La rampelliana di Cassino, quella “ostracizzata” nella Pescara di Meloni

Bandiere, populismo e pura elegia di compattezza: se non fosse stato per una frase pronunciata da una misteriosa donna della Città Martire

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Giorgia Meloni non è ricca sfondata come Silvio Berlusconi, perciò a Pescara ha dovuto calare una briscola ibrida e tutto sommato efficace. Quella per cui, con le parole di Massimo Giannini, da “leader molto popolare” ha offerto una ricetta “molto populista”. La chiave di volta è una sola ed è quella per cui da sempre agli italiani non interessa votare chi di Europa ne sappia di più e chi la possa rendere istituzionalmente “potabile”. No, per Bruxelles, della quale a gran parte di noi non frega colposamente una mazza, gli italiani votano da sempre in chiave carismatica. Perciò il voto più tecnico di tutti si trasforma in un test di gradimento delle singole leadership.

Meloni tutto questo lo sapeva benissimo da mesi ed a Pescara ha annunciato che lei ci sarà. Come “Giorgia”, l’amica di tutti, un po’ come l’antesignano del mood, quel “Silvio” che sembrava il cugino sborone e danareccio di ogni italiano. Il sogno del Cav era una ricchezza alla portata di tutti, quella di Meloni è una schiettezza che lei già possiede, e che la “affratella” a tutti. Quelli che pagano il bollettino Ater, quelli che non lo pagano, quelli che hanno cucina e sala in unico ambiente e che tengono vivo il naftone di famiglia a forza di bestemmie.

Trucchi pop in terra d’Abruzzo

Giorgia Meloni

Il trucco è quello populista di sempre: avvicinare base e vertici in maniera talmente convincente che i due paiono mischiarsi. Perciò ogni elettore va a votare come si andrebbe a scegliere la comare di spesa al Sidis per il corso parrocchiale di cucito. La carta vincente di Meloni è quindi quella di una compattezza che non presenta crepe e che, ove le presentasse, non ne ammette l’esistenza.

Questo almeno fino a quando un curioso Luca Ronconi de Il Foglio non si imbuca tra gli stand di Pescara e coglie una frase. “Io sono di Cassino, rampelliana. Puoi capire quanto sia ostracizzata”. Fermi tutti abbiamo una crepa e crepa nostrana.

Chi avrebbe pronunciato – anche al netto della cambiale fiduciaria che stacchiamo al notista di Cerasa – una cosa così poco sintomatica del mood granitico che Meloni ha messo in piedi a Pescara?

Abbatecola che a Pescara c’era

Angela Abbatecola

Ci sono ipotesi, e solo quelle, sia chiaro, perciò quel che segue è roba che non finirà mai nei manuali di giornalismo. A Cassino che sia donna, rampelliana ed “ostracizzata” anche a contare le dinamiche dell’imminente voto amministrativo all’ombra dell’abazia c’è ad esempio Angela Abbatecola. Che a Pescara c’era. E che nella Città Martire rappresenta quell’ala di FdI che ha dovuto “digerire” le tattiche stealth del presidente provinciale Massimo Ruspandini.

Quelle con cui non ci sarà simbolo del partito egemone a livello nazionale, ma solo un distaccato civismo-sparring in favore del candidato laico e chierico al contempo Arturo Buogiovanni. Non ci sono prove empiriche che quella frase l’abbia pronunciata lei, lo ribadiamo. Tuttavia c’è senza nesso eziologico diretto la assoluta plausibilità per cui, ove lei l’avesse pronunciata, non avrebbe derapato di un millimetro dalla sua posizione canonica. Quella per cui di Abbatecola sono note e mainstream idee e posizioni attuali.

La linea non univoca di Ruspandini

Riccardo Del Brocco, Roberto Caligiore, Daniele Maura e Massimo Ruspandini

Che sono quelle di una che ha digerito non benissimo i carpiati del suo referente frusinate, al di là della sua prossima condotta d’urna nel cercare di scalzare Enzo Salera da Piazza De Gasperi. E Ruspandini, il Mazzarino ciociaro che per gli appuntamenti comunali in provincia ha scelto le crasi al posto della “purezza” di bandiera? Abbatecola avrebbe preferito un candidato di Partito, la realpolitik alla fine ha convinto Ruspandini a convergere con l’intero centrodestra sul presidente del Movimento per la Vita: meno identitario ma sicuramente più aggragante in una città permeata di Democrazia Cristiana.

Sui social Ruspandini se l’è cavata con frasi in perfetto endorsement con il clima generale. Foto d’ordinanza con Riccardo del Brocco, Daniele Maura e Roberto Caligiore e post ciociaro-nibelungici. “L’Italia Cambia l’Europa: questo il titolo della Conferenza Programmatica 2024 inaugurata a Pescara e che si protrarrà (si è protratta – ndr) per 3 giorni. Proposte, idee, programmi, cultura, questi siamo noi, questo è Fratelli d’Italia!.

E ancora: “Lasciamo agli altri parlare del mondo come era ottanta anni fa, a noi interessa capire come sarà tra 80 anni e provare a migliorarlo…”. Già, ma stavolta a parlare ed a farlo con provenienza dalla seconda città della turbolenta provincia che Ruspandini partiticamente governa è (sarebbe) stata una delle “sue“.

Le differenze sotto il tappeto

Fabio Rampelli (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

Non una dem incazzata perché Meloni governa il popolo a suon di piacionismo schietto, ma una “sorella” incazzata perché quel piacionismo e la linea generale e provinciale del partito non le piace. Perché tenderebbe ad “ostracizzare” chi ha origini comuni ma idee differenti.

Ecco, la chiave al curaro sta tutta là, in quella “differenza” di vedute che oggi Giorgia Meloni non può ammettere, né assecondare. Per motivi strategici ed un po’ per formazione politica in purezza, quella che un mese fa aveva permesso a sua sorella Arianna di piallare ogni velleità dei “Gabbiani” di Fabio Rampelli al congresso romano di Fdi.

Perciò vai di linguaggio pop, come una Sora Peppa nitidamente qualunque che si lamenta di varici e collant farmaceutici troppo stretti. Con il “problema agli otoliti che mi fanno sentire su un ottovolante”. E con una stoccatina all’aventiniano Matteo Salvini, presente solo da remoto. E che, sempre in chiave scherzosa ma comunque te lo dico bello, “ha preferito il ponte a noi”. Poi vai di rampantismo da underdog con le unghie spezzate ma ancora capaci di grip, quelle di chi ogni giornata se la suda come se fosse a Casalotti a fronteggiare orde di pusher ed occupatori abusivi di alloggi.

“Non fortuna, ma ostinazione”

Giorgia Meloni

“La nostra non è stata fortuna, è stata ostinazione. Ma quello che ci siamo guadagnati non è un dato acquisito per sempre. Dobbiamo continuare a meritarcelo”. E vai di bugia, bugia palese ma stemperata dallo shining della capa che in gamba lo è per davvero e a prescindere. E che quasi messianicamente quindi ingloba tare terze e le emenda.

Si diceva che Fratelli d’Italia non avesse una classe dirigente, penso che invece manifestazioni come questa dimostrino la qualità della nostra classe dirigente. Ecco una splendida diapositiva di risposta a chi dice che sono sola e intorno non ho persone capaci”. Cosa c’entri la qualità con il legittimo e lodevole presenzialismo questo Meloni lo sa solo lei.

Perciò il partito non ha bisogno di aprirsi, ma di mettere in prima linea chi c’era già. E soprattutto chi è affidabile. “Non sono leader del Pd e se mi candido sono certa che il partito mi darà una mano”. Anche il lessico di pentagramma Meloni l’ha aiutata a scaldare la colla con i suoi. “A mano a mano” di Rino Gaetano.

“A mano a mano”: elegia pop

“E a mano a mano si scioglie nel pianto, quel dolce ricordo sbiadito dal tempo, di quando vivevi con me in una stanza, non c’erano soldi ma tanta speranza…”. Pura elegia pop, di quelle che ti fanno sentire Messi anche se i calci al pallone li dai dietro il sagrato a Morterone di Lecco che fa 34 abitanti.

E che ti fanno sentire talmente vicino a Giorgia che chiamarla per nome è solo il rinnovo fratacchione di un patto. Quello tra una leader talmente popolare da potersi permettere di essere più populista che mai. E che non ha vuoti tra i suoi ranghi… tranne forse quelli là.

Quelli disegnati dalla frase pronunciata da una donna fedele all’idea generale ma incazzata con le sue derive locali: “Io sono di Cassino, rampelliana. Puoi capire quanto sia ostracizzata”. Frase che non è ancora una diagnosi, ma di certo è un sintomo. Per il giugno cassinate e per il settembre italiano.