La sfida cinese che mette Stellantis Cassino nel mirino

La sfida cinese dell'automotive. Con auto vendute sottocosto per distruggere il mercato e la concorrenza. "Abbiamo le tasche capienti” ha detto il Ceo di Xiaomi. I dazi introdotti in Usa. E quelli chiesti ora alla Ue da Cassino "Altrimenti il nostro automotive è finito”

Si chiama dumping ed in economia indica una politica commerciale d’assalto e di predazione. Mette nel mirino un mercato e lo conquista iniziando a fare concorrenza spietata, sbaragliando tutti i player nel giro di pochi anni. Come ci riesce? Realizzando prodotti come i loro ad un prezzo notevolmente più basso: anche a costo di rimetterci vendendo sottocosto. Perché il vero scopo non è fare business ma distruggere la concorrenza, prendersi tutto il mercato per fare il prezzo una volta rimasti soli.

La sfida cinese al mercato dell’auto europeo è già cominciata. La strategia è quella del dumping: nel mirino non ci sono le produzioni a basso costo ma quelle di alta gamma, come il segmento D realizzato a Cassino Plant da Stellantis. Perché la logica del business è uguale ad ogni latitudine: meglio guadagnare tanto su poche auto Premium che guadagnare poco su tanti veicoli popolari.

La sfida Xiaomi

Lei Jun è il Ceo di Xiaomi, la compagnia che noi conosciamo per smartphone e watch. E che da qualche tempo s’è messa in testa di diventare uno dei principali player mondiale dell’Automotive. Nelle settimane scorse ha lasciato circolare un video nel quale si vede la loro fabbrica supertecnologica che produce il modello sportivo SU7, tanto simile nelle linee a quelle di Porche: tira fuori un’auto finita ogni 76 secondi. Lo scopo non è stabilire il record del mondo sulla velocità di fabbricazione. Puntano a riempire il mercato di auto fatte bene e ad un costo infinitamente più basso di quello che possiamo fare in Europa.

La Xiaomi SU7

Il Ceo Lei Jun l’altro giorno ha tenuto una live streaming du due ore sul TikTok cinese, si chiama Douyin. Lì ha annunciato che le vendite della prima auto elettrica prodotta da Xiomi sono state dalle 3 alle 5 volte superiori al previsto. Perché è un modello strafigo? Fino ad un certo punto. È un modello che tiene il confronto decorosamente con le concorrenti e costa molto meno. Non per una saggia politica di contenimento ma per una spregiudicata strategia di dumping: Xiaomi vende le auto quasi rimettendoci. Ma così si sta prendendo il mercato. “Abbiamo tasche profonde e prevediamo di perdere soldi con l’SU7” ha avvertito Lei Jun.

In soldoni? Gli analisti hanno fatto questo calcolo: il volume di produzione è di circa 60mila vetture, la perdita stimata è di 580 milioni di euro, pari a meno di 8mila euro ad automobile. La SU7 base viene venduta a meno di 30mila dollari, cioè 4mila in meno della pari categoria Tesla.

La preoccupazione di Cassino

Carlos Tavares

Appena diventato Ceo di Stellantis Carlos Tavares ha messo piede a Cassino Plant e visitato lo stabilimento. Fatto i complimenti per pulizia ed organizzazione. Specificando che però quella è una fabbrica di auto e non un ospedale: da quel giorno i pavimenti non sono stati più tanto lucidi. Poi una linea di Verniciatura modernissima è stata smontata e riposizionata in Francia. Infine è stato detto che fare le auto qui non conviene per via dei costi dell’energia e per la fiscalità eccessiva.

Per quanto sgradevole nei toni e nei contenuti, Carlos Tavares ha detto una incontrovertibile verità economica. In quello stabilimento, il Ceo era tra i pochissimi ad avere già ben chiaro che da lì a poco avrebbe dovuto fare concorrenza ad uno che vende sottocosto ed ha le tasche grandi. Contro il quale si sarebbe ritrovato a combattere da solo.

Negli Usa non hanno perso tempo. Il presidente Joe Biden ha istituito un dazio doganale tale che rende le auto costosissime anche se proposte sottocosto. E lo ha istituito con effetto retroattivo: se hai le scorte in piazzale il dazio si applica anche lì, su tutto quello che è entrato nel territorio a stelle strisce nell’ultimo anno.

L’allarme di Borgomeo

Francesco Borgomeo

È la strada che sta invocando Francesco Borgomeo, presidente di Unindustria Cassino che sta seguendo l’automotive dal giorno del suo insediamento. «Se l’Europa non si sveglia subito con i dazi, la filiera italiana fa la fine dei produttori italiani di pannelli fotovoltaici». Che fine hanno fatto? Si sono ritrovati sul mercato milioni di pannelli realizzati a costo più basso dalle industrie cinesi. Hanno fatto dumping anche quella volta. E si sono prese tutto il mercato.

«Solo con i dazi nel breve possiamo tutelare la produzione italiana e obbligatore i produttori del sud est asiatico a venire a produrre in Italia. Il timer è partito, è questione di mesi e l’automotive italiana non avrà futuro» profetizza Borgomeo.

La foto dell’International Container Terminal

Le informazioni che arrivano dalla Cina non sono piacevoli. Stanno nelle foto aeree dell’International Container Terminal di Taicang nella regione di Suzhou. È un gigatesco conglomerato di tre porti: si trovano a Zhangjiagang, Changshu e Taicang, sul corso inferiore del fiume Yangtze. Lì si movimenta mezzo miliardo di tonnellate di merci. Il che ne fa il porto fluviale interno più trafficato al mondo per tonnellaggio di carico annuale e volume di container, nonché il sesto porto più trafficato del globo per carico annuale tonnellaggio. Le immagini del porto mostrano migliaia di auto impilate a colonne e pronte per essere caricate sui cargo destinati ad Occidente.

«Certo – analizza Francesco Borgomeo – sappiamo che la Cina da gennaio ha superato il Giappone ed è diventata per la prima volta il Paese numero uno come esportatore di veicoli al mondo. Ma basta scorrere queste foto del porto di Suzhou per capiure chi è il competitor con cui confrontarci. Senza dimenticare che ci sono accanto gli altri due porti, Zhangjiagang e Changshu. E senza dimenticare che questa è solo una delle tante banchine occupate dalle auto. Ecco la rappresentazione perfetta dell’invasione cinese».