrivava in auto a Villa San Martino, quasi a significare una aperta ammissione di ruolo come nocchiero per i “mala tempora”.

Un quadrumvirato d’emergenza sarà dunque il lascito al governo di Forza Italia? Pare proprio di sì, a considerare che Berlusconi non ha mai indicato e men che mai allevato un delfino ufficiale che lo sostituisse alla guida del Partito. E che dello stesso ha tracciato la rotta fino a poche ore prima di soccombere alla malattia.

E come in ogni reame che si rispetti, anche se reame repubblicano, le grane non sono solo di uomini e donne, ma anche di cassa. Forza Italia ha ricevuto cospicue donazioni proprio dai figli del Cav durante il primo ricovero . E mai come oggi far scattare una operazione anti panico a ridosso delle esequie del fondatore significa anche calmierare l’economia interna del Partito azzurro. Il comitato di presidenza di Roma ha approvato il bilancio, “un gesto dovuto alla memoria di Berlusconi”. Lo ha detto il tesoriere Alfredo Messina. Forza Italia ha un debito interno da 100 milioni di euro garantito dalla fideiussione del fondatore. La famiglia del Cav metterà rimedio al “buco” assieme ai parlamentari, a cui toccano versamenti mensili da 900 euro.

Tajani ed il nodo della guida

Silvio Berlusconi nel ’94 con Antonio Tajani (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

Fatto quello bisognerà affrontare il nodo della leadership. E qui Tajani resta figura centrale. Degli azzurri lui è coordinatore nazionale e vicepresidente, quindi designato automaticamente in virtù della sua funzione strutturale di secondo in comando anche senza “l’unzione” ufficiale del leader maximo.

Gli toccherà innanzitutto ratificare la maxi-riorganizzazione territoriale del Partito e farlo senza commettere l’errore madornale di non coinvolgere massivamente anche Marta Fascina. Che è di fatto “esecutrice” del testamento morale di Berlusconi.

Tutto questo con una fretta che però va considerata fattore relativo: come accade con ogni momento ad alto impatto emotivo e come è stato già confermato dai sondaggi. Il calo di Forza Italia è roba con cui fare i conti in autunno, tanto che oggi gli azzurri salgono a discapito di FdI. Tuttavia bisogna comunque predisporre la rete perché quell’effetto empatico sarà effimero e presto tornerà centrale ed urgente quel “partito repubblicano”. Quella creatura perfetta cioè che il Cav aveva concepito come ultimo suo lascito e che la leadership smaccata di Giorgia Meloni aveva messo blandamente in discussione, per timing e merito.

Antonio Tajani con Silvio Berlusconi Foto © Daina Le Lardic / Imagoeconomica

Per fare questo Tajani ha due strade. Entrambe sdrucciole: tenere il Partito nella sua funzione di “coscienza critica e moderata” della coalizione ed esportare nell’Europa che minaccia di virare sul sovranismo puro un modello, un prototipo che faccia scuola per il futuro e la faccia prima che le Europee 2024 consegnino al mondo un’Europa più “visegradiana” che mai.

Ma per fare questo a Tajani servono “mutuati”. Come a Guido Tersilli, a differenza del quale però per lui non basterà corteggiare politicamente la “vedova”. Lui dovrà tenere a bada ciò che Forza Italia stava diventando molto prima che morisse chi l’aveva sognata diversa. E farlo in barba ad amici di diversa opinione e “nemici” ringalluzziti da ciò che accadrà subito dopo l’addio di oggi al Duomo di Milano.