Maurizio martina ufficializza la sua candidatura. Scatta l'allarme nelle file di Zingaretti. Dove si teme il 'biscotto' con Minniti. E Richetti. Il Governatore parla su Facebook. E non si culla suei dieci punti di vantaggio che gli attribuiscono i sondaggi
L’annuncio arriva da una delle sezioni storiche di Roma: San Lorenzo. Sullo sfondo c’è ancora il busto di Antonio Gramsci. Da lì Maurizio Martina ha ufficializzato la sua candidatura a Segretario Nazionale del Partito Democratico.
Una discesa in campo prevista da tempo. Parte di un piano – secondo alcuni – con cui intrappolare Nicola Zingaretti. In modo da impedirgli di tagliare il traguardo nonostante i dieci punti di vantaggio sugli altri candidati, certificato oggi dai sondaggi.
Fianco a fianco
Lo slogano di Maurizio Martina è “Fianco a fianco“. Presenta un progetto che punta sull’inclusione, sul coinvolgimento di giovani e donne. Dice di voler portare il Partito «oltre il Pd». Utilizza spesso la parola che si è levata spontanea nel corso della grande manifestazione di piazza del Popolo: Unità. (leggi qui Il Pd ritrova il suo popolo: in piazza contro il Governo)
Una novità rispetto al passato c’è: Martina dà l’impressione di non voler rompere con gli altri competitor e dice che è possibile «fare un lavoro di squadra».
In sala ad ascoltarlo ci sono quelle che sono state le colonne di Matteo Renzi: il ministro che ha riformato le Province Graziano Delrio, l’ex governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, con Andrea De Maria, Carla Cantone, Giuditta Pini. L’area di Matteo Orfini è presente con Chiara Gribaudo.
Allarme Zingarettiano
Nel Quartier Generale di Nicola Zingaretti scatta un segnale d’allarme. La candidatura di Martina era attesa. Come parte di una manovra a tenaglia destinata ad isolare il governatore del Lazio. In che modo?
Lo Statuto prevede che diventi Segretario chi prende almeno il 50% dei voti alle Primarie. Se nessuno ci riesce la parola passa all’Assemblea Nazionale. Dove è possibile che più candidati si mettano d’accordo. «Il sospetto è che Marco Minniti, Matteo Richetti e Maurizio Martina stiano preparando il terreno a futuri accordi che impediscano quell’inevitabile rinnovamento rappresentato da Nicola Zingaretti», ha spiegato il giovane consigliere capitolino Giovanni Zannola.
Un sospetto che gira da tempo. Al punto che la senatrice Monica Cirinnà ha subito puntato il dito su quelli che definisce “accordicchi“.
Altrettanto dura Paola De Micheli, coordinatrice dei deputati zingarettiani. In una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa Adnkronos ha detto che «Il Pd sta morendo di tatticismo. I dirigenti continuano solo a giocare al risiko della politica. Dobbiamo essere utili agli italiani, non fare e disfare inutili alleanze tra correnti».
Nelle file di Nicola Zingaretti lo sanno da tempo. per questo hanno deciso di puntare tutto sulle Primarie. Cercando di ottenere la massima partecipazione popolare, in modo da chiudere subito la partita. Evitando l’Assemblea ed i possibili accordi nelle sagrestie della politica.
Il Pd non si rottama
Non è sufficiente la dichiarazione di Graziano Delrio. Detta alle agenzie: «La candidatura di Martina non e’ un assist a Minniti». Nessuno gli crede. Al punto che Nicola Zingaretti nel pomeriggio decide di parlare. Sulla sua bacheca Facebook scrive due frasi. Lapidarie.
“Continuerò ancora con più forza la mia battaglia per cambiare il Pd. Mi ribello all’idea di un partito come bad company da rottamare, o di eterni ritorni”.
Il Governatore sa che deve vincere le Primarie. O comunque arrivare primo. Perché l’alleanza tra il secondo, il terzo e così via verrebbe interpretata come un inciucio, lo stravolgimento della volontà della maggioranza.
Anche per questo motivo, pure oggi Zingaretti ha rilanciato la proposta di aprire ancor più le primarie. ha detto che «E’ importante un segretario eletto dalle persone ai gazebo, per riscoprire uno spirito collegiale e per affidare a un nuovo gruppo dirigente il compito di ricostruire un nuovo campo di forze competitivo per vincere».
I moschettieri di Marco
Altro elemento di fortissimo sospetto. È quello rilevato da Marco Antonellis su Dagospia. Il disinteresse di Matteo Renzi per il Congresso, la distanza da Marco Minnitti, sarebbero solo «un bluff mediatico».
Lo si rileva dal fatto che intorno a Minniti potrebbe schierarsi la guardia pretoriana di Renzi. Con il fedelissimo Luca Lotti nelle vesti di vice.
Non solo, ad un altro renzianissimo come Achille Passoni (marito dall’ex Ministra Valeria Fedeli) sarebbe stato affidato il compito di seguire come un’ombra Minniti, sostituendolo in tutte le occasioni in cui fosse necessario «e sarà lui che dovrà scegliere e mandare i messaggi giusti per motivare le truppe e dare lo “spin” a tutta la campagna elettorale».
Altro fedelissimo di Rignano è Nicola Latorre al quale – secondo le indiscrezioni di Antonellis – è stato invece affidato il compito «di seguire tutti gli aspetti organizzativi».
A completare il poker Lorenzo Guerini per puntare «ai centristi e a tutto il mondo cattolico».
In vantaggio
Nicola Zingaretti non si culla sui sondaggi. Le cifre elaborate da EMG Acqua gli attribuiscono 10 punti di vantaggio su Marco Minniti. Lo ha rivelato in mattinata la trasmissione Agorà su Rai Tre.
Il sondaggio ha interrogato solo persone intenzionate a partecipare alle Primarie. Il candidato con il maggiore consenso è risultato Nicola Zingaretti con il 38%, seguito dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti al 28%. Al terzo posto c’è Maurizio Martina al 15%.
Sotto il 10% tutti gli altri: Matteo Richetti all’8%, Cesare Damiano al 5%, Boccia al 4% e Corallo al 2%.